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La sostenibilità dell’energia (e della fede)

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Cosa ne pensa la Chiesa Cattolica delle fonti rinnovabili? In attesa della nuova enciclica di Papa Francesco in materia, intanto in libreria un’opera anticipa alcuni punti fermi.

Fonte: Rinnovabili&Territorio

Autore: Redazione

Il tema del rapporto tra fede cattolica e questione energetica è già stato affrontato qualche giorno fa nell’intervista concessa dal cardinale Peter Turkson, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, al bimestrale Quale energia. La questione ritorna all’ordine del giorno proprio perché mentre si parla dell’imminente uscita dell’enciclica di Papa Francesco -che avrà come temi centrali proprio l’ambiente e la sua salvaguardia-, la Santa Sede in "Energia, giustizia e pace" (Libreria Editrice Vaticana), puntualizza che la tutela del "verde" va ponderata e non sostenuta tout court. Anzi, è soprattutto sul fronte delle fonti rinnovabili, che la Chiesa pone dei paletti. 

Ma cosa è l’energia per la Dottrina sociale della Chiesa? Risponde mons. Mario Toso, segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace: “Secondo la Dottrina sociale della Chiesa, non è semplicemente una merce, ma è prima di tutto un bene comune. E pertanto va gestita secondo la destinazione universale dei beni per consentire a tutti, specie ai più svantaggiati, un accesso a essa, perché l’accesso all’energia è fondamentale per alcuni fattori che migliorano la condizione umana. È quindi è fondamentale per il progresso umano, non semplicemente per quello economico”.

Il volume “Energia, Giustizia e Pace”, appena uscito in libreria, è una riflessione sull’energia nel contesto attuale dello sviluppo e della tutela dell’ambiente. Strutturato attorno a due grandi parti a loro volta suddivise in capitoli tematici: la prima parte considera l’energia come una sfida per la giustizia e la pace, la seconda come un mezzo per lo sviluppo, la giustizia e la pace. Fra gli argomenti considerati: il ruolo indispensabile delle istituzioni e dell’educazione, i problemi causati dal modello economico dominante che assolutizza il profitto, le attese riguardanti i progressi tecnologici ma soprattutto una migliore governance, il pericolo costituito da interpretazioni fuorvianti o ideologizzate di concetti quali “verde” o “moderno”. «Essere o almeno apparire "verdi" è una tendenza sorretta da più motivazioni, che – fa notare il Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace – richiedono un serio discernimento». Vi sono, prima di tutto, le motivazioni di coloro che si preoccupano per la sostenibilità dell’ambiente e delle sue risorse naturali o per il clima. Altre sono invece di natura geopolitica, quali: ridurre la dipendenza da costose energie fossili; affrancarsi da fornitori di energia ritenuti inaffidabili; limitare l’accumulo di ingenti ricchezze nelle mani di determinati esportatori di risorse fossili, appartenenti ad organizzazioni di cui è difficile verificare la trasparenza, che potrebbero anche rivelare dei legami con il mondo della criminalità o con il terrorismo. Inoltre, è frequente il tentativo di dare di se stessi un’immagine accattivante in contesti pubblicitari, commerciali o elettorali. 

Alcune di queste motivazioni sono senza dubbio buone e valide, altre sembrano mancare di solidità e di lungimiranza, «perché spesso paiono obbedire a cliché culturali di circostanza o di opportunità o ancora essere sostenute cinicamente da soggetti che non si preoccupano realmente per l’ambiente, né per lo sviluppo umano ma soltanto di raggiungere determinati scopi personali».  Per tutto questo, i programmi, progetti o slogan che ostentano evoluzioni "verdi", vanno considerati con «precauzione». Lo sviluppo delle energie rinnovabili è importante e va sostenuto, ma si deve riconoscere che non sempre viene adeguatamente valutata la compatibilità degli impianti con il contesto per cui sono progettati. Non si può rivendicare il merito di contribuire alla sostenibilità ambientale o di agire positivamente sul cambiamento climatico, quando l’applicazione di misure "verdi" deteriora l’ambiente di altre persone o compromette il loro accesso al cibo e ad altre risorse.