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Il nuovo Manifesto della geotermia

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L’Unione geotermica italiana, assieme al Consiglio Nazionale dei Geologi e all’Associazione Termotecnica Italiana, ha presentato un documento, dove si indicano le diverse forme in cui il calore geotermico può contribuire ai fabbisogni energetici italiani, coprendo sino all’1,2% del consumo totale lordo al 2020

Fonte: Geotermia News

Autore: Redazione

Si tratta di un contributo -si legge sul Manifesto della Geotermia- che può sembrare modesto in termini percentuali, ma che non lo è affatto in termini economici se raffrontato al costo del combustibile fossile sostituito. L’importanza di tale contributo risulta poi ancora più evidente se si pensa che il previsto sviluppo della geotermia al 2020 consentirà di evitare di scaricare in atmosfera 8-10 milioni di tonnellate di CO2 all’anno”.

Il documento rappresenta la posizione dell’Unione Geotermica Italiana (UGI), del Consiglio Nazionale dei Geologi (CNG) e dell’Associazione Termotecnica Italiana (ATI), sullo sviluppo delle risorse geotermiche italiane.

Nel Manifesto si parte dall’analisi della situazione energetica italiana “divenuto negli ultimi anni prioritario sotto gli aspetti economico, ambientale e di sicurezza degli approvvigionamenti, al punto da condizionare fortemente la dinamica di sviluppo del Paese”.

Il consumo lordo totale di energia è stato in Italia pari a circa 200 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (TEP), nel 2006 e di questi l’87 % è costituito da combustibili fossili (petrolio e gas naturale e, a seguire, il carbone). Abbiamo importato il 6 % di energia elettrica e ne abbiamo prodotto il 7 % con fonti rinnovabili; di quest’ultima frazione la geotermia ha rappresentato lo 0,6% del consumo lordo totale di energia ed è costituita per oltre quattro quinti dalla produzione di elettricità e il resto dagli usi diretti del calore.

Le potenzialità sono, però, di tutt’altro ordine di grandezza e per dirla con le parole usate da Giorgio Nebbia in un suo articolo di questi giorni: «A ben guardare siamo seduti su una caldaia caldissima: un po’ di chilometri sotto i nostri piedi ci sono strati di rocce a temperature di centinaia di gradi che subiscono trasformazioni chimiche; in qualche zona della Terra l’acqua, che dagli strati superficiali penetra a contatto con le rocce calde, fuoriesce sotto forma di vapore; in altre si trova acqua calda anche a poche centinaia di metri di profondità. Affannati come siamo a cercare continuamente nuove fonti di energia perché non dovremmo prestare più attenzione all’uso del calore interno della Terra, gratis e rinnovabile?»

Proprio a questa domanda prova a dare risposta il Manifesto, indicando possibili previsioni di sviluppo per il 2020, tenendo presente anche il probabile ulteriore aumento del prezzo delle fonti fossili.

UGI, CNG e ATI prevedono che per l’obiettivo di produzione di energia elettrica, la potenza installata al 2020 potrebbe raggiungere 1500 MWe con una generazione di 10 miliardi di kWh/anno. Una quantità pari al fabbisogno elettrico di 9 milioni di abitanti e quasi il doppio dei 5,5 miliardi di kWh prodotti nel 2006.

Raggiungere questo obiettivo significherebbe anche risparmiare oltre 2 milioni di TEP.

Per gli usi diretti gli obiettivi previsti al 2020 potrebbero decuplicare i valori del 2006, che erano pari a 650 MGt, e raggiungere i 6.000 MWt, con una produzione equivalente a 1.800.000 TEP, in grado di riscaldare 800.000 appartamenti.

Considerati complessivamente gli usi elettrici e quelli termici, il contributo che la geotermia potrebbe dare al consumo totale lordo di energia dell’Italia al 2020 è, quindi, di circa l’1,2%. Un obiettivo che non viene indicato come “un punto di arrivo ma una base di partenza verso traguardi molto più ambiziosi cui puntare nei decenni successivi“.

Infatti, si spiega nel Manifesto “le risorse di calore naturale sfruttabili per applicazioni dirette sono almeno 100 volte superiori a quelle necessarie per raggiungere i suddetti obiettivi e, d’altra parte, non mancano certo in Italia le competenze tecnico-scientifiche per valorizzare quelle risorse al servizio del Paese”.

Che cosa è necessario fare, dunque, per arrivare almeno a quell’1,2% di del consumo totale lordo di energia del Paese al 2020?

Innanzitutto –si legge- che le forze politiche creino sollecitamente nuove basi legislative capaci di favorire il rapido sviluppo di tutte le fonti non convenzionali di energia, e tra esse prioritariamente il calore terrestre. Questo, infatti, può utilizzare tecnologie di coltivazione già mature da decenni ed eco-compatibili, può essere utilizzato su vaste aree, ed è disponibile per tutto l’anno”.

Un ruolo possono svolgerlo anche le Regioni, dotandosi “di propri piani energetici e di normative specifiche volte a stimolare l’accelerato sviluppo del calore naturale in tutte le sue possibili forme di applicazione”.

Fatto questo “per valorizzare le risorse geotermiche di media e bassa temperatura è, inoltre, indispensabile coinvolgere le categorie professionali esperte nel reperimento di fluidi caldi naturali, nello studio dei poli di consumo dell’energia, nella progettazione di impianti termici e di reti di distribuzione del calore agli utenti, e nei problemi di salvaguardia dell’ambiente”.

Infine il manifesto raccomanda “una fitta campagna nazionale d’informazione pubblica volta a far maturare una diffusa presa di coscienza sulle possibilità offerte dalla geotermia per ridurre lo scarico in atmosfera di gas ad effetto serra e di particolati dannosi alla salute, nonché di contribuire a diminuire il deficit della bilancia dei pagamenti nel comparto energetico”.

«Nel suo manifesto- scrive Giorgio Nebbia- l’Unione geotermica italiana indica le strade, che vanno da innovazioni tecniche a finanziamenti pubblici, con la possibilità di aumentare in Italia, da oggi al 2020, la produzione di elettricità geotermica a 7 miliardi di KWh all’anno e soprattutto è possibile triplicare la quantità di calore estratto dal sottosuolo risparmiando petrolio e gas naturale ed emettendo meno anidride carbonica nell’atmosfera. Secondo queste prospettive, inoltre, si creerebbero alcune decine di migliaia di posti di lavoro, fra laureati, tecnici e operai».

«Chi avrà voglia –si chiede Nebbia, chiudendo il suo intervento- di ascoltare queste proposte di innovazioni, così vantaggiose per l’economia e per l’ambiente?»