Il Sulcis Iglesiente è una delle due aree d’intervento ritenute prioritarie nell’ambito delle risorse previste dal Fondo UE, e presenta al contempo un ampio potenziale geotermico
Nel suo ultimo “pacchetto d’inverno” la Commissione Europea ha indicato le priorità cui destinare il sostegno del Fondo per una transizione giusta, ovvero l’articolato meccanismo pensato all’interno del Green Deal per garantire che il passaggio ad un’economia climaticamente neutra al 2050 «avvenga in modo equo e non lasci indietro nessuno».
Per quanto riguarda l’Italia sono due le aree d’intervento ritenute prioritarie nell’ambito delle risorse previste dal Fondo per una transizione giusta: Taranto e il Sulcis Iglesiente (Carbonia e Iglesias, nel sud-ovest della Sardegna): un’area, quest’ultima, dove la geotermia potrebbe rappresentare una leva di sviluppo particolarmente importante.
L’ultima miniera italiana di carbone di Monte Sinni, nel Sulcis, dovrebbe infatti arrestare gradualmente la produzione di carbone entro il 2025; ad oggi dà lavoro a 350 dipendenti con una produzione costantemente in calo.
L’area inoltre è già caratterizzata da un’alta percentuale di abitanti anziani, pochi giovani laureati, alto tasso di disoccupazione giovanile (35,7 %), basso reddito pro capite e una qualità della vita complessivamente bassa.
Un quadro foriero di problematiche per la transizione che genera relativi fabbisogni di investimenti: in base a questa valutazione preliminare, sembra necessario che il Fondo per una transizione giusta intervenga anche in questa zona.
Si tratta di questioni che, in effetti, affliggono molte aree carbonifere in Europa.
Il rapporto EU coal regions: opportunities and challenges ahead, elaborato dal Centro Comune di Ricerca (JRC) della Commissione Europea, osserva che circa mezzo milione di persone – tra occupati diretti e non – ancora oggi lavora nel settore, ma sottolinea anche come due terzi delle centrali a carbone operative in Europa dovrebbero essere dismesse tra il 2020 e il 2030.
Non si tratta di un processo indolore: il JRC stima una perdita in questo decennio di 160mila posti di lavoro nel settore europeo del carbone.
In che modo dunque le fonti pulite potranno favorire una transizione ecologica e socialmente sostenibile nelle regioni carbonifere?
Tra i punti chiave forniti dall’analisi del JRC, emerge il ruolo della geotermia, grazie alla quale le competenze minerarie già presenti nelle regioni carbonifere potrebbero facilitare la formazione di lavoratori impiegabili nello sviluppo di questa fonte pulita.
«Le miniere chiuse e allagate presentano un buon potenziale per le risorse geotermiche a bassa entalpia», spiegano dal JRC, impiegabile utilmente per impieghi termici: riscaldamento e raffreddamento.
«Questa soluzione efficiente ed economica è stata implementata in molti paesi in tutto il mondo e ha un potenziale significativo in Europa, in particolare per il teleriscaldamento e per la creazione di comunità di post-mining sostenibili».
Ad oggi, infatti, benché il riscaldamento e il raffreddamento rappresentino circa la metà della domanda finale di energia nell’UE, per soddisfarla si ricorre principalmente ai combustibili fossili.
Da qui il potenziale offerto dalla transizione delle regioni carbonifere: «Il potenziale geotermico delle miniere di carbone sotterranee chiuse in Europa è stato stimato nell’ordine di diverse migliaia di megawatt termici (la stima iniziale proposta è 3GWth), con una riduzione stimata delle emissioni di CO2 associate all’uso delle miniere al posto delle convenzionali tecnologie di riscaldamento e raffreddamento pari a circa 5.000 tonnellate/anno».
Si tratta di una prospettiva che potrebbe offrire possibilità di sviluppo anche in Italia, ed in particolare in Sardegna, dove il bacino carbonifero del Sulcis presenta temperature a un 1km di profondità particolarmente interessanti in confronto alle restanti aree carbonifere europee.