Manzella: «I limiti allo sviluppo sono dettati da una difficoltà organizzativa». Incentivi fermi, normative da semplificare e fiducia da recuperare i punti dolenti
In ambito europeo il mercato della geotermia sta attraversando nel suo complesso un momento molto florido, come evidenziato dal Consiglio Europeo per la Geotermia (EGEC) nel suo European geothermal market report 2019, appena pubblicato.
Le centrali geotermoelettriche vanno verso il raddoppio, i teleriscaldamenti geotermici hanno il vento in poppa mentre le pompe geotermiche hanno superato quota 2 milioni di installazioni.
Eppure proprio in Italia, ovvero proprio il Paese dove le tecnologie geotermiche hanno visto la luce per la prima volta oltre due secoli fa, il comparto stenta a trovare una nuova via di sviluppo.
Come mai?
Ne abbiamo parlato con Adele Manzella, Primo ricercatore all’Istituto di Geoscienze e Georisorse (IGG) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) di Pisa, presidente dell’Unione Geotermica Italiana (Ugi) e coordinatrice nazionale per l’EGEC.
L’European geothermal market report 2019 mostra rapidi progressi nell’impiego della geotermia in Europa, ma con ampie differenze regionali: sinteticamente, qual è il quadro della situazione in Italia?
«Direi che il report mostra chiaramente come l’Italia brilla per le grandi risorse che ha, non per i rapidi progressi nel loro impiego. Nel settore elettrico i nuovi progetti fanno una grande fatica ad avanzare persino per dimostrare tecnologie super-green, gli incentivi sono per ora oltre la linea dell’orizzonte e le aziende italiane producono e vendono troppo poco in geotermia. L’applicazione più efficace nel settore termico è il teleriscaldamento geotermico, che ha visto un aumento di impianti e produzione, mentre languono ancora le applicazioni con pompa di calore geotermica».
L’Italia è stato il primo Paese al mondo, oltre due secoli fa, a sviluppare le tecnologie geotermiche. Crede che ci siano ancora margini di sviluppo sia per quanto riguarda la produzione di elettricità che per l’uso diretto del calore?
«Non c’è alcun dubbio che ci siano i margini tecnici. Nel settore elettrico lo dimostrano i numerosi progetti in fase di richiesta, l’interesse è evidente. A maggior ragione ci sono ampi margini per il progredire di applicazioni termiche, che richiedono risorse a temperature più basse, per non parlare degli impianti di climatizzazione con pompe di calore, installabili in quasi tutto il territorio nazionale. I limiti allo sviluppo sono dettati da una difficoltà organizzativa, direi».
Come pensa sia possibile favorire il superamento delle varie sindromi Nimby e Nimto che bloccano lo sviluppo delle fonti rinnovabili – geotermia compresa – nel nostro Paese?
«Già in altre occasioni ho risposto a domande analoghe, dicendo che occorre ristabilire la fiducia e coinvolgere maggiormente e più efficacemente i territori e i cittadini nei processi decisionali. E consolidare le informazioni, spesso carenti e di parte. Aggiungo un mio personale sogno: curare l’estetica degli impianti, creare un “Italian style”, uno spettacolo così bello da far venire la voglia di averne di più. Collegato anche ad una bella filiera industriale italiana, naturalmente, che contribuisca alla bellezza in Italia ed esporti in tutto il mondo».
L’European geothermal market report 2019 mette l’accento sull’importanza delle giuste politiche e giuste condizioni di mercato per lo sviluppo della filiera geotermica. Quali ritiene siano, sotto questo profilo, le principali lacune da colmare in Italia?
«In UGI abbiamo fatto varie proposte operative. Un maggiore sostegno alle tecnologie termiche è doveroso, considerato che il settore termico consuma oltre la metà dell’energia in Italia e le fonti rinnovabili forniscono solo il 20% dell’energia consumata. In particolare, la geotermia potrebbe produrre molto di più a fronte di incentivi economici (quali fondi di garanzia per gli investitori, sgravi per i consumatori), di normative che facilitino le installazioni delle pompe di calore geotermiche ed investimenti a chi fa ricerca e innovazione per rendere il settore più all’avanguardia. La grande lacuna da colmare in Italia nel settore elettrico è presto detta: il decreto FER2 ed il rispristino degli incentivi agli impianti geotermici, anche a rafforzare sviluppi tecnologici volti a performance ambientali sempre maggiori. Ma non basta, se l’azione non è accompagnata anche da una accelerazione dei tempi di autorizzazione agli impianti e da tariffe elettriche stabili sul medio-lungo periodo. Occorre una pianificazione completa, insomma».