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Geotermia: La Turchia punta sulle acque di scarto geotermiche per migliorare l’irrigazione dei campi

Secondo la ricerca in corso all’Istituto di Tecnologia di İzmir questi fluidi ricchi di minerali potrebbero aumentare la produzione agricola, nel rispetto dell’economia circolare

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Secondo la ricerca in corso all’Istituto di Tecnologia di İzmir questi fluidi ricchi di minerali potrebbero aumentare la produzione agricola, nel rispetto dell’economia circolare


L’Istituto di Tecnologia di İzmir (İyte) in Turchia – insieme all’Università EGE e al Centro di ricerca scientifica della Turchia (Tubitak) – sta studiando la possibilità di riutilizzare le acque reflue degli impianti geotermici per l’irrigazione grazie al progetto Water-energy-food connection: geothermal water for agricolture.

Una prospettiva che si è conquistata l’attenzione del progetto europeo GEOENVI, che ne dà conto sulle proprie pagine.

Nell’ambito del progetto i fluidi geotermici e ricchi di minerali, utilizzati per produrre elettricità e calore, in uscita dalle centrali geotermiche verranno prima trattati per eliminare eventuali sostanze potenzialmente nocive e poi raffreddate per essere utilizzate come acqua di irrigazione in agricoltura: la prima prova sul campo, è il caso di dire, è previsto tra marzo e aprile 2021.

«L’abbiamo testato nella produzione di pomodori, ma ora stiamo lavorando su diversi tipi di piantagioni – spiega Alper Baba, coordinatore del progetto presso l’İYTE – Le piante e il suolo necessitano di minerali. Se dai alle piante un fluido pulito e ricco di minerali, acceleri la loro crescita e aumenti la resa in modo naturale. Così, se il progetto avrà successo, aumenteremo le rese in agricoltura con un metodo naturale e riducendo la necessità di fertilizzanti».

Un processo perfettamente in linea coi principi dell’economia circolare come già avviene, in settori diversi, in altri paesi geotermici.

In Islanda l’impiego delle acque di scarto delle centrali geotermoelettriche alimenta ad esempio una florida industria turistica sull’isola, con l’esempio universalmente noto della Blue Lagoon: una delle attrazioni turistiche più visitate dell’isola scandinava a altro non è che un’area geotermale con una piscina artificiale alimentata dalle acque di scarto del vicino impianto geotermico di Svartsengi; le acque calde sono ricche di minerali come il silicio e lo zolfo, per cui il bagno nella Laguna Blu è considerato utile per la cura di malattie della pelle.

In Toscana, dove gli impatti ambientali delle centrali geotermiche sono sottoposti a controlli stringenti, il fluido geotermico (una miscela di vapore e/o acqua e gas in condensabili, in primis la CO2 prodotta naturalmente nel sottosuolo) viene estratto dal serbatoio per essere convogliato verso la centrale e qui separato in due fasi, liquida e gassosa: la parte gassosa viene espansa in turbina per produrre energia elettrica e successivamente condensata, con la fase liquida ottenuta dalla condensazione che viene reiniettata nel serbatoio geotermico, insieme all’eventuale fase liquida erogata direttamente dai pozzi di produzione. In questo modo si procede a una parziale ricarica del campo geotermico: per questo si parla di “coltivazione” e non di semplice “sfruttamento” della risorsa geotermica, in modo da renderne sostenibile l’uso nel tempo.

I gas incondensabili presenti nel fluido geotermico, dopo trattamento tramite Amis per abbattere drasticamente le sostanze nocive presenti (come l’H2S), escono dalle torri refrigeranti insieme al vapore acqueo nel processo di raffreddamento (dove trovano impiego le acque di condensa). La reiniezione dei fluidi geotermici avviene invece nelle stesse formazioni geologiche profonde o comunque al di sotto di falde utilizzabili per scopo civile o industriale.