Il rapporto ASviS 2019 sottolinea che è atteso il FER2 per gli incentivi all’attività geotermoelettrica, e l’importanza di impiegare le risorse a bassa entalpia presenti in «larga parte del territorio italiano»
L’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) – ovvero la più grande rete della società civile mai costituita nel nostro Paese, che riunisce oggi oltre 220 tra le più importanti istituzioni e realtà della società civile – ha presentato a Roma il proprio Rapporto 2019, che fotografa l’andamento dell’Italia rispetto al raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda ONU 2030.
Nel dettaglio, tra il 2016 e il 2017 (dove ad oggi si fermano i dati messi in fila dall’ASviS) si rilevano per l’Italia miglioramenti in nove aree: salute, uguaglianza di genere, condizione economica e occupazionale, innovazione, disuguaglianze, condizioni delle città, modelli sostenibili di produzione e consumo, qualità della governance e pace, giustizia e istituzioni solide e infine, cooperazione internazionale; in due aree, educazione e lotta al cambiamento climatico, la situazione rimane sostanzialmente invariata.
Al contempo però si registra un peggioramento per le rimanenti sei aree: povertà, alimentazione e agricoltura sostenibili, acqua e strutture igienico-sanitarie, sistema energetico, condizione dei mari ed ecosistemi terrestri.
Guardando in particolare ai temi dell’energia pulita si nota che l’Obiettivo 7 indicato nell’Agenda ONU vede in Italia «una flessione negativa a partire dal 2014», causata dalla «riduzione della produzione di energia da fonti rinnovabili che, dopo aver raggiunto il suo valore massimo nel 2014, diminuisce di sei punti percentuali negli ultimi quattro anni».
Un declino che non si è interrotto neanche nell’ultimo anno.
Tra le fonti energetiche sulle quali puntare per invertire il trend, per l’ASviS c’è la geotermia, sia sul versante elettrico sia su quello termico.
Per quanto riguarda l’attività geotermoelettrica, l’Alleanza ricorda l’importanza di introdurre nuovi incentivi dopo il mancato inserimento nel decreto FER1: «Un secondo decreto (FER2) – si legge nel rapporto – è previsto per le fonti rinnovabili da biomasse e da geotermia».
Ad oggi la geotermia rappresenta infatti circa il 2% dell’energia elettrica prodotta in Italia (e il 6% di quella da rinnovabili), ma le stime elaborate dall’Unione Geotermica Italiana mostrano come esistano ancora ampi margini di sviluppo, sia nel caso toscano – dove già oggi la geotermia rappresenta oltre il 73% della produzione di elettricità rinnovabile, e copre circa il 30% dei consumi regionali – sia in quello di altre regioni, tanto che si stima «con prudenza che il potenziale geotermico di medio-alta temperatura esistente in Italia per produrre energia elettrica sia almeno 5.000 MWe per un periodo di sfruttamento di almeno 50 anni».
Ancora più diffuse sul territorio nazionale le possibilità legate agli usi diretti del calore geotermico: «Larga parte del territorio italiano è caratterizzato dalla disponibilità nel sottosuolo, anche a profondità limitata, della geotermia a bassa entalpia. Occorre quindi – sottolinea l’ASviS – sviluppare la ricerca e lo sviluppo di tecnologie e apparati che favoriscano l’utilizzo di questa energia rinnovabile gratuita e disponibile costantemente anche in edilizia».
Del resto in tutta Europa il 47% dei consumi finali di energia è assorbito proprio dal riscaldamento e dal raffrescamento degli edifici, ma solo per il 19% sono coperti da fonti rinnovabili: un fronte sul quale anche l’Italia ha ancora molto da poter migliorare attraverso l’utilizzo del calore della terra, dato che sia l’impiego del teleriscaldamento sia quello della geotermia superficiale vedono il nostro Paese lontano dalle nazioni di testa in Europa.