Rinnovabili al 55-60% del mix elettrico al 2035, efficienza energetica, niente fracking e tagli in vista per gli incentivi all’eolico. In Germania, dopo due mesi di trattative dalle elezioni del 22 novembre, si è formato il nuovo governo Merkel, il terzo. Nelle 185 pagine dell’accordo di coalizione tra la CDU/CSU della cancelliera e i socialdemocratici si definisce anche quel che si vuol fare nei prossimi 4 anni in materia di energia (documento allegato in basso).
"La difesa del clima, la ‘Energiewende’ (la svolta energetica verso le rinnovabili intrapresa dalla Germania, ndr), e l’uscita dal nucleare entro il 2022 rimangono cardini/obiettivi di lungo termine della politica energetica della coalizione, ma non devono costare troppo, e non devono compromettere la competitività delle industrie tedesche. Le rinnovabili saranno sviluppate come da programma, ma non oltre, per limitare i costi", sintetizza commentando a QualEnergia.it Alex Sorokin, esperto di energia e della situazione tedesca.
La richiesta della SPD di varare una “legge per la difesa del clima” non è stata accolta nel documento. Al suo posto l’accordo di coalizione prevede un “piano per la difesa del clima”, non vincolante legalmente. Entro il 2020 la Germania ridurrà le proprie emissioni di gas climalterante del 40% rispetto al 1990.
Si rivede al rialzo l’obiettivo per le rinnovabili, ma si pone anche un tetto. Attualmente le rinnovabili sono circa al 25% del mix elettrico tedesco, l’obiettivo fino a oggi era di arrivare al 35% al 2020 e almeno al 50% al 2030. I nuovi target definiti dalla coalizione del terzo governo Merkel sono invece 40-45% al 2025 e 55-60% al 2035.
Numeri che sono evidentemente frutto di una mediazione, dato che i socialdemocratici avrebbero voluto arrivare al 75% del mix elettrico al 2035 e i cristiano-democratici avrebbero preferito fermarsi al 50-55%. Per fare un confronto con l’Italia, l’obiettivo per le rinnovabili tracciato dalla Strategia Energetica Nazionale scritta dal governo Monti è di arrivare al 35-38% dei consumi elettrici al 2020. Piuttosto modesto se si conta che siamo già ben oltre il 30%: nei primi 10 mesi del 2013 le rinnovabili italiane hanno soddisfatto il 34,2% della domanda elettrica.
Tornando alla nuova strategia tedesca, è una vittoria socialdemocratica il "no" al fracking, la controversa tecnica di estrazione per ottenere idrocarburi dagli scisti, come lo shale gas: nel documento si conferma la moratoria.
Tagli in vista poi per i costi delle rinnovabili, sulle quali la potenza europea ha investito tantissimo in questi anni: la legge per promuovere le rinnovabili, detta EEG, al momento costa in bolletta ai consumatori tedeschi circa 20 miliardi di euro. Nel documento si parla di una riforma entro l’estate 2014, con l’obiettivo di passare, dopo il 2018, ad un sistema a bandi, previa verifica (attraverso un progetto pilota) della maggiore efficacia economica del nuovo sistema.
Saranno riviste anche le esenzioni dal pagamento della componente in bolletta destinata alle rinnovabili, delle quali godono circa 2.300 aziende tedesche. Modifiche per evitare che a livello europeo lo sgravio a favore dell’industria sia considerato un aiuto di Stato. Ricordiamo che i dubbi erano molti: ultima in ordine di tempo, anche Enel ha chiesto all’Ue di considerare se la scelta tedesca di esentare l’industria dal pagamento degli incentivi alle fonti rinnovabili possa costituire un aiuto di Stato.
Elemento positivo: le esenzioni concesse alle industrie energivore tedesche saranno legate a impegni di miglioramento dell’efficienza energetica da parte delle aziende beneficiarie. Un’idea interessante anche per l’Italia, dove gli sconti per gli energivori, che pesano per circa 600 milioni di euro al’anno sulle bollette, sono criticati da molti proprio perchè disincentivano il risparmio energetico.
Nel documento programmatico, poi, si stabilisce che saranno abbassati gli incentivi per l’eolico a terra in varie regioni dove la produzione è già alta. Ridimensionate anche le ambizioni sull’eolico in mare, per il quale verranno comunque estese le facilitazioni nell’accesso al credito: il target per il 2020 non è più 10 GW di potenza installata ma 6,5 GW, mentre l’obiettivo 2030 scende da 25 a 15 GW.
Rimane la priorità di dispacciamento per le rinnovabili elettriche. Ma i produttori da fonti pulite potranno subire riduzioni della potenza cedibile in rete – fino a un massimo del 5% della produzione annuale – senza nessuna compensazione economica.
Sono previsti vari investimenti per modernizzare la rete elettrica e collegare le zone di maggior produzione a quelle di maggior consumo.
Rimarranno invece immutati gli incentivi al fotovoltaico o, per essere più precisi, rimarrà inalterato il meccanismo di degressione delle tariffe, con l’adeguamento automatico in base a un “corridoio di sviluppo prefissato”. Le tariffe feed-in tedesche, ricordiamo infatti, subiscono comunque riaggiustamenti periodici programmati, modulati in base all’andamento delle installazioni. La Germania al momento conta su circa 35 GW di potenza FV installata, si è data un tetto di 52 GW superato il quale gli incentivi cesseranno o verranno rivisitati completamente.
Nel programma c’è poi anche un meccanismo di capacity payment, per soccorrere, remunerando la potenza messa disposizione, il termoelettrico nazionale, che come in Italia è messo a dura prova dalla concorrenza delle rinnovabili. A scanso di equivoci il documento specifica infatti che "per il prossimo futuro le centrali convenzionali (da lignite, carbone e gas metano) restano elementi indispensabili nel mix energetico nazionale.” Questa frase – ricordiamo per inciso – è al centro di una polemica tra Spd e l’associazione storica del solare tedesco Sfv. Il Vorwärts, organo di partito dei socialdemocratici, dopo aver ospitato un annuncio a pagamento pro-carbone di Vattenfall, ha rifiutato la pubblicazione, sempre a pagamento, di una vignetta di Sfw sul cambiamento climatico nella quale si contestava appunto la frase dell’accordo di coalizione sull’indispensabilità di carbone e lignite. La critica dell’associazione del solare, ha risposto la testata dell’Spd suscitando l’indignazione dell’associazione del solare, “è contraria allo spirito del partito”.
Cruciale nel programma di coalizione è invece l’efficienza energetica. Il documento stabilisce di introdurre incentivi per tecnologie a risparmio energetico e sgravi per lavori di riqualificazione energetica dell’edilizia, ma non pone obiettivi vincolanti.
Nell’accordo, c’è poi il segnale che la Germania supporta misure europee per rimettere in sesto il mercato della CO2, come il backloading, che prevede di ritardare l’immissione di permessi a emettere sul mercato, con la condizione però che un provvedimento del genere sia una eccezione da applicare una tantum.
Grande assente nel programma energetico invece la politica per i trasporti, trattata come cosa separata. Pur essendo all’origine di oltre un quarto (28,6%) dei consumi finali di energia tedeschi, stranamente nell’accordo di coalizione i trasporti non sono compresi nella politica per la difesa del clima e nella Energiewende, e in materia non si stabiliscono obiettivi di efficienza, di riduzione dei consumi energetici o riduzione delle emissioni climalteranti. I maliziosi penseranno al recente scandalo sui finanziamenti della BMW al partito della Merkel, che potrebbero aver influenzato la sua pressante difesa degli interessi delle case automobilistiche tedesche, provocando a Bruxelles la decisione di rimandare l’approvazione delle nuove e più rigide regole dell’Unione europea sulle emissioni di Co2 delle auto.
L’accordo di coalizione (pdf)