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La Regione Toscana va verso una gestione dell’acqua completamente pubblica

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Per il Governatore Rossi «ripubblicizzare è necessario, perché c’è il sentimento diffuso che l’acqua è un bene comune e, se governato dal pubblico, ci possono essere più garanzie di lungimiranza»

Fonte: Rinnovabili&Territorio

Autore: Redazione

Secondo i dati forniti dall’Autorità Idrica Toscana (AIT), nata grazie alla legge regionale 69 del 28 dicembre 2011 e dunque immediatamente successiva al referendum sull’acqua pubblica, la Toscana presenta un fabbisogno annuale di 450 milioni di metri cubi d’acqua, con un consumo medio pro capite di 100/150 litri al giorno e una dispersione lungo la rete del 37% dovuta soprattutto alle cattive condizioni delle tubature. Da sempre l’acqua è un bene prezioso, e gestirlo con oculatezza sarà un compito sempre più importante dato l’avanzare dei cambiamenti climatici; un compito che la Regione Toscana punta ad affidare totalmente in mani pubbliche.

Già oggi infatti l’acqua rappresenta un bene comune, ma da circa vent’anni la gestione delle relative infrastrutture – acquedotti, fognature, depurazione – è generalmente affidata sul territorio a società miste pubblico-private.

Ora però «ripubblicizzare è necessario – ha spiegato in Consiglio Regionale il Governatore Enrico Rossi, illustrando in aula la comunicazione della Giunta sul servizio idrico in Toscana – perché c’è il sentimento diffuso che l’acqua è un bene comune e, se governato dal pubblico, ci possono essere più garanzie di lungimiranza».

Si prefigura dunque un nuovo assetto dei gestori idrici con la realizzazione entro il 2034 di una grande holding pubblica, alla quale parteciperanno le altre società toscane tutte pubbliche.

Un’operazione – ha messo in evidenza il presidente – da concertare con i sindaci.

Le sette società idriche attualmente presenti sul territorio hanno fatto molto e si sono strutturate, permettendo di immaginare un futuro tutto pubblico, senza l’aiuto del privato.

Da questo punto di vista «piuttosto la vera risorsa mancante è quella finanziaria».

E tale fabbisogno non appare in diminuzione per i prossimi anni: da un lato perché non è possibile interrompere il flusso degli investimenti, dall’altro perché porta a liquidare le quote dei soci privati delle varie aziende.

Basti pensare che dal 2018 fino alla fine di ciascun affidamento, l’AIT ha programmato la realizzazione di oltre 2,2 miliardi di euro di investimenti per la manutenzione straordinaria e per la realizzazione di nuove opere, mentre liquidare le quote private può richiedere dai 250 ai 300 milioni di euro. Per questo una volta perseguito l’obiettivo della nuova gestione con una società a completa partecipazione pubblica dei Comuni toscani, si tratterà, ha spiegato ancora Rossi, di individuare un soggetto, anch’esso di estrazione pubblica (ad esempio collegato a Cassa depositi e prestiti o alla Bei) che possa sostenere il notevole sforzo finanziario necessario a liquidare i partner privati attuali e a realizzare i nuovi investimenti programmati dall’AIT.

«Il Consiglio Regionale – ha sottolineato il presidente – ha l’opportunità insieme ai sindaci, che hanno un ruolo fondamentale, di regolare un processo di ripubblicizzazione dell’acqua per il quale i cittadini si erano già espressi in larghissima maggioranza nel 2011».

In questo articolato e complesso processo, che dovrà coinvolgere l’intero territorio, la Regione «darà tutto il supporto legislativo, tecnico ed operativo a due condizioni: primo, che proseguano da parte delle aziende gli sforzi di efficientamento del sistema, riducendo i costi di gestione e abbattendo in modo consistente le perdite idriche delle nostre reti, in modo da favorire la definitiva stabilizzazione delle tariffe. Secondo – ha concluso Rossi – che le risorse derivanti ai Comuni dal servizio idrico integrato, ovvero i canoni di concessione (che complessivamente ammontano a circa 24 milioni annui, al netto del rimborso dei mutui) e gli utili societari (pari anch’essi a circa 24 milioni annui, di cui il 60-65% distribuito ai soci pubblici delle aziende digestione) siano destinate al sostegno finanziario del processo sopra descritto e non siano più distolti dal settore dei servizi idrici».