L’era dei nuovi materiali nel campo dell’energia solare è iniziata e, accanto alla ricerca di prestazioni ed efficienze da record, la scienza di settore sta curando anche l’aspetto della sostenibilità. Un deciso passo avanti in questo senso l’ha compiuto l’Istituto superconduttori, materiali innovativi e dispositivi (Spin-Cnr) dell’Aquila con la messa a punto del fotovoltaico in perovskite ibrida totalmente ecologico.
Il progetto a cui hanno collaborato l’Università di Vienna e la North Carolina State University, segna un punto a favore delle ‘perovskiti’ ibride organico/inorganiche, ossidi di sintesi dalle molteplici proprietà fisico-chimiche.
Questi minerali sono in grado di convertire quasi il 20% dell’energia solare in energia elettrica (il record è della Corea che ha raggiunto un tasso di conversione del 17,9%, riprendendosi un primato che era suo già nel 2009). Ma quello che hanno realizzato allo Spin-Cnr è un passo avanti ulteriore: “Il nostro studio era mirato a cercare un’alternativa sostenibile sia alle celle solari fatte di silicio, i cui costi sono elevati a causa dei complessi metodi di fabbricazione, sia alle perovskiti ibride finora studiate, meno costose ma tossiche per l’uomo e per l’ambiente per via del piombo in esse contenuto”, spiega Alessandro Stroppa, fisico Spin-Cnr. Lo stesso record raggiunto dalla Corea era stato reso possibile proprio da questo nocivo elemento, impiegato in quel caso in due composti differenti: il bromuro di piombo metilammonio e lo ioduro di piombo formamidinium.
La struttura del fotovoltaico in pervskite ibrida
E’ qui che arriva la svolta del tema di ricerca: attraverso uno studio teorico computazionale sulle perovskiti ecologiche hanno capito come fare a meno del piombo senza perdere in prestazioni. “Impiegando queste perovskiti per convertire energia solare in elettrica, avremmo quindi energia doppiamente pulita, da una parte perché solare e, dall’altra, perché ottenuta con un composto non contenente piombo”.
La struttura di questo fotovoltaico in perovskite ibrida è caratterizzata da una parte inorganica intercalata con molecole organiche, che, a loro volta, posseggono un dipolo elettrico. “Il nostro studio teorico – prosegue Silvia Picozzi, coordinatore del gruppo Spin-Cnr – mostra che questi dipoli possono ordinarsi e dar luogo ad una polarizzazione elettrica che aiuta le cariche foto-generate a separarsi, influenzando positivamente l’attività fotovoltaica, che risulta così potenziata”.