Da quando qualche mese fa Carlo Rubbia ha rilasciato a Repubblica un’intervista in cui sostiene che la geotermia è in grado di sostituire brillantemente l’apporto di produzione elettrica inizialmente prevista con il nucleare (opzione bocciata con l’ultimo referendum), si fa sempre più spazio l’idea che la geotermia sia destinata a diventare la “vera” energia rinnovabile del futuro. Idea che mi sento di condividere.
La geotermia – ricordava il premio Nobel per la fisica nel 1984 – oggi nel mondo già oggi dà un contributo pari a 5 centrali nucleari. L’Italia ha una potenzialità straordinaria nella zona compresa tra Toscana, Lazio e Campania, e la sfrutta in maniera molto parziale: si può fare di più a prezzi molto convenienti. Solo dal potenziale geotermico compreso in quest’area si può ottenere l’energia fornita dalle 4 centrali nucleari previste come primo step del piano nucleare. Subito e senza rischi….
Credo tuttavia che si debba dare atto ad Adriano Giannola, presidente Svimez, di aver dichiarato la sua fiducia nella geotermia come traino di sviluppo del Sud più volte e in tempi non sospetti.
E a Giuseppe De Natale, scienziato dell’Ingv, va riconosciuto il merito di aver chiarito che, grazie alle nuove tecnologie, la fonte geotermica ormai ha impatto ambientale prossimo allo zero, fugando resistenze diffuse nel mondo ambientalista.
Spezzerei un’altra lancia, infine, sulla opportunità di puntare sulla produzione di elettricità mediante fonte geotermica: il non trascurabile requisito di rivelarsi un investimento industriale interessante anche senza il massiccio ricorso agli incentivi pubblici, come nel caso di altre rinnovabili, che tanto ha appesantito la nostra bolletta.
Può essere utile provare a riepilogare le caratteristiche che fanno della geotermia un settore potenzialmente trainante della green economy anche in Italia.
Partiamo dalla prima, fondamentale domanda: la geotermia è in grado di produrre in maniera eco-compatibile?
La definizione di pulita e rinnovabile è pienamente giustificata dalle attuali tecnologie di sfruttamento.
Oggi con qualunque tipologia di impianto è possibile realizzare un “ciclo chiuso” per i fluidi geotermici prelevati dal sottosuolo. Ciò significa che è possibile re-iniettare in falda i fluidi prelevati, e risolvere pressoché totalmente i residui problemi della geotermia classica, come quella tutt’oggi praticata in Toscana.
In Italia l’impiego della geotermia su larga scala è possibile sia per la produzione elettrica che termica.
Secondo le stime di accreditate fonti scientifiche, parliamo di un potenziale circa tre volte più grande del solare e 10 volte più dell’eolico.
L’energia geotermica possiede inoltre un’altra importante qualità industriale che manca alle altre rinnovabili “classiche”: permette una produzione continua e costante, mentre il solare è condizionato dal ciclo giorno/notte e l’eolico è soggetto alla variabilità delle condizioni meteorologiche.
La fonte geotermica detiene infine un’altissima versatilità, che manca a molte fonti non rinnovabili.
La produzione elettrica da fonte geotermica può avvenire infatti con impianti aventi potenza da un centinaio di kilowatt fino a varie centinaia di megawatt. Utilizzando oltretutto uno spazio molto minore rispetto alle aree necessarie per parchi eolici e impianti fotovoltaici.
Cosa occorre, dunque, per dare un impulso decisivo allo sviluppo di questo settore?
Semplificazioni e chiarificazioni normative per l’ottenimento dei permessi di ricerca e successive concessioni. Nonché forme assicurative, coperte da Stato e Regioni, sui rischi minerari, ossia sul rischio di rinvenire, a fronte di notevoli costi di esplorazione (e specialmente di perforazione), risorse insufficienti rispetto ai livelli di investimento preventivati.
La Campania ha la fortuna di possedere tante zone a gradiente termale. In Toscana, Lazio, Sicilia e per varie decine di migliaia di chilometri quadrati al centro del Tirreno meridionale ci sono siti vulcanici.
Ma la nostra regione ha in più la fortuna che alte temperature si raggiungono con pozzi non troppo profondi, come per esempio nei Campi Flegrei e ad Ischia.
Ecco perché dobbiamo fare in modo che il mondo ci inizi a conoscere perché disponiamo delle risorse e della tecnologia necessarie per “fare luce” con il calore della terra.