La produzione geotermoelettrica delle centrali toscane è quasi raddoppiata dal 1990, mentre le emissioni di ammoniaca sono calate del 65% e quelle di mercurio del 79%: i dati dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale
In Italia la produzione di elettricità da geotermia è cresciuta molto negli ultimi trent’anni, ma al contempo le relative emissioni inquinanti hanno registrato una drastica diminuzione grazie all’implementazione di nuove tecnologie.
A mostrarlo sono i dati contenuti nell’Italian emission inventory 1990-2018 e nel rapporto 2020 sui Fattori di emissione atmosferica di gas a effetto serra nel settore elettrico nazionale e nei principali Paesi europei, pubblicati entrambi nei giorni scorsi dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale.
La geotermia rappresenta una fonte particolarmente significativa per il nostro Paese, in quanto è stata impiegata per la prima volta a fini industriali in Toscana oltre due secoli fa, dando vita, nel corso del tempo, ad una filiera radicata sul territorio con un know-how che permette una gestione sempre più sostenibile della risorsa: è in Toscana ad esempio che è iniziata la sua coltivazione (attraverso la reiniezione dei fluidi geotermici in serbatoio, grazie alla quale la portata del fluido estratto si è mantenuta pressoché costante nei decenni) anziché il suo sfruttamento, ed è qui che sono stati brevettati gli AMIS (Abbattitori Mercurio e Idrogeno Solforato).
Ad oggi la geotermia rappresenta il 5,3% dell’elettricità da fonti rinnovabili prodotta in Italia, ma in Toscana – dove in alcune aree la risorsa è presente in qualità e quantità elevate – si arriva a superare il 70%.
Tutto questo si traduce in performance ambientali in continuo miglioramento, come mostrano i dati ISPRA.
A partire dal 1990, infatti, la produzione elettrica lorda da geotermia è quasi raddoppiata in Italia – e dunque in Toscana, dove ad oggi si concentrano tutte le centrali geotermoelettriche nazionali –, passando da 3,2 TWh ai 6,0 stimati per il 2019: quasi un raddoppio.
Al contempo le emissioni inquinanti sono diminuite in maniera sensibile: l’ISPRA ne esamina due in particolare: ammoniaca e mercurio.
Le emissioni di mercurio legate alla geotermia sono passate da 3.40 Mg nel 1990 a 0.72 Mg nel 2018, con un calo pari al 79% dovuto «all’introduzione di sistemi di controllo e abbattimento negli impianti», ovvero principalmente agli abbattitori AMIS. Ad oggi dalla geotermia arriva il 10% delle emissioni nazionali di mercurio, mentre i primi responsabili sono i processi produttivi nelle industrie del ferro, dell’acciaio e del carbone (che pesano per il 44% sul totale, e le cui emissioni sono cresciute del 23% dal 1990).
Guardando invece alle emissioni di ammoniaca, quelle attribuite da ISPRA alla produzione geotermica ammontano a 2,9 Gg nel 2018, con un calo del 65% rispetto al 1990 (8,4 Gg) dovuto anche stavolta «all’introduzione di sistemi di controllo e abbattimento negli impianti».
Nelle centrali amiatine di Bagnore 3 e 4, ad esempio, sono stati installati impianti di abbattimento dell’ammoniaca e dell’acido solfidrico, sottoposti a controllo da parte di ARPAT (Agenzia Regionale Protezione Ambiente Toscana).
Se è vero che esistono ancora margini di miglioramento, come messo in evidenza anche da un recente studio condotto da ricercatori CoSviG, Università di Siena, Cnr-Iccom e Csgi, il risultato è che secondo ISPRA oggi dalla geotermia arriva lo 0,8% di tutte le emissioni di ammoniaca italiane, mentre l’agricoltura rimane il primo contributore con il 94%.
Questo naturalmente non significa che le centrali geotermoelettriche non emettano ammoniaca, un parametro importante da osservare perché l’ammoniaca è un precursore dell’inquinamento da PM10: secondo il vigente Piano regionale per la qualità dell’aria, in Toscana l’ammoniaca è emessa principalmente dalle attività di coltivazione della risorsa geotermica (51%, mentre il settore agricolo incide per il 34%), ma stimando le emissioni complessive di precursori di PM10 per macrosettore la geotermia figura ex aequo all’ultimo posto della classifica, dove sono appaiati «il riscaldamento domestico con il 9% e le attività di coltivazione della risorsa geotermica con il 9%».
Più in generale, la geotermia come ogni fonte energetica non è a emissioni zero (qui una stima aggiornata al 2018 delle emissioni legate alle centrali toscane), ma il suo impiego si è reso progressivamente più sostenibile grazie alle innovazioni tecnologiche – coi rapporti ARPAT che testimoniano il rispetto di tutti i parametri emissivi in vigore – e contribuisce già oggi a rendere il centro Italia la regione con la più bassa impronta di carbonio del Paese, fornendo al contempo elettricità (senza contare l’apporto in termini di calore) a 1.120.000 persone.