Energia rinnovabile in Italia non è sinonimo della sola tecnologia fotovoltaica – ormai fortunatamente entrata anche nell’italico immaginario pubblico – e lo dimostra l’apporto che l’idroelettrico è stato storicamente in grado di offrire al nostro Paese, un leader nel settore ancora oggi. Tanto che le possibilità del mercato hydro potrebbero apparire già del tutto esplorate lungo lo Stivale. Per scoprire se ciò corrisponda o meno a verità, greenreport.it si è affidata ad un esperto del settore: Rinaldo Denti, amministratore delegato di Frendy Energy società attiva in Italia nella produzione di energia elettrica attraverso impianti mini-hydro.
Qual è, e dove in particolare si concentra, l’apporto che l’energia idroelettrica riesce a garantire alla domanda del Paese?
L’energia idroelettrica delle grandi dighe fa la parte del leone, come tutti sappiamo, e si concentra attorno a tutto l’arco alpino. Parliamo di salti importanti che utilizzano turbine Pelton di consolidata tecnologia. Dai dati che si hanno si stima nel 12-15% l’apporto complessivo di questa fonte rinnovabile, diciamo storica, ovvero da sempre presente e consolidata.
È l’Eni a comunicare che «il potenziale della risorsa idroelettrica nel nostro Paese è sfruttato praticamente al 90%». Quale spazio possono ancora ritagliarsi mini-hydro e micro-hydro?
Eni parla dei grandi impianti, dove in effetti a meno di deroghe e leggi speciali volte alla semplificazione delle procedure, è difficile pensare di fare ancora grandi opere. Il mini e il micro hanno potenzialità strepitose ma la mancanze di turbine adatte e impianti chiavi in mano a prezzi competitivi frenano questo sviluppo, ed è proprio questa situazione la nostra opportunità.
Quando si parla di incentivi alle energie rinnovabili, automaticamente l’attenzione viene monopolizzata dalla tecnologia fotovoltaica: quale sono le possibilità riservate invece all’idroelettrico?
Il micro e il mini idroelettrico hanno ricevuto una attenzione particolare, dove gli incentivi sono stati ulteriormente aumentati, questo per dare un chiaro segnale a una nicchia non presidiata.
Frendy Energy S.p.A. si presenta annunciando che «è stata in grado di sviluppare un nuovo concetto di turbina altamente efficace su salti d’acqua di piccole dimensioni». Quale aumento di efficienza è in grado di garantire?
La nostra piccola grande rivoluzione sta nel fatto di aver inventato un nuovo concetto di turbina che paragonata al nostro unico concorrente, ovvero la antiquata Vite di Archimede, è in grado di produrre oltre il 20% in più, una percentuale importante anche a livello economico, proiettando i flussi sui 20 anni di tariffa incentivante.
Frendy Energy risulta il titolo più scambiato all’AIM-Mercato Alternativo del Capitale: sembra un connubio riuscito tra finanza e imprenditoria green. Come pensare a costruire un modello di finanza verde, che non sia fonte di scandali, ma uno strumento per convogliare risorse volte ad uno sviluppo sostenibile?
La sua domanda sembra quasi voglia confermare un assioma quasi consolidato, ovvero finanza, imprenditoria green e scandali. Rigetto questa tesi che non mi appartiene e non trova ad oggi case histories. In ogni settore ci sono gli onesti e i disonesti, chi non rispetta le regole e chi le segue come noi alla lettera: essere quotati vuol dire essere trasparenti, corretti ed obbligati a una public disclosure particolarmente stringente, poi come sempre che si tratti di blue, yellow o green economy, fare un bel lavoro a vantaggio di tutti dipende dal top management, cda e proprietà… oneste e rigorose.