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I territori delle rinnovabili

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Frantoi, rifugi, industrie: la sperimentazione parte dalle risorse locali

Fonte: Il Sole 24 Ore

Autore: Elena Comelli

Un frantoio, una baita di montagna o un distretto industriale dismesso alle volte possono nascondere un tesoro. Per portarlo alla luce, basta concentrarsi sul territorio e le sue potenzialità: così hanno fatto i ricercatori che presenteranno oltre 150 progetti al congresso dell’Associazione Termotecnica Italiana a Milano (10-12 settembre). La chiamata a raccolta delle forze più innovative della ricerca energetica si concentra sulle fonti rinnovabili, in quanto opportunità di reindustrializzazione.
Un esempio tipico è l’impianto che sta nascendo a Ottana, finanziato con i fondi strutturali, per sperimentare un sistema ibrido tra solare termodinamico e fotovoltaico a concentrazione, con la collaborazione fra Sardegna Ricerche e università di Cagliari, sotto la guida dei due docenti Giorgio Cau e Daniele Cocco. «L’impianto è in fase esecutiva e il cantiere partirà questo mese, per concludersi a maggio 2015», spiega Cocco. Con un investimento di 25 milioni, la Sardegna si pone all’avanguardia in un settore, quello del solare a concentrazione, ancora poco sperimentato in Italia.
Ripartire dal territorio è venuto facile all’Università della Tuscia, circondata da un tessuto agricolo molto attivo e importante per l’economia locale. «L’idea ci è venuta osservando un problema comune a molti oleifici della zona, che sfruttano la sansa delle olive, cioè i resti solidi post spremitura, come fonte ulteriore di reddito nella valorizzazione energetica», racconta Sonia Castellucci, ingegnere chimico del Centro di ricerca e diffusione per le energie rinnovabili, che ha partecipato insieme alla dottoranda Marta Moneti e al professore di Sistemi Energetici Maurizio Carlini a un progetto di ricerca incentrato sui processi di fermentazione anaerobica per la produzione di biogas con la sansa delle olive. Il problema, per i piccoli frantoi, è semplice: la sansa è composta dalle buccette, dai residui della polpa e dai frammenti di nocciolino, che è ricco di polifenoli e uccide i batteri necessari a "digerire" il tutto. Di conseguenza, se vogliono produrre biogas con la sansa, gli oleifici devono procurarsi un denocciolatore: una spesa in più. «Con la formula che abbiamo messo a punto, aggiungendo alla sansa una certa quantità di reflui zootecnici, il processo di digestione anaerobica funziona benissimo anche con il nocciolino e produce ottimo biogas, con un 70% di metano, che poi può essere bruciato per produrre energia», precisa Castellucci. Un processo che potrebbe contribuire alla competitività dei piccoli oleifici italiani, nella battaglia contro gli spagnoli.
Dall’osservazione del territorio è nata la ricerca fiorentina sulla combinazione ottimale tra fonti rinnovabili e fossili per l’alimentazione off-grid di un rifugio isolato di montagna. «Un tempo il sistema di alimentazione standard per un rifugio era un generatore diesel, ma oggi sono sempre più comuni i sistemi ibridi, composti anche da fonti rinnovabili», spiega Lorenzo Ferrari, ricercatore del Cnr, che ha lavorato allo studio, nato dalla tesi di laurea di Niccolò Magnelli, insieme a Giovanni Ferrara, Alessandro Bianchini e a Ennio Carnevale, professore di Sistemi per l’Energia e l’Ambiente dell’università di Firenze. «Volevamo definire un sistema ibrido ideale dal punto di vista economico. Abbiamo incluso nei calcoli, oltre al tetto fotovoltaico, anche una piccola pala eolica, cercando di arrivare a un piano economico ottimale», precisa Ferrari. Risultato: un rifugio alpino con quasi 40 letti, come il Rifugio Bedole, sotto il ghiacciaio dell’Adamello, potrebbe spostare quasi metà dei suoi consumi elettrici sulle fonti rinnovabili senza sovraccosti nell’arco dei 10 anni, anzi, alla fine risparmierebbe oltre 60mila euro, spendendo 300mila euro per l’installazione e la manutenzione di un tetto fotovoltaico da 15 kilowatt più una turbina eolica da 7,5 kilowatt, contro i 365mila necessari ad acquistare il gasolio corrispondente.