Auto elettrica al decollo. Molti analisti ci credono. Ad esempio quelli di Ubs Bank. Già tra cinque anni – scrivono in un report – la mobilità elettrica non solo sconvolgerà le nostre abitudini motoristiche, rendendo largamente conveniente, almeno in città, l’uso dell’elettrone al posto del carburante per la maggior parte delle nostre esigenze di trasporto sia personale che collettivo. Di più: mentre lo scooter a batteria o la bici con pedalata assistita regaleranno nuovi e gradevolissimi orizzonti alla mobilità urbana, l’auto elettrica comincerà ad allargare la sua autonomia e il suo raggio d’azione e sarà, soprattutto, il perno di una rivoluzione ben più ampia e suggestiva. Quella del nuovo sistema energetico che si affaccia all’orizzonte. Un sistema elettrico globale all’insegna della generazione distribuita. Grazie al solare e alle altre fonti rinnovabili. Gestite dalle reti intelligenti, capaci di amalgamare la nostra produzione e la conservazione dell’energia con sistemi a batteria sempre più efficaci ed economici.
In tutto ciò l’auto elettrica, o la sua declinazione ibrida con motore termico in grado almeno in una fase intermedia di amalgamare i pregi e i limiti delle tecnologie, potrebbe diventare addirittura uno dei polmoni strategici del nuovo scenario energetico.
Ecco la nostra automobile che immagazzina energia, la cede sulla strada quando serve, la conserva per restituirla alla nostra abitazione, in sinergia con la rete pubblica. O, addirittura, la conferisce in certi momenti alla stessa rete pubblica per contribuire a bilanciare il sistema elettrico nazionale, assumendo il ruolo di “buffer” di rete. Insomma, una sorta di “peer to peer” dell’elettrone (mutuando una delle rivoluzioni in atto nell’informatica personale). Potenza, appunto, del matrimonio tra energia e information technology. E potenza – questo sarà forse l’aspetto più critico – delle nuove regole che dovranno facilitare e rendere possibile tutto ciò.
La tecnologia preme, e molto. Buon per noi italiani, che non siamo messi male. L’Enel, il nostro ex monopolista elettrico, è all’avanguardia sia nelle reti intelligenti che nella sperimentazione dei sistemi di accumulo. Certo, sull’auto elettrica la Fiat, campione motoristico nazionale, è un po’ timida e titubante. Si spera nella riconversione, con relativa apertura alle joint, del suo ex stabilimento siciliano a Termini Imerese. Anche perché nei nuovi sistemi di accumulo, pensati sia per la mobilità che per lo storage del sistema elettrico, siamo all’avanguardia.
Cosa aspettarsi? «Un decollo. Un vero decollo» pronostica Nicola Cosciani, presidente del Gruppo sistemi di accumulo di Anie Energia, l’associazione confindustriale degli imprenditori del settore. Che apprezza il varo della delibera con la quale l’Authority per l’energia ha definito intanto le regole per la connessione dei sistemi di accumulo alle reti elettriche «dando il via ad un mercato e certezze ad un comparto industriale all’avanguardia nel nostro Paese» commenta Cosciani.
La corsa può partire. «Avremo – aggiunge Cosciani – una drastica riduzione dei costi dello storage. Del 40 o 50% entro due o tre anni. E queste soluzioni acquisteranno una loro convenienza complessiva da tutti i punti di vista». Un po’ più prudente il report di Ubs, che prevede un calo dei costi dei sistemi di accumulo, in particolare delle batterie agli ioni di litio, del 50% entro il 2020 e del 75% entro il 2025. La stessa Ubs ci dice che entro il 2020 le auto elettriche costeranno quanto quelle con il classico motore a combustione, ma con vantaggi consistenti specie nella mobilità urbana: nessun impatto ambientale e un risparmio medio di carburante attorno ai 2mila euro l’anno per ogni automobile. E proprio gli analisti di Ubs confermano, a proposito di sistemi di accumulo e reti intelligenti per la generazione distribuita, che la grande rivoluzione è davvero alle porte. Tanto che «entro il 2025 tutti saranno in grado di produrre e accumulare energia. Energia verde ed economicamente competitiva».
Certo, nel mondo c’è chi si muove più velocemente di noi. Non tanto nella tecnologia pura ma nelle soluzioni applicative. Che però potremmo essere in grado di mutuare rapidamente. Particolarmente interessante è l’esplorazione che si sta facendo in Giappone e in America proprio sulle sinergie operative tra mobilità elettrica e sistemi di accumulo al servizio delle reti, ad esempio per dare una seconda vita alle batterie delle auto elettriche quando le loro prestazioni non sono più sufficienti a garantire il massimo delle prestazioni ai veicoli. Riciclarle nei grandi sistemi “fissi” a batteria per il bilanciamento delle reti elettriche, che hanno meno problemi di volumi e di peso in rapporto alle prestazioni? L’idea sembra vincente. E l’applicazione c’è già. Ad esempio nel sistema di accumulo realizzato dalla giapponese Sumitomo in collaborazione con la Nissan al servizio di un impianto fotovoltaico da 10 megawatt a Osaka.