«La Toscana può dare un contributo a tutto il Paese perché la geotermia è un nostro fiore all’occhiello e una fonte rinnovabile che può permettere di produrre energia e di farla confluire nella rete nazionale»
A margine di un evento all’Università di Pisa, in cui l’Ateneo celebrava i 50 anni dal primo trapianto d’organo in Toscana, il presidente Eugenio Giani è intervenuto sulla crisi energetica che sta attraversando il nostro Paese: «La geotermia è una risorsa fondamentale, pulita e rinnovabile. È utile sempre e lo è tanto più adesso di fronte al caro energia, pertanto ritengo che lo Stato dovrebbe immediatamente sbloccare gli incentivi per le imprese. Era sbagliato prima averli tolti, ma ora non è più rinviabile un intervento in questa direzione», riferendosi evidentemente ai pluri-annunciati incentivi per la produzione di energia elettrica da geotermia che dovrebbero essere inseriti dal Governo all’interno del decreto FER2, atteso però ormai da anni da anni.
«Quando noi parliamo di geotermia, che è il grande contributo che la Toscana può dare sul piano delle energie rinnovabili, dobbiamo vederla in grande positività e costruttività, e non con la logica del comitato del ‘No’ – ha aggiunto Giani – La Toscana può dare un contributo a tutto il Paese perché la geotermia è un nostro fiore all’occhiello e una fonte rinnovabile che può permettere di produrre energia e di farla confluire nella rete nazionale. Per farlo è però necessario migliorare la situazione sul Monte Amiata, dove ci sono ancora enormi margini di crescita per produrre questa risorsa fondamentale per contenere la spesa delle famiglie e delle imprese».
Nel merito, di fronte alle preoccupazioni sollevate negli anni da parte di alcuni comitati, cittadini e schieramenti politici sull’Amiata, le più recenti evidenze consolidate in ambito scientifico offrono risposte rassicuranti.
Sul fronte del cambiamento climatico, la coltivazione della geotermia in Toscana (Amiata compresa) non sembra infatti produrre rilasci aggiuntivi di CO2 rispetto a quella naturalmente emessa per degassamento naturale del suolo.
Per quanto riguarda invece gli impatti sanitari dell’attività geoetermoelettrica, a inizio febbraio sono stati pubblicati gli esiti dell’indagine epidemiologica pubblica InVetta – che poggiano su 14 anni di studi e cui hanno partecipato direttamente 2.060 cittadini locali –, che mostrano come «rispetto alle emissioni geotermiche non abbiamo trovato correlazioni con aspetti sanitari se non con l’ipertensione, elemento abbastanza anomalo e che approfondiremo», come sintetizza Fabio Voller dall’Agenzia Regionale di Sanità, aggiungendo che «sono più problematici i dati legati alla natura entropica del territorio. Ovvero la presenza di taluni metalli che sappiamo essere una caratteristica di quei luoghi, come arsenico e tallio, e che ci spingeranno ad ulteriori studi».