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Geotermia: la fonte rinnovabile a minor consumo di suolo

Con 7,5 km quadrati per TWh/anno prodotti, il geotermico ha un impatto cinque volte più basso del fotovoltaico sotto questo profilo

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Con 7,5 km quadrati per TWh/anno prodotti, il geotermico ha un impatto cinque volte più basso del fotovoltaico sotto questo profilo


Un recente rapporto sugli impatti dei cambiamenti climatici negli Stati Uniti, frutto dell’US Global Change Research Program – un’iniziativa congiunta di molti dipartimenti federali oltre a enti come la NASA – mostra che la geotermia è una tra le migliori fonti energetiche in assoluto per minimizzare gli impatti, collegati al suo impiego, in termini di uso del suolo.

Guardando alle fonti rinnovabili il primato è assoluto, con una performance largamente migliore rispetto al solare e l’eolico per non parlare dei biocarburanti; allargando il quadro d’osservazioni anche alle altre fonti, invece, la geotermia sotto questo profilo viene battuta solo dal nucleare.

«Con 7,5 km quadrati per TWh/anno prodotti, il geotermico – sintetizzano da ThinkGeoenergy – mostra chiaramente il suo uso meno impattante del terreno, con il solare termico che utilizza il doppio del terreno per TWh generato di elettricità, il solare fotovoltaico circa il quintuplo e l’energia eolica quasi dieci volte tanto».

Un problema, quello del consumo di suolo, che si pongono anche negli Stati Uniti nonostante gli ampi spazi a disposizione, ma che vale molto di più in un contesto assai più ridotto come la Toscana.

Nei giorni scorsi ad esempio la Regione ha manifestato la propria contrarietà alla realizzazione di un impianto fotovoltaico a Manciano (Gr): per 62,3 MW di potenza che occuperebbe 110 ettari.

Naturalmente la migliore performance garantita dalla geotermia sul consumo di suolo non significa poter fare a meno di tutte le altre fonti, in quanto un sistema basato sulle rinnovabili si basa per definizione sulla loro efficiente integrazione.

Piuttosto sottolinea la necessità di condurre analisi ad ampio spettro – come quelle garantite da un approccio LCA – per arrivare a una maggiore consapevolezza degli impatti e dei guadagni ambientali (oltre che socio-economici) in gioco.

Il percorso verso lo sviluppo sostenibile persegue infatti un bilanciamento equilibrato tra questi fattori più che un utopico “impatto zero”: «Ogni opzione per ridurre le emissioni di gas serra implica compromessi che influenzano le risorse naturali, i sistemi socioeconomici e l’ambiente edificato», sottolinea nel merito anche il rapporto USA.