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Geotermia, Salute, Toscana: Geotermia e salute in Toscana, cosa sappiamo dopo dieci anni di ricerca?

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ARPAT approfondisce il tema attraverso un’intervista a Fabio Voller, coordinatore dell’Osservatorio di Epidemiologia dell’Agenzia Regionale di Sanità (ARS) della Toscana

Fonte: GeotermiaNews

Autore: Redazione

L’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana (ARPAT) ha dedicato un nuovo approfondimento alla geotermia, energia rinnovabile che più di ogni altra caratterizza la Regione, affrontando il tema dal punto di vista degli eventuali riflessi sanitari, con l’aiuto di Fabio Voller, profondo conoscitore dell’ambito d’indagine: Voller è infatti il coordinatore dell’Osservatorio di Epidemiologia dell’Agenzia Regionale di Sanità (ARS) della Toscana, nonché responsabile scientifico del progetto “Gotermia e salute in Toscana” e dell’indagine InVetta, in corso sull’Amiata.

Come ricordato da Voller, l’interesse della Regione per gli eventuali riflessi sanitari della coltivazione geotermica risalgono a molti anni fa, e già nel 2007 «la direzione generale Ambiente della Regione Toscana diede il primo mandato ad ARS di effettuare degli studi sulle possibili interazioni tra sfruttamento della risorsa geotermica ed effetti sulla salute».

Si tratta del noto studio «condotto insieme al CNR di Pisa», ancora oggi ampiamente citato (anche dai comitati attivi sul territorio contro la coltivazione geotermica nell’area), sebbene da allora i metodi d’indagine si siano fatti via via più raffinati.

«Si trattava di un classico studio ecologico descrittivo – ricorda Voller – ovvero confrontare lo stato di salute dei residenti nelle aree geotermiche con quello medio regionale e/o di area di riferimento locale, utilizzando dati esistenti, ricavabili dai flussi sanitari, ed aggregati a livello comunale. Da allora i dati su base comunale sono stati costantemente aggiornati ed alimentati dai nuovi anni di mortalità e ricoveri che Ispro d Regione rendono disponibili».

Un ulteriore passo in avanti per quanto riguarda il contesto amiatino in particolare è stato compiuto attraverso l’indagine epidemiologica InVetta, attualmente in corso: Voller la definisce «un’indagine molto importante, complessa, che segue un percorso di continuo approfondimento e affinamento delle nostre metodologie di studio. In termini tecnici si dice studio cross-sectional o trasversale: si estrae un campione della popolazione generale, nel nostro caso costituito da ben 2000 persone, e su questo è prevista una serie cospicua di analisi e approfondimenti».

L’indagine è partita di fatto il 19 maggio 2007 e ha coinvolto finora 1200 partecipanti, si svilupperà ancora nei prossimi mesi, «molto probabilmente fino alla fine dell’anno».

I dati presentati il 23 aprile 2018 ad Arcidosso si basano su un campione di numerosità consistente, quasi 740 persone, e anche se naturalmente «offrono una panoramica del tutto parziale dei risultati dello studio InVetta», alcune prime indicazioni importanti sono già emerse, ad esempio in riferimento alla presenza di metalli nei campioni di sangue finora raccolti nella popolazione.

Del resto «la presenza diffusa di metalli nell’area è un fenomeno del tutto noto – ricorda Voller – e già evidenziato in altri studi del passato. Il dato che ci ha più sorpreso è quello relativo alla presenza di tallio, un metallo poco studiato ma di cui ci siamo già occupati nella vicenda di contaminazione dell’acqua potabile in alcune frazioni del comune di Pietrasanta. I livelli urinari di tallio che stiamo osservando nel nostro campione InVetta sono mediamente più alti del riferimento e per questo stiamo prevedendo una campagna straordinaria di controlli su acqua potabile e altri interventi di monitoraggio per capire la presenza di questo elemento nel territorio dell’Amiata».

In attesa che la ricerca vada avanti, cos’è però intanto possibile affermare dopo oltre dieci anni di studi sui collegamenti tra geotermia e salute in Toscana?

È lo stesso Voller a sintetizzare che «sicuramente l’Amiata, come altre zone della nostra regione, ad esempio la Versilia o la zona di Massa, soffre di un certo svantaggio da un punto di vista epidemiologico. Si tratta senza dubbio del risultato di una serie di concause che agiscono in un territorio molto complesso sotto vari punti di vista, economico, socio-culturale e ambientale. Diverso è invece il quadro sanitario dell’area geotermica tradizionale, dove i valori di mortalità e ricoveri sono in linea con la media regionale, se non addirittura migliore in alcuni momenti storici».

Un tema che anche la nostra redazione ha recentemente approfondito, avvalendosi anche in quell’occasione del supporto ARS, in un articolo che è possibile leggere qui.