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Geotermia, la Cenerentola delle rinnovabili chiede aiuto al Governo

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Quando si parla di rinnovabili si tende a pensare subito al solare, dimenticando che non solo sopra di noi, ma anche sotto i nostri piedi c’è un grande giacimento di calore, in gran parte inutilizzato.

Fonte: La Stampa.it

Autore: Veronica Ulivieri

La quantità di energia termica generata e conservata nel nucleo, nel mantello e nella crosta terrestri, a cui si aggiunge il calore solare assorbito in superficie, è enorme. Eppure, la geotermia è ancora oggi la Cenerentola delle fonti rinnovabili, per la quale potrebbe, tra l’altro, arrivare un’ulteriore diminuzione degli incentivi. «Siamo in attesa di risposte dal Governo. Noi pensiamo che non sia il momento di ridurli, visto che dopo il decreto Liberalizzazioni sono aumentate le richieste per ricerche geotermiche sul territorio. Gli incentivi, inoltre, anche in questo settore, favoriscono gli investimenti stranieri in Italia», spiega Walter Grassi, presidente dell’Unione Geotermica Italiana (Ugi) e docente al dipartimento di Energetica dell’Università di Pisa.
Le premesse per un serio sviluppo dell’energia geotermica, nel nostro Paese – uno dei più adatti al mondo – ci sarebbero praticamente tutte. «L’Italia – spiega l’Ugi – è un Paese a forte vocazione geotermica, ricca di ogni tipo di risorsa, per cui il suo potenziale può essere valorizzato molto più di quanto fatto fino ad ora. Si tratta di risorse sostenibili, quasi sempre rinnovabili, compatibili ovunque con l’ambiente, e ora anche economicamente convenienti – a tutti i livelli di temperatura». Sì, perché se nelle poche aree in cui la temperatura terrestre supera i 90 gradi è possibile convertire l’energia termica in energia elettrica (basti pensare ai soffioni boraciferi di Larderello, in provincia di Pisa), in tutte le altre zone, attraverso semplici pompe geotermiche, si può sfruttare il calore del terreno anche a temperature molto basse, fino a 15 gradi, per il riscaldamento e il raffrescamento degli edifici. Ed è proprio quest’ultimo il settore con le prospettive di sviluppo più ampie. Su cui però, continua Grassi, «l’Italia è un po’ indietro. Dal punto di vista tecnologico non c’è molto da scoprire, perché le sonde geotermiche non sono tecnologie particolarmente sofisticate, mentre qualcosa in più da imparare c’è nell’ambito della progettazione. Ma il grande problema italiano riguarda le autorizzazioni. Nel nostro Paese c’è una frammentazione di competenze tra i diversi enti locali che rallenta di molto gli iter autorizzativi per gli impianti».
Un sintomo di questa lentezza cronica è l’assenza di regole per l’installazione delle pompe. «Gli operatori del settore – continua Grassi – attendono l’emanazione del decreto ministeriale di attuazione del D.Lgs. 28/2011, che deve indicare le prescrizioni per la posa in opera degli impianti di produzione di calore da risorsa geotermica, destinati al riscaldamento e alla climatizzazione di edifici, e individuare i casi in cui si applica la Procedura Abilitativa Semplificata (PAS)». Un provvedimento di competenza dei Ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico, già in ritardo, secondo il “ritardometro” del Kyoto Club, di 262 giorni, visto che il termine per presentarlo è scaduto il 27 giugno scorso.
Eppure, le prospettive di sviluppo sono buone e molto positive sarebbero le ricadute in termini di taglio delle emissioni. Secondo le stime dell’Ugi, infatti, «la frazione di energia termica prodotta con pompe di calore geotermiche crescerà progressivamente fino a quasi il 20% nel 2030». Anno in cui la geotermia potrebbe coprire circa il 2% dei consumi totali di energia. «Non è una percentuale alta, ma se consideriamo che il 3% dell’energia oggi è consumata dall’agricoltura, ci rendiamo conto che si tratta comunque di un contributo significativo», commenta Grassi. In termini ambientali, si risparmierebbero, al 2030, tra le 3,4 e le 4,4 MTEP (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio), con una riduzione di emissioni inquinanti tra 9,7 e 12,8 milioni di tonnellate di Co2 rilasciate nell’atmosfera.
La geotermia potrebbe inoltre essere una valida soluzione all’isteria da carenza di gas che immancabilmente si abbatte ogni anno sul nostro Paese al primo fiocco di neve. «Gli eventi del mese scorso – sottolinea il presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi, Gian Vito Graziano – hanno riacceso i riflettori sulla necessità di sviluppare in Italia anche le fonti alternative, come la geotermia a bassa entalpia. Una tecnologia che potrebbe fornire un contributo davvero rilevante producendo energia termica in grado di soddisfare parte del fabbisogno nazionale durante il periodo invernale, con notevoli vantaggi energetici, ambientali ed economici».