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La grande corsa al calore della terra

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Boom di richieste per nuovi permessi di ricerca di risorse geotermiche per la produzione di energia elettrica nel nostro Paese.

Fonte: La Repubblica – Affari & Finanza

Autore: Rosa Serrano

 In poco più di due anni circa una trentina di imprese italiane e straniere hanno presentato domanda per effettuare lo sfruttamento della geotermia a fini geotermoelettrici. Le richieste hanno interessato molte regioni italiane, in particolare 9 sono state presentate in Alto Adige, 51 in Toscana, 34 nel Lazio, 7 in Sardegna e 6 in Sicilia.

Le aree maggiormente interessate dai nuovi permessi di ricerca sono Toscana e Lazio. Oltre ad Enel Green Power, storico operatore per la generazione geotermoelettrica in Italia, tra i proponenti troviamo la Gesto Italia srl (controllata dal gruppo portoghese Martifer) e la Magma Energy Italia srl (controllata dalla canadese Alterra Power Corporation). Gli impianti geotermoelettrici hanno la funzione di trasformare in energia elettrica l’energia termica presente nel fluido geotermico, costituito da vapore d’acqua o da una miscela di acqua e vapore proveniente dal sottosuolo. L’Unione Geotermica Italiana evidenzia che il potenziale produttivo legato a queste iniziative potrebbe andare molto al di là di quanto previsto nel "Piano di azione italiano" per le fonti rinnovabili (Pan) già nell’arco di 10 anni. Il Pan stabilisce obiettivi al 2020 per lo sviluppo dell’uso della risorsa geotermica nel settore elettrico, pari a un aumento della capacità di circa 170 MW, dal 2010 al 2020, e della produzione annua di circa 1100 GWh. Per Ugi, solo in presenza di un quadro chiaro e definito di regole, sia dal punto di vista dei sistemi di incentivazione che dei regimi autorizzativi, sarà possibile il conseguimento del potenziale legato alle nuove iniziative. Sulla base della superficie totale dei permessi richiesti e delle risorse ipotizzate a scala regionale è stato stimato che i fluidi geotermici reperibili possano essere sufficienti per l’installazione di alcune centinaia di MW di nuova potenza, incrementando ulteriormente le stime del Pan. Nel settore geotermoelettrico potrebbero essere attivati investimenti per circa un miliardo di euro nell’arco del prossimo decennio.

Le ricadute occupazionali sarebbero significative. L’obiettivo delle ricerche è generalmente finalizzato al reperimento dei fluidi geotermici entro profondità di alcuni chilometri (2.000 m); alcuni progetti presentati si propongono però obiettivi più ambiziosi, per il reperimento di fluidi a maggiori profondità ed a temperature molto più elevate. «I motivi alla base di questo boom di richieste di ricerca — spiega Tommaso Franci, membro del consiglio direttivo di Ugi — derivano in parte dagli incentivi (Certificati Verdi e Tariffa omnicomprensiva per gli impianti fino a 1 MW) ed in parte dalle disposizioni legislative varate negli ultimi due anni, in particolare il decreto legislativo 22 del 2010».

Tra le principali novità introdotte con il Decreto numero 22/2010, da segnalare l’eliminazione delle norme della legge numero 896 del 1986 che attribuivano la preferenza a Enel ed Eni per il rilascio dei permessi di ricerca. Ulteriori novità: l’introduzione di norme che consentiranno alle Regioni di regolare lo sfruttamento delle risorse geotermiche in base alla valutazione delle "possibili interferenze" tra nuove attività ed attività già oggetto di concessione e la riduzione della superficie massima dei permessi di ricerca da 1.000 a 300 km2 per ogni singolo permesso. In un recente documento Ugi segnala che le future scelte sui regimi di incentivazione per la produzione geotermoelettrica devono tener conto anche degli importanti benefici che la contraddistinguono come, ad esempio, il regime di produzione costante e non intermittente a vantaggio della sostenibilità e dell’economicità della gestione della rete elettrica. «Nonostante la geotermia sia responsabile dell’8% del totale della produzione annua da fonte rinnovabile — rileva Franci — il costo della sua incentivazione è pari al solo 2,9% della spesa totale complessiva registrata nel 2010». Secondo UGI, una riduzione degli incentivi porterebbe una contrazione degli investimenti anche nel rinnovo degli impianti esistenti con conseguenze occupazionali sull’indotto già esistente.