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Geotermia: La Regione Toscana punta sulla crescita. Rossi: «Può passare dal 30 al 60%»

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L’intervento del governatore al Mandela Forum, durante il 23esimo Meeting dei diritti umani


La geotermia è la fonte energetica rinnovabile che più di ogni altra caratterizza la Toscana: indigena da sempre sul territorio, è qui che ha visto lo sviluppo – per la prima volta al mondo, oltre due secoli fa – delle tecnologie necessarie per impiegarla a fini industriali.

Tecnologie che, nel corso dei decenni, si sono via via perfezionate (dalla mera perforazione dei pozzi per l’estrazione dei fluidi geotermici si è passati, ad esempio, alla coltivazione del bacino, attraverso anche processi di reiniezione, in modo da rendere sostenibile la produzione di energia e assicurare la rinnovabilità della risorsa) fino a giungere alla legge 7/2019 approvata dalla Regione che impone ulteriori innovazioni di carattere ambientale.

Ed è proprio in quest’ottica che la geotermia toscana può crescere ancora.

L’invito rivolto dal presidente Enrico Rossi al Mandela Forum – durante il 23esimo Meeting dei diritti umani che ha chiamato a raccolta oltre 7000 studenti -, è stato infatti quello di portare avanti una lotta efficace ai cambiamenti climatici basata sulla scienza.

Rossi ha poi colto l’occasione per annunciare che, dopo la pausa natalizia, la Regione presenterà il Piano d’Azione per provare a rendere la Toscana carbon neutral già entro il 2030, agendo su un doppio binario.

Da una parte, lavorando da una parte sull’assorbimento della CO2 grazie alla piantumazione di nuovi alberi, e, dall’altra, puntando alla riduzione delle emissioni grazie all’intervento su più fronti: risparmio energetico, economia circolare, mobilità dolce e appunto geotermia.

«La geotermia – ha dichiarato Rossi – è un’energia alternativa, soprattutto se si catturano le emissioni di CO2 come stiamo facendo, quindi può passare dal 30 al 60% (come contributo al fabbisogno elettrico regionale, ndr), compresa la bassa e la media entalpia».

E proprio gli ultimi dati forniti da ARPAT confermano come nel 2018 la produzione geotermoelettrica di 5.708,2 GWh fornita dai 36 gruppi geotermoelettrici produttivi presenti in Toscana sia riuscita a coprire il 29,2% del fabbisogno elettrico regionale, riaffermando come questa risorsa rinnovabile sia «un’importante fonte energetica alternativa, anche in considerazione del fatto che il calore geotermico è utilizzato per usi plurimi, tra i quali il teleriscaldamento di abitazioni e serre».

All’interno della strategia che la Regione sta delineando, il contributo fornito dalla geotermia potrà dunque aumentare sensibilmente: sia attraverso l’impiego di risorse a bassa e media entalpia (ovvero con fluidi geotermici a temperatura minore di 90°C e compresa tra i 90°C e i 180°C, rispettivamente) sia attraverso la realizzazione di nuove centrali geotermoelettriche funzionali alla cattura e al re-impiego della CO2 a fini agro-alimentari, come previsto dalla nuova legge regionale.

«Poi c’è l’altra faccia della medaglia – conclude Rossi –, le azioni di assorbimento della CO2 che abbiamo già rilasciato. L’obiettivo a cui stiamo già lavorando è quello della piantumazione di alberi nella Piana, tra Firenze e Prato. Vogliamo sviluppare un piano che consenta di piantumare attorno a Firenze tanti alberi così da consentire di diminuire la CO2 e ripulire aria in modo decisivo. Grazie a tutte queste azioni la Toscana insieme a poche altre regioni a livello europeo può darsi ragionevolmente l’obiettivo di neutralità di emissioni entro il 2030, una cosa importante per combattere i cambiamenti climatici e creare una prospettiva per il futuro».