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La Cina vuole diventare più verde

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Stanziati 294 miliardi di dollari per le rinnovabili e 377 per il cambiamento climatico

Fonte: Il Sole 24 Ore

Autore: Rita Fatiguso

Pur di ridurre il livello delle emissioni tossiche la provincia dell’Hebei ha deciso di tagliare la produzione di acciaio di 80 milioni di tonnellate entro il 2020. Tanta buona volontà non basterà a scacciare l’incubo inquinamento che assilla la Cina. Servono imponenti risorse finanziarie: soltanto per le energie rinnovabili il 12esimo piano quinquennale ha stanziato 294 miliardi di dollari (1.800 miliardi di yuan). Altri 377 miliardi di dollari saranno destinati entro l’anno al cambiamento climatico, risparmiando energia e riducendo le emissioni. La Cina ha sul collo il fiato delle Nazioni Unite, il cui Global compact network ha il compito di tenere sotto controllo i progressi cinesi anche nel campo della sostenibilità ambientale. Si scopre così che il consumo di energia per unità di Prodotto interno lordo è stato ridotto del 3,4% e che dal 2006 al 2012 il consumo di energia per Prodotto interno lordo è stato del 23,6%, vale a dire 1,8 miliardi di tonnellate di emissioni in meno.
Ma il lavoro da fare è enorme, servono competenze specializzate, bisogna orientare la spesa locale verso le decisioni più efficaci. Pechino ha lodevolmente imposto a 29 città livelli predeterminati di inquinamento, ma c’è un senso di sconforto nell’assistere a scempi dichiarati e pubblicizzati dagli stessi media cinesi, come il Chishui river, affluente dello Yangtze, che in soli 7 anni è stato brutalmente cementificato e ridotto a un rigagnolo. Il modello di produzione cinese, purtroppo, non cambia così rapidamente, nonostante i risultati ottenuti. Produzioni a basso utilizzo di carbone sono incoraggiate. Addirittura incentivi pari a 50mila yuan (poco più di ottomila dollari) sono stati stanziati per i produttori di veicoli ibridi, 60mila yuan spettano per ogni auto elettrica venduta. C’è poi il problema della sovraproduzione dei pannelli solari: nonostante l’accordo raggiunto con l’Unione europea che impone di non superare i 10 gigawatt di export (il che dovrebbe salvare l’industria del settore, in crisi profonda), la Cina stenta a far decollare in casa propria l’utilizzo di energie pulite all’altezza delle più moderne tecnologie. Eppure secondo il China long term energy plan entro il 2050 le energie rinnovabili ad esclusione dell’idropower saranno tra il 17 e il 34% della domanda nazionale di energia.
Per questo bisogna aiutare la Cina. L’ultimo viaggio della commissione europea guidata dal vice presidente Antonio Tajani il mese scorso ha portato alla sigla con il ministro dell’industria Miao Wei di un accordo nato per incentivare proprio lo scambio di tecnologie verdi tra imprese europee e cinesi, specie se di medio calibro. Ci saranno anche scambi di competenze per il miglioramento della gestione amministrativa, regolamentare e la competizione tra le diverse realtà.
Bisogna puntare alla convergenza di standard e di regolamentazioni tecniche su entrambi i lati, anche per tenere sotto controllo i costi di produzione. Ma ne vale la pena, l’Unione europea, nonostante i dissapori degli ultimo tempi in tema di scambi commerciali, resta un grande partner della Cina: nel 2012 si sono registrati scambi complessivi per 433,6 miliardi di euro. La Cina è seconda alle spalle degli Usa come partner dell’Europa. Gli investimenti cinesi in Europa ammontavano a solo 3,1 miliardi di euro nel 2011, pari al 5% dello stock totale di investimenti cinesi all’estero, ma le opportunità di collaborazione ci sono, tanto è vero che le aziende al seguito di Tajani e del commissario responsabile per l’Ambiente, Janez Potocnik, hanno avuto incontri con imprese cinesi che operano nei settori della qualità dell’aria, delle acque, dei rifiuti, dell’efficienza energetica e delle tecnologie verdi. Le più bisognose di supporto, infatti. Hanno già iniziato a parlarsi e a cercare partner utili. La rete Enterprise Europe, inoltre, creata dall’Unione europea, ha esteso la copertura alla Cina e ora conta su cinque consorzi che coprono utilmente tutto il territorio. Nell’ottobre 2012 è stato avviato uno strumento online chiamato CESIP, una piattaforma d’informazione sugli standard cinesi ed europei. Fornisce alle imprese informazioni sugli standard che si applicano ai prodotti regolamentati e aiuta le aziende a dialogare in due lingue su temi comuni alle imprese cinesi ed europee. Si spazia dai regolamenti ai requisiti per l’accesso al mercato, comprese le specifiche di migliaia di standard.