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Il 10% della produzione di energia elettrica dai vulcani del sud d’Italia

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E quanto potrebbe sviluppare l’Italia dal suo suolo vulcanico, soprattutto nella fascia tirrenica centro-meridionale, secondo quanto emerge dalla conferenza sulla geotermia tenutasi a Napoli.

Fonte: GeotermiaNews

Autore: Redazione

Alla conferenza internazionale sulla geotermia organizzata dall’Università Parthenope e dall’ Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), che si è svolta a Napoli dal 17 al 19 maggio, i ricercatori che vi hanno partecipato hanno spiegato che la geotermia, con le attuali tecnologie, potrebbe essere in grado di fornire il 10% dell’energia elettrica necessaria al Paese.

In particolare dal convegno di Napoli è emersa l’opportunità dell’utilizzo dalla geotermia a bassa e media entalpia in sistemi di produzione distribuita, anche in territori dove non sono presenti fluidi geotermici ad alta temperatura, come le aree caratterizzate da vulcanismo attivo o spento, che sono ricchissime di risorse geotermiche.

«In Campania potete contare su un potenziale geotermico elevatissimo, con enormi benefici economici», ha detto nel suo intervento Ernest Huenges, responsabile del settore geotermico del Geo Forschung Zentrum di Potsdam.

«In Germania –ha continuato Huenges- per trovare temperature di 150 gradi centigradi dobbiamo perforare fino a 4 chilometri, mentre qui da voi bastano alcune centinaia di metri».

L’Europa si sta muovendo già da tempo in questo ambito e, precursore di questa tecnologia è l’Islanda.

L’Iceland Deep Drilling Project, ha spiegato Gudmundur Omar Fridleifsson, a capo del progetto, sta sperimentando le possibilità di migliorare la produzione geotermica utilizzando i fluidi supercritici idrotermali tramite perforazioni a profondità superiori ai 4.000 metri al fine di sfruttare le temperature di oltre 400 gradi centigradi, con cui si potrebbe generare una potenza elettrica superiore ai 40 MW.

Anche la Francia ha intenzione di sviluppare la geotermia con l’obiettivo di sestuplicare, da qui al 2020, la quantità di energia ottenuta dal calore del sottosuolo, generando anche una quantità di calore tale da riscaldare due milioni di abitazioni. E gli esperti presenti alla conferenza sulla geotermia che si è tenuta a Napoli hanno sostenuto che nel meridione d’Italia si potrebbe ottenere fino al 10% della produzione elettrica proprio grazie all’utilizzo del magma vulcanico presente nel sottosuolo di queste regioni.

Un progetto già esiste ed ha avuto da poco il via libera da parte del Comune di Napoli per l’avvio delle prime perforazioni, entro la fine del 2012.

Si tratta del programma internazionale Campi Flegrei Deep Drilling Project che prevede la perforazione nell’area di Bagnoli Futura e lo studio vulcanologico innovativo della caldera flegrea e delle sue immense risorse geotermiche, finanziato dal Consorzio Internazionale per le Perforazioni Profonde Continentali. Il progetto, secondo quanto dichiarato dal suo coordinatore Giuseppe De Natale, ha finalmente ottenuto l’autorizzazione del comune partenopeo, che è proprietario al 90% del sito dove avverrà la perforazione e che lo aveva sino ad ora bloccato, per timore che vi fossero rischi e conseguenze impattanti per l’ambiente.

«Ci aspettiamo di partire al più presto -ha dichiarato Giuseppe De Natale al margine della Conferenza internazionale di Napoli- entro qualche mese, il tempo di riorganizzarci con la società che ha vinto l’appalto».

Le perforazioni dei Campi Flegrei, serviranno a monitorare le dinamiche interne del supervulcano e ad acquisire dati importanti sull’eventuale sfruttamento della sua energia geotermica. «L’obiettivo principale del progetto -ha detto De Natale- è la ricerca vulcanologica e la mitigazione del rischio vulcanico, ma le stesse caratteristiche peculiari di quest’area la rendono ideale per la sperimentazione di tecnologie per la produzione geotermica». 

«I pozzi del progetto –ha spiegato il coordinatore – saranno almeno due sulla terraferma ed altri sei-sette, più superficiali, in mare. Il primo sarà profondo 500 metri con un diametro iniziale di 30 centimetri che, in profondità, diventeranno 12 centimetri».

«Il programma -ha proseguito il coordinatore- prevede lo studio stratigrafico per ricostruire l’attività eruttiva nell’area di Bagnoli che è poi quella più importante perché più densamente abitata. Il costo di questo primo pozzo sarà di 400-500 mila euro, e rappresenterà una sorta di osservatorio vulcanico in profondità che permetterà di aumentare di tre ordini di grandezza la possibilità di rilevare i più piccoli segnali sismici».

Riguardo al rischio legato alle perforazioni, è ancora il responsabile tedesco del settore geotermico del Geo Forschung Zentrum di Potsdam ad indicare che le attuali tecnologie permettono di abbatterlo notevolmente.

«Oggi –ha spiegato Ernest Huenges- esistono sistemi di monitoraggio avanzati che consentono di lavorare nella massima sicurezza. In Campania si ha spesso un atteggiamento isterico di fronte a queste tematiche, sopratutto per paventate problematiche legate al fenomeno del bradisismo, ma è possibile con una buona base conoscitiva operare nella massima sicurezza».