Hierapolis è una città ellenistico-romana della Frigia, le cui rovine si trovano nell’odierna località di Pamukkale nella provincia di Denizli in Turchia, famosa per le sue sorgenti calde di origine geotermica che formano concrezioni calcaree.
Fondata probabilmente da uno dei successori di Alessandro Magno, Hierapolis divenne una delle più ricche città dell’Asia Minore di età romana e – soprattutto – per gli importanti culti religiosi intorno alla grotta del Plutonio, descritto per la prima volta da Strabone e Plinio come una porta per gli Inferi.
Proprio il nome della città, Hierapolis, significa “la città santa” per via delle tradizioni religiose sorte intorno a questa grotta sacra; a svelarne il mistero sono stati nel 2013 i ricercatori dell’Università del Salento guidati da Francesco D’Andria – nel glorioso solco della Missione archeologica italiana di Hierapolis di Frigia (MAIER), attiva dal 1957 –, che hanno scoperto il Plutonium: il tempio collegato alla grotta, porta verso l’Ade e meta di pellegrini del mondo antico.
E ancora oggi Hierapolis di Frigia è uno dei siti archeologici e naturalistici più frequentati del Mediterraneo, con circa 1,5 milioni di visitatori all’anno.
Qui i sacerdoti eunuchi portavano a compimento sacrifici animali, e a svelare come è un nuovo studio appena pubblicato su Archaeological and Anthropological Sciences dai ricercatori capitanati da Hardy Pfanz dell’università tedesca di Duisburg-Essen.
Tori, montoni e uccelli morivano durante le cerimonie religiose a causa delle elevate concentrazioni di CO2 provenienti dal sottosuolo, in grado di arrivare al 91%; si tratta di vapori che ancora oggi sono emessi in modo naturale dal sottosuolo geotermico a causa del degassamento, in concentrazioni che continuano ad uccidere insetti, uccelli e mammiferi.
Durante i sacrifici rituali gli animali morivano, i sacerdoti no: duemila anni fa solo le forze soprannaturali potevano spiegare questi fenomeni legati alle profondità dell’Ade, mentre oggi abbiamo nozione del degassamento della CO2, e sappiamo che la sua concentrazione arriva a livelli in grado di uccidere nelle prime decine di centimetri a partire dal suolo.
Quanto bastava per uccidere gli animali e lasciare indenni i sacerdoti, più alti.
Arriva così dalla Storia una nuova prova dei legami che, in passato, legavano i luoghi geotermici al mondo del Sacro e dell’Oltretomba.
Non a caso il luogo dove oggi sorge Larderello, in Toscana, è ancora noto come la Valle del Diavolo, e pare che addirittura proprio a questi luoghi Dante Alighieri si sia ispirato per descrivere l’Inferno nella sua Comedia.
Come già abbiamo ricordato sulle nostre pagine, fino a due secoli fa il territorio dove oggi sorge Larderello sembrava un luogo uscito dall’inferno: le manifestazioni geotermiche naturali, come sbuffi e getti di vapore, capaci di raggiungere i 160 °C diffondevano nell’aria il caratteristico odore sulfureo, evocativo di demoniache presenze.
Il paesaggio risultante era brullo, spoglio di alberi come di anime, e a Larderello è stata proprio la coltivazione geotermica che ha consentito di cambiare le cose, addomesticando per la prima volta al mondo la geotermia a fini ed usi industriali, prima prevalentemente chimici, oggi prevalentemente elettrici.
Ancora oggi Pomarance è il Comune con la più alta produzione di energia geotermica al mondo, e vi si produce il 40% di tutta quella toscana.
A livello internazionale, invece, non deve sorprendere che la Turchia occupi oggi un ruolo di primo piano nello sviluppo della geotermia: guardando alle centrali geotermoelettriche europee i maggiori incrementi in termini di potenza installata negli ultimi anni sono stati registrati in Turchia, dove si è concretizzata una crescita da 220 a 870 MW tra il 2012 e la fine del 2016.
Risultati che continuano a migliorare, nonostante i fluidi endogeni turchi siano spesso caratterizzati da un relativamente alto e continuo rilascio naturale di CO2, ovvero in una maggiore impronta carbonica dell’energia prodotta da quelle centrali geotermiche; per questo in Turchia grazie a finanziamenti europei si sta studiando il potenziale uso commerciale della CO2 prodotta dagli impianti.
E, anche in questo frangente, non è un caso che la Toscana si sia mossa in anticipo sullo stesso fronte, decidendo nel 2014 di non rilasciare più concessioni alle aziende che vogliano coltivare l’anidride carbonica estraendola dal sottosuolo, puntando piuttosto a valorizzare un accordo già esistente con Enel che permette di raccogliere gratuitamente la CO2 dagli impianti di abbattimento AMIS installati sulle centrali geotermolettriche.