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La fine del mondo? Aspettiamo il 2112

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L’Agenzia internazionale dell’energia sottolinea che la domanda globale di energia primaria potrebbe aumentare di un altro 50% entro il 2035. Senza un sostanziale cambiamento degli attuali sistemi di produzione ad alta intensità di energia, il significato della convergenza economica può essere uno solo: se tutta l’umanità usasse la stessa energia pro capite dei paesi ricchi oggi, il consumo di energia commerciale si triplicherebbe.

Fonte: Il Sole24ore

Autore: Martin Wolf

In che modo la "grande convergenza" forgerà il mondo del XXI secolo? Fortunatamente, nell’affrontare questa grande domanda, ho una guida: Ian Morris dell’Università di Stanford, autore di una brillante analisi su dove siamo, come ci siamo arrivati e dove potremmo andare, esposta in un saggio che copre 16mila anni di storia umana.
Secondo il professor Morris, lo sviluppo sociale è spinto da «gente ingorda, pigra, spaventata» che «cerca di trovare un equilibrio ottimale tra le proprie esigenze di comodità, minor fatica possibile e sicurezza». Dal momento che gli esseri umani sono intelligenti e molto socievoli, inventano strumenti tecnici e istituzioni per raggiungere questo obiettivo. Tuttavia i risultati che ogni gruppo umano riesce a ottenere sono determinati dalla geografia. Anche l’influenza di un dato fattore geografico cambia col tempo: mille anni fa gli oceani costituivano una barriera, 500 anni fa un’autostrada.
Morris ci fornisce anche un racconto affascinante sul progresso di due poli di civilizzazione. Questi sono l’Occidente, costituito dalle civiltà nate dalla rivoluzione agricola avvenuta nella cosiddetta «mezzaluna fertile», nell’attuale Medio Oriente, e l’Oriente, rappresentato dalle civiltà nate da una rivoluzione indipendente verificatasi in una regione di quella che oggi è la Cina. La sua conclusione è che l’Occidente era un po’ più avanti dell’Oriente fino alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente, dopodiché è rimasto indietro fino al XVIII secolo, per passare di nuovo avanti. La capacità dell’Oriente di sfruttare gli «svantaggi dell’arretratezza», un tema ricorrente, suggerisce un suo nuovo sorpasso nel XXI secolo. Secondo Morris, lo «sviluppo sociale» è un amalgama di quattro fattori: uso dell’energia, urbanizzazione, capacità militare e tecnologia dell’informazione. Il primo è fondamentale: l’approvvigionamento energetico è una condizione necessaria per l’esistenza; più una società è complessa e avanzata più energia utilizza. Ecco perché "rivoluzione industriale" è una definizione poco felice della svolta avvenuta di due secoli fa. È stata una rivoluzione energetica: abbiamo imparato a sfruttare l’energia solare fossilizzata. Energia e inventiva sono le due basi della nostra civiltà.
Le misure dello sviluppo sociale e della "conquista dell’energia" di Morris vanno in parallelo. Notiamo altre tre cose. La prima è che in Occidente, nel 1700 dell’era corrente, la produzione di energia era rimasta invariata rispetto al 100 d.C., mentre la Cina raggiunse l’apogeo pre-moderno nel XII secolo. Secondo, la produzione di energia e lo sviluppo sociale sono esplosi negli ultimi due secoli. Infine, il consumo energetico in Oriente è cresciuto molto rapidamente.
Secondo un’analisi dell’Ocse, la convergenza sta cambiando l’equilibrio globale dell’offerta e della domanda delle risorse. Ciò è evidenziato dai recenti rialzi dei prezzi reali dei metalli e dell’energia. L’Agenzia internazionale dell’energia sottolinea che la domanda globale di energia primaria potrebbe aumentare di un altro 50% entro il 2035. Senza un sostanziale cambiamento degli attuali sistemi di produzione ad alta intensità di energia, il significato della convergenza economica può essere uno solo: se tutta l’umanità usasse la stessa energia pro capite dei paesi ricchi oggi, il consumo di energia commerciale si triplicherebbe.
Come evidenzia l’Ocse, l’effetto economico della convergenza è più largo. L’integrazione nell’economia mondiale delle riserve di forza lavoro della Cina, dell’India e dell’ex Unione Sovietica ha raddoppiato il numero di persone impiegate nelle economie a libero scambio. Il che deve avere come conseguenza una diminuzione dei salari relativi dei lavoratori poco qualificati, nonostante gli elementi in nostro possesso contraddicano la diffusa convinzione che questa sia la causa principale della crescente disuguaglianza sociale nei paesi ricchi. La crescita della Cina e dell’India ha aiutato direttamente gli esportatori di risorse e gli acquirenti di prodotti ad alta intensità di manodopera. I paesi ricchi di risorse naturali hanno ottenuto una grande vittoria per il primo di questi fattori, nonostante rischino la de-industrializzazione.
I consumatori nei paesi ricchi vincono grazie al secondo fattore. Inoltre, una delle conseguenze più sorprendenti è stata che i risparmi auspicati sono cresciuti più rapidamente degli investimenti, generando l’eccesso di risparmio e la pressione al ribasso dei tassi di interesse reali. Nonostante la serietà di questi effetti, per lo meno riflettono sviluppi a somma positiva: prosperità crescente e allargamento delle opportunità. Le sfide maggiori nascono laddove sono più probabili risultati a somma zero. Le risorse sono un grande esempio. Il potere politico è un altro. Un Oriente in ascesa non può non modificare l’equilibrio globale del potere globale e mettere in forse l’abbondanza di risorse a basso prezzo.
Riguardo a quest’ultimo fattore, è un’ironia della storia intellettuale che Thomas Malthus, il profeta della sovrappopolazione, si preoccupasse della mancanza di risorse proprio mentre questo suo pessimistico presupposto si rivelava falso. La più grande domanda del XXI secolo potrebbe essere se le risorse torneranno ad essere ancora una volta limiti vincolanti, come si sono rivelate tante volte prima del 1800. L’ingegno continuerà a superare la scarsità, o no? Se la risposta è "sì", tutta l’umanità potrebbe arrivare a godere dello stile di vita storicamente senza precedenti dei privilegiati di oggi. Se la risposta è "no", potremmo, invece, cadere vittime di quelli che Morris chiama i «cinque cavalieri dell’apocalisse»: cambiamento climatico, carestia, fallimento dello stato, migrazione e malattia. Inoltre, anche se esistesse una soluzione a questi problemi, essa potrebbe richiedere un livello di cooperazione politica molto più alto di quello attuale. In modo particolare nei casi in cui la crescita economica crea esternalità globali, di cui la maggiore sfida è il cambiamento climatico. Attualmente non lo stiamo controllando. Gli sviluppi politici oggi sono un impedimento.
Lo stesso vale per la politica della forza. Ora che abbiamo la capacità di distruggere la civiltà umana, le relazioni tra le nazioni potenti sono diventate pericolose. Dopo la bomba atomica, Albert Einstein disse: «L’unica possibilità di salvezza per la civilizzazione e la razza umana sta nella creazione di un governo mondiale». Einstein venne tacciato di ingenuità ma la sua osservazione potrebbe essere sempre valida.

La "grande convergenza" è una trasformazione epocale. Comporta la diffusione di un’economia che fa un grande uso di energia alla maggior parte dell’umanità. Ma se non riusciamo a controllare la conseguente pressione sulle risorse, potrebbe finire nella miseria; e se non gestiamo bene il fenomeno di trasferimento del potere, potrebbe finire nella guerra. Una delle più ottimistiche considerazioni di Morris è che ogni epoca trova le soluzioni di cui ha bisogno. Vista la velocità del cambiamento, le troverà in tempo utile?