La crisi economica ha colpito anche il mercato mondiale della geotermia che ha registrato una crescita modesta nel corso del 2009: solo dieci i progetti che sono stati avviati in un numero limitato di Paesi per una potenza complessiva di 405 MW. Le ragioni vanno cercate nell’elevato costo degli investimenti rispetto a fonti oggi più in voga nel campo delle energie rinnovabili e più sovvenzionate, e negli alti rischi finanziari collegati alle fasi iniziali di sviluppo.
Ma la ripresa sembra essere alle porte. Secondo un rapporto fornito da ABS Energy Research, la situazione sta, infatti, evolvendo rapidamente anche in questo comparto delle rinnovabili, e il mercato mondiale – per effetto delle incentivazioni adottate o proposte in diversi Paesi- è quindi destinato a crescere velocemente anche per la geotermia.
Secondo le previsioni del rapporto di ABS Energy Research, tra il 2010 e il 2015, la capacità installata a livello mondiale aumenterà del 78% passando dai 10.711 MW della fine del 2009 a oltre 19.000 del 2015.
I paesi che maggiormente traineranno questa crescita saranno, in particolare, Stati Uniti, Filippine e Indonesia. Anche il Kenya e il Cile dovrebbero avere un ruolo da protagonisti in questo nuovo mercato geotermico.
Il Paese africano è, infatti, ricco di risorse geotermiche e, anche per rispondere alla crisi dell’idroelettrico determinata negli ultimi tre anni da situazioni di prolungata siccità, ha costituito una compagnia statale (Geothermal Development Company) che ha come obiettivo lo sfruttamento di queste risorse e che dovrebbe realizzare progetti di sviluppo per circa 2.000 MW entro il 2020, quando in programma vi sono 5.000 MW installati al 2030.
Il Cile da parte sua, si delinea come il paese destinato a emergere nel settore geotermico nel continente sudamericano e sta già raccogliendo l’interesse di investitori e sviluppatori esteri.
Enel Green Power, ad esempio, in collaborazione con la compagnia petrolifera nazionale cilena (ENAP), ha in corso di sviluppo ben cinque progetti nel Paese.
Non solo eolico e fotovoltaico sembrano quindi settori in forte crescita quando si parla di energie carbon free ma lo sviluppo riguarda tutte le fonti energetiche rinnovabili.
Una realtà molto complessa e variegata che comprende settori e mercati tra loro differenti ma che si dimostrano accumunati da prospettive di crescita molto elevate nei prossimi anni.
Con un saldo che si preannuncia positivo non solo per la produzione energetica ma anche per l’occupazione.
Ises Italia ha stimato recentemente che a fronte di un investimento di circa 80 miliardi di euro nei prossimi dieci anni, il settore della produzione di energia da fonti rinnovabili potrebbe determinare la creazione di circa 200mila posti di lavoro e, nella stima più ottimistica, arrivare fino a 250mila.
Ma gli impegni presi finora dalle economie ricche del pianeta sono ancora lontani rispetto a quanto sarebbe necessario per intraprendere il percorso verso un sistema energetico davvero sostenibile.
A dirlo è il numero uno dell’Agenzia internazionale dell’energia (Iea) Nobuo Tanaka, che ha presentato il rapporto annuale World Energy Outlook, sottolineando l’importanza dell’azione dei governi.
Una scelta che si rende necessaria per evitare i rischi del cambiamento climatico legati all’inazione, ma che offre anche importanti opportunità.
«Abbiamo bisogno di utilizzare l’energia in modo più efficiente – ha detto Tanaka – e abbiamo bisogno di liberarci dalla dipendenza ai combustibili fossili con l’adozione di tecnologie più pulite».
Quest’anno lo scenario centrale del World Energy Outlook tiene conto degli impegni sino ad oggi annunciati a favore di uno sviluppo energetico più sostenibile dai paesi di tutto il mondo. In questa prospettiva la domanda di energia primaria aumenta del 36% tra il 2008 e il 2035 con un tasso medio di 1,2% l’anno. Ma che risulta ridotta, comunque, rispetto al trend degli ultimi 27 anni, in cui la crescita è stata pari al 2% l’anno.
Nello scenario considerato, il 93% dell’aumento della domanda mondiale è dovuto alla richiesta di energia dei paesi non-Ocse, di cui solo il 36% da parte della Cina; i combustibili fossili risultano dominanti nel mix energetico globale ancora per qualche decennio, ma la quota è destinata a decrescere a vantaggio delle fonti rinnovabili. In particolare, impianti idroelettrici, eolici, solari, geotermici, a biomassa e a energia marina passeranno dall’attuale 7% al 14% della domanda di energia primaria al 2035. Sempre secondo questo scenario, il sostegno pubblico a favore delle rinnovabili aumenterà da 57 miliardi dollari nel 2009 a 205 miliardi di dollari entro il 2035.
Tuttavia, secondo il World Energy Outlook, non sarebbe raggiunto l’obiettivo contenuto nell’accordo di Copenaghen di limitare l’aumento della temperatura media globale al di sotto dei 2 ° C, ma si potrebbe avere un probabile aumento della temperatura media di oltre 3,5 ° C.
Visto l’aumento della domanda di combustibili fossili, la concentrazione dei gas serra arriverebbe, infatti, a stabilizzarsi a 650 parti per milione (ppm) di CO2 equivalente anziché ai 450 ppm indicati.
La Iea analizza dunque le opportunità offerte dallo scenario di una concentrazione della CO2 a 450 ppm. Per ottenerlo servirebbero obiettivi più ambiziosi e una più rapida rimozione delle sovvenzioni ai combustibili fossili concordati dal G-20 (pari solo nel 2009 a circa 312 miliardi di dollari). In questo scenario, la quota di rinnovabili e nucleare nel mix energetico raggiungerebbe il 38% nel 2035.
Anche se, ha evidenziato Nobuo Tanaka «la mancanza di ambizione negli impegni presi a Copenaghen ha aumentato il costo da noi stimato per il raggiungimento dell’obiettivo dei 2 ° C a 1.000 miliardi di dollari.>>
Un fattore che, ha concluso Tanaka, «rende comunque molto improbabile il raggiungimento di questo target».