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La Nasa accelera: caldo record, il pianeta è già in emergenza

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«Per le ultime ondate di calore non c’è altra spiegazione che il cambiamento climatico». James Hansen, direttore del Goddard Institute for Space Studies della Nasa non usa mezzi termini per lanciare l’allarme.

Fonte: il Corriere della sera

Autore: Giovanni Caprara

«Per le ultime ondate di calore non c’è altra spiegazione che il cambiamento climatico». James Hansen, direttore del Goddard Institute for Space Studies della Nasa non usa mezzi termini per lanciare l’allarme. Anzi, questa sembra proprio essere la conclusione inevitabile che emerge da uno studio pubblicato oggi dalla National Academy of Sciences americana e condotto con i suoi collaboratori. L’arco di tempo è abbastanza lungo e comprende gli ultimi sessantenni nei quali sono particolarmente considerati gli eventi estremi soprattutto nel caldo. Nel confronto dei decenni i dati dimostrano una variazione significativa. Secondo le valutazioni confermate dai vari centri di ricerca intorno al mondo, la temperatura della Terra è salita di mezzo grado centigrado nell’ultimo secolo. La situazione però sembra mutare in peggio considerando più in dettaglio l’ultimo mezzo secolo. Lo studio infatti mostra che nei primi trent’anni analizzati a partire dal 1950 le ondate di caldo eccessivo a livello globale colpivano dallo 0,1 allo 0,2 della superficie dei continenti. Nell’ultimo trentennio, invece, gli effetti sono stati ben diversi tanto da arrivare ad interessare addirittura il dieci per cento dell’intero pianeta. La tendenza si sta dunque globalizzando sempre più. Solo guardando il periodo più vicino, i casi più celebri non sono pochi, n più famoso che ci ha pesantemente coinvolto in modo inaspettato riguarda l’Europa quando nel 2003 la tremenda estate che tutti ricordiamo causò secondo le valutazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità cinquantamila vittime. Altre indagini, che naturalmente hanno una difficoltà intrinseca nella determinazione precisa delle cause, offrivano numeri ancora più elevati. Il 2010 il supercaldo bersagliava, poi, la Russia con risultati altrettanto catastrofici anche se non stimati con altrettanta precisione. L’anno scorso è stata la volta degli Stati Uniti con una catastrofica aridità diffusa soprattutto in due Stati, l’Oklahoma e il Texas dove i danni hanno raggiunto circa cinque miliardi di dollari. «Ora aspettiamo i dati delle ultime settimane — nota Hansen — ma riteniamo che sia un altro caso da aggiungere alle statistiche». James Hansen è un noto studioso che in passato ha sempre sostenuto la validità del cambiamento climatico nel quale l’intervento umano gioca un ruolo determinante. «Negli studi condotti mi ero sbagliato— nota provocatoriamente Hansen —. La situazione è ben più grave di quanto avessi sempre affermato. Ritenevo, e con altri, che il problema fosse proiettato di più nel futuro e invece tutto sta accelerando incredibilmente». L’indagine è in sintonia con quella completata alcune settimane fa in collaborazione tra il Met Office britannico e la Noaa, l’amministrazione americana dell’atmosfera e degli oceani. Per contenere la situazione ed avere i mezzi per affrontarla James Hansen propone una «semplice soluzione»: aumentare le tasse alle compagnie petrolifere da calcolare sul carbonio emesso dal petrolio estratto. In questo modo si stimolerebbe l’innovazione e si creerebbero le condizioni necessarie per sostenere una diffusa e consistente economia-verde basata sull’energia pulita. Per colpire la nostra mente Hansen è ora ed è caldo».