La Piana di Pisa si estende su una superficie di circa mille chilometri quadrati ed è la maggiore pianura alluvionale italiana dopo la Pianura Padana. La sua storia sedimentaria, dopo un recente sondaggio, appare agli studiosi estremamente interessante sotto il profilo geotermico.
La geologia e i test
Il sottosuolo è caratterizzato da un sistema multifalda con acqua in rocce porose fessurate e portate valutate in diverse centinaia di litri al secondo in livelli di ghiaie e sabbie, a profondità variabili tra 50 e 200 metri. Tra -110 e -200 metri sono presenti acque fredde o ipotermali con temperature che raggiungono in molte aree i 24 gradi centigradi (°C). L’elemento di maggior rilievo è un serbatoio geotermico in rocce calcaree spesse 200 metri con una temperatura ipotizzata di 50 °C a una profondità di circa 650 metri nell’area di Cisanello. Alcuni test sono stati effettuati nel passato da Enel ed Eni alle porte di Pisa (San Cataldo), dove sono state trovate portate di fluido molto elevate (200 tonnellate all’ora), e nell’area di San Rossore-Tombolo, dove sono stati perforati pozzi profondi che mettono in evidenza temperature interessanti anche dal punto di vista della produzione di energia elettrica con impianti geotermici a ciclo binario (circa 130 °C a 300 metri di profondità).
Il progetto pilota Geo4P
«Il quadro che si delinea», spiega Sergio Chiacchella, direttore generale Cosvig (Consorzio sviluppo aree geotermiche), «appare quindi estremamente interessante: la risorsa geotermica presente a vari livelli nel sottosuolo della pianura pisana può essere impiegata in maniera ottimale, sia con l’impiego di pompe di calore che eventualmente per la produzione elettrica». Il consorzio, capofila del progetto di ricerca, ha sottoscritto un protocollo d’intesa denominato Geo4P nel quale sono stati coinvolti vari enti tra i quali il ministero dello Sviluppo economico, la Regione Toscana, la Provincia e l’Università di Pisa, la Scuola Superiore Sant’Anna. Si tratta di un protocollo per la realizzazione di un progetto pilota per la messa a punto di una metodologia multidisciplinare innovativa che consentirà di valutare le potenzialità geotermiche a bassissima, bassa e media temperatura della pianura alluvionale pisana.
Le ipotesi di sviluppo
Anche se solo in casi particolari si può ipotizzare l’uso della geotermia per produrre energia elettrica, praticamente ovunque si possono ottenere vantaggi economici con la combinazione di sistemi di riscaldamento e di raffrescamento, con la ricaduta di notevoli risparmi, eliminazione del consumo di combustibili fossili e riduzione di emissioni di CO2. Per quanto riguarda il territorio interessato dal progetto, nonostante esistano numerose informazioni e molti dati siano già a disposizione, occorre organizzarli e integrarli in modo sistematico e renderli accessibili alle amministrazioni locali e agli imprenditori in modo da ridurre il «rischio minerario», ossia l’incertezza che caratterizza qualunque attività che interessi il sottosuolo.
Analisi e gestione
«La messa a punto di questa metodologia progettuale consentirà di esportare le tecniche di analisi (geologiche ed energetiche) elaborate in contesti comuni ad altre aree simili, nonché di testare ed elaborare metodologie e strumenti finora non utilizzati in modo sistematico e multisettoriale», spiega Loredana Torsello, direttrice di EnerGea, la struttura che svolgerà un ruolo tecnico-gestionale dell’intero progetto. Lo studio fornirà risultati che potranno essere messi a disposizione degli amministratori locali per avviare un processo di integrazione dei dati idrogeologici ed energetici all’interno degli strumenti di pianificazione territoriale. L’Università di Pisa curerà le attività scientifiche e di ricerca. I lavori saranno completati in 18 mesi.