Case con i doppi vetri, pareti coibentate e pannelli solari sul tetto. E ancora: sistemi per il recupero delle acque piovane, pompe di calore ad alta efficienza e schermature per filtrare il calore del sole. Fantascienza? Città ideali? Non sempre: in tutta Italia sono 855 i Comuni che hanno adottato regolamenti edilizi per incentivare (o imporre) tecniche di efficienza energetica o sostenibilità ambientale.
Il dato è contenuto nell’edizione 2012 del Rapporto On-Re, realizzato da Cresme e Legambiente, che sarà presentato oggi e che Casa24 Plus è in grado di anticipare. Solo un paio d’anni fa – per avere un termine di paragone – il totale non arrivava a 600, e comunque a tutti i Comuni che hanno varato regole nuove di zecca vanno aggiunti quelli che avevano già adottato "prescrizioni verdi" e le hanno potenziate.
Il Rapporto On- Re sfata anche alcuni falsi miti sull’edilizia verde. Spesso si crede, ad esempio, che certi regolamenti siano applicabili sono nei centri minori, magari ricordando che l’apripista è stato Carugate, in provincia di Milano. «Ormai il 30% della popolazione italiana vive in Comuni che hanno varato regolamenti edilizi improntati all’efficienza enegertica, e c’è almeno un esempio virtuoso per ogni regione. Non è vero che si tratta di sempre di paesini di campagna, e non è neppure una questione di colore politico», spiega Edoardo Zanchini, vicepresidente e responsabile energia di Legambiente, che ha curato il rapporto insieme al direttore del Cresme, Lorenzo Bellicini.
Un’altra leggenda metropolitana è quella secondo cui i costruttori e i progettisti sarebbero sempre contrari alla sostenibilità ambientale: «Molte norme – prosegue Zanchini – non fanno altro che sistematizzare tecnologie già rodate o utilizzate da tempo, come il solare termico per l’acqua calda; e comunque, se le regole sono ben strutturate, non c’è opposizione da parte dei tecnici: anzi, si tratta di una soluzione in più per creare vantaggi economici».
Proprio quello economico é uno degli aspetti più importanti: per scaldare con il metano un alloggio di 80 metri quadrati in classe B bastano poco meno di 400 euro all’anno; in classe G, invece, ne servono più di 1.300. E il costo di costruzione – almeno quando si parla di edifici nuovi – varia di pochi punti percentuali, a patto di partire da una buona progettazione. Ecco perché tanti regolamenti comunali sono così "severi" con le nuove costruzioni.
Il vero problema, però, è la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente. Per rendersene conto, baI sta effettuare una ricerca sui siti che pubblicano annunci immobiliari. Dal 1 o gennaio 2012 è obbligatorio indicare la classe energetica delle abitazioni in vendita: la media delle prestazioni si colloca decisa mente più vicino alla classe G che alla classe A.
Non è difficile, allora, intuire la posta in gioco. Un Comune che riuscisse a diffondere efficienza e sostenibilità ambientale sul proprio territorio potrebbe innescare un piccolo circolo virtuoso: più lavoro per i costruttori, dinamica positiva dei prezzi immobiliari e una più generale riqualificazione delle città. Dopotutto, si tratta solo di giocare d’anticipo sulla direttiva europea 31/2010, che a partire dal 1° gennaio 2021 impone di costruire solo nuovi edifici neutrali dal punto di vista energetico, cioè a consumi "quasi zero". In un quadro di regole ancora troppo diversificate sul territorio, il Rapporto On-Re cita ad esempio la normativa dell’Emilia Romagna, che ha anticipato al 2015 gli obblighi previsti dal 2017 dal decreto legislativo sulle fonti rinnovibili (Dlgs28/2011).