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La geotermia al centro del primo Forum Energia di Legambiente Toscana

Torsello (CoSviG): «Siamo riconosciuti come leader mondiali sul know-how necessario per la coltivazione della geotermia, ma abbiamo potenzialità ancora tutte da esplorare»

2005
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Torsello (CoSviG): «Siamo riconosciuti come leader mondiali sul know-how necessario per la coltivazione della geotermia, ma abbiamo potenzialità ancora tutte da esplorare»


Si è svolta due giorni fa alla Vela di Avane, a Empoli, la prima edizione del Forum dell’Energia organizzato da Legambiente Toscana: un confronto estremamente partecipato tra istituzioni, enti del terzo settore e imprese sul tema dell’efficienza energetica che si pone l’obiettivo di radicarsi come appuntamento annuale di discussione sulle politiche energetiche del territorio toscano.

«Siamo soddisfatti della riuscita del primo Forum Energia di Legambiente Toscana – commenta Fausto Ferruzza, presidente del Cigno Verde regionale – Abbiamo toccato tutti i nodi salienti della transizione energetica che la nostra regione dovrà realizzare nei prossimi anni: risparmio, efficienza, modello decentrato fondato sulle fonti rinnovabili… insomma una rivoluzione gentile, necessaria al Paese e a tutti noi».

A partire dalla geotermia, che in Toscana rappresenta la punta di diamante tra le fonti rinnovabili disponibili sul territorio: oggi da quel calore si ricava una produzione di elettricità equivalente a un terzo della domanda regionale, oltre al teleriscaldamento per 9 Comuni sede d’impianto.

«Ancora oggi siamo riconosciuti come leader mondiali sul know-how necessario per la coltivazione della geotermia, che in Italia ricordo essere una risorsa mineraria di proprietà del demanio – argomenta Loredana Torsello, dirigente del Consorzio per lo Sviluppo delle Aree Geotermiche (CoSviG) – Ma abbiamo potenzialità ancora tutte da esplorare: come CoSviG promuoviamo un modello di sviluppo locale sostenibile, con tutto ciò che questo implica. La geotermia in Italia può rappresentare uno strumento fondamentale per sostenere la transizione energetica, soprattutto affiancando la produzione di elettricità agli usi diretti del calore presente nel sottosuolo, a vantaggio di una miriade di usi termici sia a fini civili che per la valorizzazione nei processi produttivi energivori».

Eppure l’ultima centrale geotermica in Toscana (e dunque in Italia) è stata realizzata ben otto anni fa, anche se la Regione punta a raddoppiare la potenza installata (ad oggi ferma a 916 MW suddivisi in 34 centrali). In questo scenario, oltre alla tecnologia flash che da decenni caratterizza le centrali toscane con buoni profili di sostenibilità, si sta affacciando sul territorio anche la possibilità di realizzare inediti impianti pilota binari: appena prima di concludere la sua esperienza, il Governo Draghi ha dato via libera a tre progetti di questo tipo, seppur davanti alle perplessità dei Comuni interessati.

«Ogni serbatoio geotermico è diverso dall’altro, e gli impianti binari potrebbero essere una sfida tecnologica – osserva nel merito Torsello – Normalmente gli impianti binari funzionano ma necessitano di una diffusione più ampia sul territorio rispetto alle centrali flash dato che utilizzano fluidi a temperatura più bassa. Sarebbe auspicabile avere almeno un impianto in funzione per poter capire come si relaziona coi fluidi geotermici che abbiamo in Toscana, e soppesarne la competitività anche in termini di impatto ambientale e paesaggistico».

Come del resto spiegava già un decennio fa Roland Horne, l’allora presidente dell’International Geothermal Agency (IGA) e professore di Scienze della Terra alla Stanford University, “la tecnologia a vapori di flash non è obsoleta così come non è innovativa quella a ciclo binario: entrambe sono sperimentate e utilizzate nel mondo da molti anni e sono da considerarsi “environmental friendly”. L’utilizzo della tecnologia è legata al tipo di fluido e non si può decidere a priori”.

E la geotermia resta una priorità per la Regione Toscana, come confermato dall’assessora Monni: «Dalla geotermia ricaviamo già l’equivalente del 34% dei nostri consumi elettrici e vogliamo provare a raddoppiare per portare avanti la transizione energetica, anche perché la geotermia è una fonte rinnovabile continua e programmabile, assolutamente affidabile, che può offrire un modello anche per le altre fonti rinnovabili presenti in Toscana, sotto il profilo dei benefici economici diretti che devono essere garantiti ai Comuni dove vengono localizzati i vari impianti». In effetti, fin dal 2007 la geotermia toscana è inserita nella cornice dell’Accordo Generale per la Geotermia che vede cooperare su basi volontarie ma rigorose tutti gli attori coinvolti nella produzione di energia da questa preziosa fonte. “Quello che ne scaturisce, conferma Torsello, è un modello di sviluppo locale basato sulla condivisione dei benefici e degli oneri o degli effetti che le installazioni impiantistiche comportano. Un modello perfettibile, ma ancora innovativo nel suo impianto complessivo, basato su una logica partecipativa e di ancoraggio dei benefici anche alla scala locale.”

Perché in Toscana la geotermia è la fonte rinnovabile principe, ma vanno sviluppate anche tutte le altre.

Un caso virtuoso arriva ad esempio da Piombino, che oggi ospita un parco eolico e presto vedrà anche un importante impianto agrivoltaico – dove alla produzione fotovoltaica si unirà quella di ortaggi, uva, mele, olive –, entrambi migliorati grazie al ruolo proattivo esercitato da Legambiente Val di Cornia, nonostante il Comune abbia espresso contrarietà ad entrambi gli impianti come da classica sindrome NIMTO (Not In My Term of Office, non nel mio mandato elettorale).

«È difficile installare impianti di ogni tipo – chiosa Monni – ma né la transizione energetica né quella ecologica si possono fare senza impianti. Non solo l’energia, ma neanche la gestione rifiuti si fa a mano. Ma gli impianti diventa impossibile farli se non ci assumiamo questo problema come classe dirigente, tutti per il proprio pezzetto di responsabilità pubblica. Altrimenti rimarremo la regione delle discariche e quella non ha fatto la transizione energetica, una regione che non ha sfruttato l’occasione di modernizzarsi».