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Jeremy Rifkin: “L’accordo sull’ambiente non basta, la vera rivoluzione arriverà dal basso

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Il presidente della Foundation on economic trends guarda con scetticismo alla cassetta degli attrezzi per riparare il clima che è sul tavolo della conferenza Onu di Parigi: “Con il nostro progetto la regione di Calais sarà carbon free entro il 2050”

Fonte: repubblica.it

Autore: Antonio Cianciullo

Con gli impegni volontari non si va lontano. Basta fare una semplice somma per vedere che i tagli di emissioni serra che i singoli Paesi hanno programmato non bastano: la temperatura crescerà oltre i 2 gradi. E se qualche governo non farà quello che si è impegnato a fare, se il trend di riscaldamento ci sfuggirà di mano, si andrà verso un collasso catastrofico nel giro di pochi decenni. Quello che sta succedendo negli Stati Uniti, con la spaventosa siccità in California e gli uragani sulla costa atlantica, offre appena una pallida idea di quello che succederà". Jeremy Rifkin, il presidente della Foundation on economic trends, guarda con scetticismo alla cassetta degli attrezzi per riparare il clima che è sul tavolo della conferenza Onu di Parigi.

Lei è pessimista, c’è chi ritiene che gli impegni volontari rappresentino solo il primo passo verso un accordo globale vincolante.
"Al contrario, io sono un ottimista. E glielo dimostro. Per trovare il modello di soluzione al problema climatico non bisogna andare molto lontano. Basta fare poche centinaia di chilometri da Parigi e si arriva a Nord-Pas-de-Calais, la regione del film Giù al Nord. In questa regione sta prendendo corpo la terza rivoluzione industriale, basata su cinque pilastri: fonti rinnovabili, immagazzinamento dell’energia attraverso l’idrogeno, reti intelligenti, edifici capaci di produrre più energia di quella che consumano, mobilità a bassissimo impatto ambientale".

Lei ha fatto tentativi analoghi a Roma, in Puglia e in Sicilia, ma il processo non è decollato.
"In quei casi c’è stato uno stop, ma in molti altri stiamo andando avanti. E a Nord-Pas-de-Calais siamo a un livello avanzato. Nel 2013 è stato fatto il master plan. Nel 2014 sono stati creati 20 mila posti di lavoro green. Per annunciare questa svolta economica avevamo organizzato un treno speciale da Parigi, con tutti i protagonisti politici ed economici del percorso che stiamo creando: era l’occasione per fare il bilancio del terzo anno di lavoro. Purtroppo, dopo l’attacco terroristico, il treno è stato annullato per motivi di sicurezza ".

Qual è l’obiettivo che si è data la regione di Nord-Pas-de-Calais?
"Diventerà totalmente carbon free entro il 2050. Non un cambiamento da poco se si pensa che oggi ci sono sette acciaierie e tre bacini minerari: ogni anno si dovranno rispettare obiettivi molto precisi. Abbiamo coinvolto le imprese e sette università hanno modificato i percorsi di studio per lasciare spazio all’interdisciplinarità. È stato anche creato un assessorato alla terza rivoluzione industriale che coordina le attività. Non stiamo parlando di ridurre del 20 o del 30 per cento le emissioni di CO2: andremo a zero in 35 anni".

Eppure non è facile esportare questo modello. In vari Paesi ci sono quartieri green, ma restano casi circoscritti.
"Qui stiamo parlando di un’intera regione che si è mobilitata mettendo in campo, nel primo anno del progetto, 150 iniziative imprenditoriali in buona parte in direzione dell’economia circolare: si va dal recupero dei vestiti dismessi, che vengono sfilacciati per essere inglobati all’interno delle mura di una casa come elemento isolante, agli pneumatici fuori uso, ridotti in un polverino usato per costruire tappeti per i parchi giochi. Poi ci sono i pannelli fotovoltaici sui tetti degli asili, il bike sharing elettrico, l’acqua in bottiglia di plastica con vuoto a rendere. E siamo solo all’inizio".

Per difendere la stabilità del clima occorre arrivare a una diminuzione globale dei gas serra. Cosa potrà ottenere da questo punto di vista la conferenza di Parigi?
"Finora è stato ottenuto poco perché si è provato ad avviare il cambiamento dall’alto utilizzando obiettivi percepiti come punitivi che hanno innescato il gioco dello scaricabarile sulle responsabilità per la minaccia climatica. Bisogna invece abbracciare la logica degli obiettivi positivi. Ogni anno una quota in più di energia rinnovabile, case efficienti, materiali recuperati, reti intelligenti. La ricetta giusta è non partire da accordi di vertice ma dall’alleanza tra gli enti locali e le imprese per mobilitare le energie migliori dei vari territori".