L’incontro è stato organizzato nella massima riservatezza. Un summit – quello tra il premier Matteo Renzi, il presidente di Jsw Sajjan Jindal, e il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi – che ha dato un colpo d’acceleratore verso il closing finale dell’operazione Jindal-Lucchini (atteso nei prossimi giorni), lasciando anche aperta la possibilità che a Piombino si ritorni a produrre acciaio. Sajjan Jindal al termine dell’incontro ha scritto nel libro delle visite della Regione Toscana di sperare «che Piombino torni ai vecchi giorni di gloria con il nuovo piano industriale». Ora «riprende la speranza per la produzione di acciaio a Piombino – ha confermato Rossi al termine dell’incontro –. C’è l’impegno di tutti e c’è anche collaborazione, poi vedremo i risultati». Rossi ieri ha esplicitamente confermato che Jindal è disposto a investire nell’area a caldo, aggiungendo che, però, gli indiani «hanno posto il problema dell’approvvigionamento dell’energia».
E il futuro dell’area a caldo piombinese potrebbe passare per il preridotto (tecnica per la produzione della ghisa senza l’utilizzo del carbone). Dopo essere stato il perno del progetto industriale di Enrico Bondi per il rilancio dell’Ilva (progetto poi abbandonato), questa volta è l’altro grande ciclo integrale italiano, quello della Lucchini di Piombino, ad accarezzare l’idea di utilizzare la preriduzione per mantenere viva l’acciaieria, garantendo così un equilibrio occupazionale (2.056 addetti) e industriale più solido rispetto a quello offerto dalla sola laminazione. Secondo due fonti industriali l’ipotesi di utilizzare il preridotto in un eventuale ripristino dell’area a caldo della Lucchini (oggi sia altoforno che cokeria sono fermi) sarebbe stata suggerita in queste settimane agli indiani di Jindal south west (Jindal è anche nella short list per l’operazione Ilva).
Fino a oggi, a Piombino, sembrava essere il Corex, insieme a un forno elettrico, la strada privilegiata per dare un futuro anche all’acciaieria (Jsw ha formulato un’offerta solo per i tre laminatoi e il rilancio della proposta di acquisto non si scosterà da questo perimetro), come chiedono sindacati e istituzioni locali.
Gli indiani possiedono però anche un forte know how nell’utilizzo del preridotto: proprio nelle scorse settimane Jsw ha raggiunto un accordo per rilevare le attività di Welspun Maxsteel, con una capacità installata da 0,9 milioni di tonnellate. L’India, con 14,637 milioni di tonnellate di Dri prodotto nel 2013, è insieme all’Iran il maggiore produttore mondiale. Anche questa soluzione concilierebbe il mantenimento dell’area a caldo con la tutela ambientale. Jindal, a questo proposito, avrebbe avuto nelle scorse settimane anche un colloquio con l’ex commissario di Ilva Enrico Bondi, che nel 2003 era stato chiamato in Lucchini dal presidente Luigi Lucchini per risanare il gruppo (che poi fu ceduto ai russi di Severstal). Nel colloquio con Bondi si sarebbe parlato, in tutta probabilità, anche dell’esigenza del mantenimento dell’area a caldo con la preriduzione. L’ipotesi è suggestiva. Per Piombino, che per alimentare un eventuale impianto potrebbe utilizzare il rigassificatore di Livorno, non si tratterebbe neppure di una novità: negli anni passati, prima del commissariamento di Nardi, in Lucchini era stato studiato un progetto per realizzare un impianto di preriduzione. La variabile determinante, come è stato per il piano industriale disegnato da Bondi per Ilva, resta però il prezzo. Gli indiani potrebbero anche non essere disposti a mettere a disposizione la massa d’urto garantita dalle attività del gruppo: per questo motivo potrebbe essere funzionale allo scopo, secondo alcuni osservatori, anche la possibilità che si concordi con il Governo un tavolo di negoziazione con i principali produttori, allo scopo di ottenere un prezzo del gas calmierato. Un’opportunità che, in un secondo momento, potrebbe anche essere colta da altre aziende siderurgiche. «Due gruppi italiani, Pittini e Abs – spiega il presidente della commissione Industria al Senato, Massimo Mucchetti – stanno seriamente valutando la soluzione del preridotto per sostituire il rottame, sempre più scarso e di cattiva qualità». Secondo Mucchetti è «molto positivo che Jindal si affacci su Piombino, per non parlare di Taranto. Trovo interessante – ha aggiunto – che si discuta di innovare verso sistemi di produzione non più dipendenti dal carbone». Secondo Mucchetti «il governo ha troppo frettolosamente sposato la tesi di parte dei siderurgici italiani ed europei, contraria al preridotto: è bene che i giudizi sui piani industriali e tecnologie siano più approfonditi. Il governo deve essere in grado di farsi un’idea propria, non influenzata da lobbies».
La discussione con Jindal resta aperta, in attesa dell’offerta definitiva. Secondo altri osservatori, non sarebbe da escludere neppure l’alternativa rappresentata dal rottame (nonostante la scarsa confidenza degli indiani in questo ambito): gli indiani potrebbe puntare a realizzare un grosso hub per il proprio rottame nel Mediterraneo, e con parte di quello alimentare un eventuale forno elettrico.