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La geotermia scopre l’acqua tiepida

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Nell’impianto Enel di Bagnore viene recuperato il liquido caldo per una seconda turbina

Fonte: Il Sole 24 Ore

Autore: g.ca.

La «valle del diavolo», nel suo nome medioevale di Larderello, citato anche da Dante per i suoi getti di vapore e la sua nebbia bianca, da oltre un secolo è il centro di un’industria italiana unica al mondo: quella della geotermia.

Unica al mondo anche la conformazione geologica che sta sotto questa e altre faglie profonde della Toscana. Come un forno da cucina. Una piastra di roccia a quattro, cinque chilometri di profondità è riscaldata dal magma sottostante. E la piastra (l’orizzonte K) a sua volta scalda roccia fratturata e permeabile, terra e acqua piovana in una perenne pentola a vapore, pulito, a 200 gradi e oltre, e che fuoriesce dai pozzi alla pressione di una bombola da sub.

Un miracolo della natura. Condizioni naturali perfette per sviluppare centrali geotermiche sempre più avanzate. «Oggi – spiega Massimo Montemaggi, responsabile della geotermia italiana di Enel Green Power – nella valle abbiamo 65 pozzi attivi interconnessi a cinque grandi centrali. E qui nella valle abbiamo anche una nostra struttura operativa, con 150 addetti, per fare attività di manutenzione sulle grosse macchine e costruire impianti che nessuno ci saprebbe realizzare. Perché la geotermia è una lunga storia di innovazione continua che non si è affatto conclusa».

Per capirlo bisogna spostarsi di qualche chilometro da Larderello (ma sulla stessa faglia geologica) fino alle pendici del monte Amiata, a Bagnore. Qui una centrale produce 20 megawatt elettrici attingendo vapore e acqua intorno a 200 gradi da due pozzi a tremila metri di profondità.

Ma quello che fa la differenza è un piccolo impianto aggiunto alle grandi turbine principali. «Recuperiamo una parte del prezioso fluido caldo e lo immettiamo in questo impianto binario, dove il calore a 140 gradi espande una miscela che bolle a bassa temperatura e fa girare una seconda turbina – spiega Roberto Parri, responsabile della produzione geotermica nell’area toscana – e così questo impianto aggiunge un megawatt ai 20 prodotti con il vapore diretto».

Parrebbe poco, ma l’impianto binario di Bagnore, prodotto con tecnologia Orc, ha una valenza strategica.

A Bagnore, dopo un primo impianto binario in Nevada, il sistema Orc, alla prova della produzione, sta dando buoni risultati. E a Livorno, presso l’area di Ricerca Enel, è in fase di rodaggio un sistema Orc, con fluido supercritico, della Turboden di Brescia, ancora più avanzato, del 15% più produttivo rispetto alla turbina binaria di Bagnore. Capace di operare con fluidi geotermici a 130 gradi e di ricevere calore aggiuntivo anche da impianti solari a concentrazione.

Con la Turboden e il Politecnico di Milano le attività di ottimizzazione del l’impianto e delle miscele basso bollenti polimeriche sono piuttosto avanti. E poi, (anche qui, dopo Still Water in Nevada) comincerà l’era della geotermia (integrata al solare) a media temperatura.