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La metropoli sceglie grattacieli sostenibili

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Gli edifici diventeranno ecosistemi autosufficienti con serre, giardini e termovalorizzazione dei rifiuti Da Londra proposte per far fronte all’inurbamento

Fonte: Il Sole24ore

Autore: Elena Comelli

Alto è il nuovo verde. Il grattacielo sostenibile sembra un ossimoro, ma ormai per gli urbanisti è un concetto assodato: le città del futuro non potranno allargarsi all’infinito sul territorio e quindi dovranno crescere in altezza, per risparmiare risorse, aumentare l’efficienza e mettere in comune i consumi.
«Città più dense, con meno sviluppo suburbano, meno strade e più trasporti pubblici su rotaia, sono l’unica soluzione per reggere l’impatto del rapido inurbamento della popolazione», sostiene Ken Shuttleworth, che insieme a Norman Foster ha realizzato il Gherkin (settimo edificio più alto di Londra), la nuova City Hall, il Millennium Bridge e ora, con il suo studio Make Architects, sta costruendo un pezzo importante della City, il palazzo al numero 5 di Broadgate. Lo skyline di Londra, con la Shard di Renzo Piano che arriverà a 310 metri d’altezza in tempo per le Olimpiadi, si sta orientando chiaramente in questa direzione, in opposizione a Parigi e a Berlino, che invece continuano ad allargarsi in orizzontale.
Non a caso, Londra è un laboratorio di efficienza energetica per gli edifici alti, come si è visto a Ecobuild, la più grande fiera dell’abitare sostenibile, che si è svolta a fine marzo sulle rive del Tamigi. Oltre a 5 Broadgate e The Shard, in città si punta in alto a Canary Wharf, a Paddington Basin e nella City in generale. «Quasi 400mila persone lavorano nella City e ci sono solo 10mila parcheggi», fa notare Shuttleworth. Oltre il 90% dei pendolari ci arriva con i mezzi pubblici, di cui il 53% in treno e il 34% in metropolitana. Solo il 5% usa la macchina.
L’altro aspetto importante è l’efficienza energetica. «Con un’esposizione al sole corretta, l’aiuto della ventilazione naturale, l’utilizzo di facciate fotovoltaiche e del solare termico, il riciclo del calore per scaldare l’acqua e una copertura vegetale sul tetto per migliorare le caratteristiche bioclimatiche dell’edificio, si riesce a ridurre al minimo i consumi energetici», precisa. Su questo fronte, le tecniche costruttive sono in rapidissima evoluzione. «Se dovessi progettare oggi il Gherkin, ad esempio, diversificherei i materiali delle facciate a seconda dell’orientamento, per arrivare a uno sfruttamento ottimale dell’esposizione al sole», ammette Shuttleworth.
Un grattacielo, in prospettiva, potrà diventare un ecosistema autosufficiente, con le proprie serre per coltivare le verdure necessarie al sostentamento, i giardini sui tetti, gli alberi sui terrazzi sfasati, lo smaltimento autonomo e la termovalorizzazione interna dei rifiuti per produrre calore, le vetrate fotovoltaiche per l’energia, i servizi e i consumi in comune, facilitati dalla collaborazione fra gli abitanti: un nuovo villaggio verticale con un’impronta ambientale sempre più ridotta. Caratteristiche di questo tipo si ritrovano nei progetti della Skyscraper Competition, il concorso di idee eccezionali che ridefiniscano il concetto di grattacielo in termini di sostenibilità ambientale e sociale.
Nel progetto Vertical Ground, ad esempio, un campus universitario intero è collocato in un grattacielo, composto da diverse torri affiancate, che ospitano una serie di dipartimenti e di spazi aperti, con collegamenti a varie altezze tramite ponti sospesi, nella convinzione che un complesso accademico raggruppato in verticale offra maggiori opportunità di interazione dinamica e di flessibilità programmatica rispetto a un campus sparpagliato in orizzontale. La discarica verticale Monument to Civilization, uno dei primi tre progetti classificati, si propone invece di raccogliere tutti i rifiuti di un anno in una torre dotata di tecnologie per smaltirli e valorizzarli: ogni metropoli, nell’idea degli autori, dovrebbe dotarsi di un grattacielo-discarica da collocare in centro, in modo che tutti lo vedano e l’altezza diversa di questi edifici, a seconda del volume di rifiuti da smaltire, dovrebbe rispecchiare l’impronta ambientale più o meno vasta degli abitanti di quella città e funzionare da deterrente.