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GSE: alla geotermia il 2% degli incentivi dedicati alle rinnovabili non fotovoltaiche

Si stima per l’anno in corso un ammontare pari a 96,8 milioni di euro, ma il contesto di riferimento è molto fluido: gli incentivi potrebbero non essere rinnovati dai decreti FER

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Il Gestore dei Servizi Energetici (GSE) ha aggiornato nei giorni scorsi il contatore delle fonti rinnovabili non fotovoltaiche, ovvero lo strumento che consente di visualizzare il costo indicativo annuo degli incentivi riconosciuti agli impianti alimentati da fonti rinnovabili diversi da quelli fotovoltaici: al 31 marzo il contatore ha indicato «un costo indicativo medio di 4,726 miliardi di euro» a fronte di un tetto massimo di 5,8 miliardi di euro annui, il limite oltre il quale si prevede la cessazione dell’accettazione delle richieste di incentivazione in accesso diretto.

Guardando invece all’ammontare degli incentivi complessivamente gestiti dal GSE per favorire lo sviluppo delle fonti rinnovabili, fotovoltaico compreso, si sale a 14,7 miliardi di euro (dati 2017, gli ultimi disponibili).

In questo contesto, quali sono gli incentivi dedicati alla geotermia?

Il costo indicativo per l’anno in corso stimato dal Gestore ammonta a un totale di 96,8 milioni di euro, risultato della somma tra l’incentivo ex Certificati Verdi (87,4 milioni di euro) e gli incentivi introdotti dal D.M. 6/7/2012 (9,4 milioni di euro).

La geotermia assorbe dunque il 2% circa degli incentivi che il GSE stima di erogare a sostegno delle fonti rinnovabili non fotovoltaiche nel corso del 2019, e lo 0,65% circa di tutti gli incentivi gestiti dal GSE (i 14,7 miliardi di euro sopra ricordati).

Il contesto di riferimento è però molto fluido.

Nonostante quelli dedicati alla geotermia siano già oggi solo una frazione molto piccola degli incentivi garantiti al complesso delle rinnovabili italiane, il Governo nazionale ha cancellato per la prima volta questa fonte pulita dallo schema di decreto FER1 per la definizione dei nuovi incentivi (e non è ancora chiaro cosa intenda fare nel FER2), mettendo a rischio la tenuta del settore.

Le ricadute sul territorio e in Toscana in particolare, dove ad oggi sono presenti tutti gli impianti geotermoelettrici presenti in Italia, potrebbero essere molto pesanti sia in termini occupazionali e di sviluppo economico dell’indotto – quella della geotermia è infatti una filiera rinnovabile tutta made in Italy, la cui leadership tecnologica nel settore è universalmente riconosciuta – sia sotto il profilo ambientale, pregiudicando il miglioramento degli impianti esistenti come la produzione di nuova energia rinnovabile.

Per scongiurare questo risultato la Regione Toscane e i sindaci dei Comuni geotermici si sono attivati da tempo per aprire un canale di dialogo con il ministero dello Sviluppo economico (MISE), dal quale lo scorso 27 marzo è arrivata la promessa di avviare un tavolo di confronto tecnico col territorio per l’elaborazione del decreto FER2; al proposito non sono però ancora giunte novità.