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Le parole di Pasolini per la vertenza Smith che diventa teatro

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La salina come una cattedrale della fabbrica che muore. La salina come palcoscenico per il Pilade di Pier Paolo pasolini.

Fonte: Il Tirreno, Cronaca di Pontedera

Autore: Il Tirreno, Cronaca di Pontedera

Ma anche come amplificatore della vicenda Smith. Non c’è solo il testo, che porta alla lotta degli operai dell’azienda multinazionale che produce scalpelli per le trivellazioni. Né il fatto che Volterra Teatro, quest’anno, ha dedicato tutta la manifestazione a questa battaglia per il posto di lavoro. In scena ci sono loro, a ricordarlo. Gli operai. Con quelle magliette bianche che sono diventate un simbolo. Con quel numero, 193, che è stato il punto di partenza di una lotta avviata da due mesi e che sono nelle ultime settimane ha trovato uno sbocco:78 reintegri, 114 che restano fuori. L’idea di ocinvolgere gli operai della Smith è stata di Archivio Zeta:un gruppo di donne venute da Bologna che danno corpo alle nuove deità della città razionale, di Atena, dove lavoro, divertimento, intelligenza sono contemperate, disponibili, comperate. È questo “ Pilade / Campo dei rivoluzionari” di Archivio Zeta. Uno spettacolo bellissimo, che la compagnia di Enrica Sangiovanni e Gianluca Guidotti. «Gli operai della Smith – ha detto quest’ultimo alla fine dello spettacolo dell’altra sera – pensavano che avessimo scritto noi quelle parole, per loro. Invece Pier Paolo Pasolini aveva già intuito, con la sua intelligenza, la fine del mondo industriale, di questo mondo industriale». Lo spettacolo è nato insieme ai volterrani che, un anno fa, avevano messo in scena, con Archivio Zeta, lo spettacolo Ferita, azione di strada che si snodava per Volterra con un lunghissimo filo rosso per ricordare il crollo delle mura della città. In quell’occasione aveva lavorato con molti cittadini, che hanno voluto continuare l’esperienza. È tornato, Archivio Zeta, quest’anno, e ha tenuto un seminario un giorno alla settimana per mesi. Ha incontrato gli operai della Smith Bits. Spazio e parola sono gli elementi, parola nello spazio, in spazi reali, portata da corpi, parola che scava mentre l’immagine crea associazioni, rimandi, spaesamenti e la presenza convoglia in elettricità emotiva e intellettuale gli elementi preesistenti. Pioveva sale dall’alto, nella camera della fabbrica di minerale. E prima ancora donne e ragazzi chiamavano Pilade dagli angoli della struttura razionalistica della fabbrica in produzione, illuminata sullo sfondo. Un uomo antico, Pilade, camicia contadina, una coperta per difendersi dal freddo. Figure nere sui cumuli di sale, nel capannone bianco disegnato in anni lontani come il ventre di una balena da Pier Luigi Nervi. Tra piogge improvvise di sale sui cumuli, sugli abiti dei neri coristi, i partigiani delle montagne: i portatori di bandiera bianca, sotto la maglia nera ne hanno una chiara, con sopra la scritta: no ai licenziamenti della Smith Bits. 193, impariamo, il numero scritto sulla schiena, quando l’esterno li risucchia via dalla scena, scarti di quella città radiosa promessa da Atena. Commozione. Rabbia. Silenzio attonito del pubblico. È in scena anche un gruppo di loro, gli operai minacciati di licenziamento, 193, un’apocalisse in una piccola comunit