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Il rapporto Irex-Althesys Rinnovabili frenate da fisco e burocrazia

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A scandagliare i mali delle nostre rinnovabili è l’ultimo rapporto Althesys-Irex, che sarà presentato oggi in un convegno nelle sale della Camera. Con la conferma del nostro paese rimane in Europa quello con i costi di installazione più alti.

Fonte: Il Sole 24 Ore

Autore: Federico Rendina

Italia baciata dal sole. Pronto a regalarci, fosse per lui, il probabile primato mondiale della competitività dell’energia fotovoltaica. E invece no. A gonfiare i costi della nostra energia solare, a tal punto da renderla meno competitiva di quella della Germania, paese notoriamente più pallido, è un gruppo di vecchie conoscenze: la burocrazia, il fisco e le difficoltà di accesso al credito. Sono qui, e non nel ridimensionamento degli incentivi, i veri freni.
A scandagliare i mali delle nostre rinnovabili è l’ultimo rapporto Althesys-Irex, che sarà presentato oggi in un convegno nelle sale della Camera. Con la conferma del nostro paese rimane in Europa quello con i costi di installazione più alti. E l’altolà si fa davvero imbarazzante se ci confrontiamo appunto con la Germania: nei costi complessivi di allestimento degli impianti paghiamo una penalizzazione di circa il 15% per il fotovoltaico e addirittura del 40% per l’eolico, con «circa il 60% del gap dovuto a fisco e burocrazia» rimarca Alessandro Marangoni, il docente della Bocconi che guida gli analisti di Althesys.
Dal confronto tra le componenti di costo (LCOE) del fotovoltaico e dell’eolico tra i due paesi «emerge in particolare – fa notare Marangoni – il peso delle voci relative a Permitting e progettazione, ovvero alla burocrazia, e Property tax, cioè il fisco». E la stima del divario è oltretutto prudenziale, visto che «le tasse censite non comprendono quelle sul reddito, ad esempio la Robin Tax» che renderebbero il divario «ancora più pesante».
I warning non finiscono qui. Come se la caverà nei prossimi anni il nostro sistema elettrico? Benino per la sicurezza, decisamente male per le prospettive economiche e industriali del settore. È nota la sovracapacità delle nostre centrali, determinata dal boom degli anni post-liberalizzazione e al l’avanzata super-incentivata delle energie rinnovabili, con i noti effetti negativi sui prezzi finali dell’energia. Ed ecco la diagnosi degli analisti di Altheys: anche con l’auspicabile ripresa economica non ci sarà spazio, almeno fino al 2020, né alla costruzione né alla programmazione di nuove centrali termoelettriche tradizionali. Il messaggio si traduce in un warning anche per le pressanti richieste dei proprietari e gestori delle centrali tradizionali sul "capacity payment", e cioè la remunerazione degli impianti da tenere a riserva per bilanciare il sistema. «Il capacity payment – avverte Marangoni – deve essere ben mirato, privilegiandogli impianti più efficienti. Non può risolversi in un salvataggio di centrali elettriche frutto di investimenti sbagliati».