Nella Toscana dal cuore caldo un primo esempio di applicazione di questa fonte rinnovabile per la produzione di aria fresca
L’innovativo progetto di teleraffrescamento geotermico di Pomarance, dopo essersi conquistato le attenzioni di Legambiente, è stato messo in evidenza dall’Associazione Italiana Riscaldamento Urbano (AIRU) in qualità di vera e propria eccellenza tecnologica.
A causa del surriscaldamento globale, in larga parte del mondo sta crescendo rapidamente la necessità di raffrescare gli edifici, le case come gli uffici.
Alimentando però il concreto rischio di un loop insostenibile.
I climatizzatori tradizionali sono infatti molto energivori, e alimentarli attingendo a fonti energetiche non rinnovabili – come i combustibili fossili – significherebbe riversare in atmosfera ancora più emissioni climalteranti, appesantendo il problema di partenza oltre alla bolletta energetica.
Un recente studio internazionale stima infatti che, in media, l’uso del condizionatore porta a spendere fino al 42% in più per l’energia elettrica, rispetto a chi non ha il condizionatore.
Un problema che è possibile affrontare alimentando i condizionatori con energie rinnovabili.
Ma, tra queste, la geotermia può essere usata per mettere in campo una strategia ancora più sostenibile: quella del teleraffrescamento.
Nel nostro Paese questa tecnologia ha ancora una modesta diffusione – al contrario di quanto accade ad esempio in Svezia, dove copre già il 25% del mercato –, ma l’esempio offerto dal comune geotermico di Pomarance potrebbe adesso dare avvio a un cambio di marcia: nella sede del municipio, infatti, il teleraffrescamento è già realtà grazie al progetto realizzato da Geo Energy Service (GES).
«Il progetto innovativo prevede il collegamento del refrigeratore ad assorbimento alla rete di teleriscaldamento, alimentata al 100% da fluido geotermico, e la distribuzione interna tramite un sistema di “travi fredde attive” – spiegano da AIRU – In particolare, viene utilizzato il calore dell’acqua della rete, a circa 80 °C, per fare evaporare un liquido bassofondente che raffredda l’acqua dell’impianto di condizionamento dell’edificio fino circa 7°C per poi diffondere l’aria nelle stanze attraverso un sistema di travi fredde. Questi sono dei diffusori d’aria che sfruttano un principio induttivo o convenivo prodotto dall’aria primaria proveniente dall’Unità di Trattamento Aria (UTA) per richiamare l’aria ambiente che, attraversando la batteria di scambio, viene raffrescata».
Tutto questo senza consumare energia da fonti fossili, ma anche senza il fastidioso rumore di ventole nelle stanze o la necessità di manutenere periodicamente i condizionatori tradizionali, senza dimenticare l’impatto visivo estremamente ridotto che rende questa tecnologia particolarmente interessante per edifici di pregio o soggetti a tutele architettoniche.