AIRU: «Attualmente le oltre 300 reti di teleriscaldamento esistenti nel nostro Paese distribuiscono all’utenza finale circa 9,3 TWh termici», ma i margini di sviluppo sono ampi
Il teleriscaldamento – soprattutto se permette di recuperare calore di scarto o da fonti rinnovabili, come la geotermia – rappresenta uno strumento fondamentale per migliorare la qualità dell’aria che respiriamo e per contribuire a frenare l’avanzata dei cambiamenti climatici.
Uno strumento per il quale in Italia restano ampie le possibilità di sviluppo, come mostrano i dati presentati da AIRU (l’Associazione Italiana Riscaldamento Urbano), in collaborazione con Utilitalia (la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche) durante il webinar “Il futuro del teleriscaldamento in Italia”.
La climatizzazione degli edifici è un elemento centrale nei consumi energetici: in Europa, ad esempio, soddisfare questo bisogno significa assommare il 47% dei consumi finali di energia nell’Ue, che solo al 19% vengono però coperti da fonti rinnovabili.
Con evidenti conseguenze sotto il profilo delle emissioni climalteranti, ma anche di quelle inquinanti: le analisi ARPAT, ad esempio, mettono in evidenza che il 70% del Pm10 primario è prodotto proprio dal riscaldamento domestico.
Partendo da questo contesto di riferimento, il teleriscaldamento permette di conseguire importanti vantaggi.
«Come migliaia di esperienze in Italia ed in Europa dimostrano, il teleriscaldamento – sottolinea il presidente di AIRU, Lorenzo Spadoni – è una tecnologia sperimentata e flessibile, immediatamente disponibile per accompagnare la transizione energetica delle nostre città con rilevanti benefici ambientali sia sul fronte del contrasto alle emissioni di gas clima-alteranti, sia della lotta all’inquinamento nelle aree densamente popolate del nostro paese».
A dimostrarlo c’è lo studio scientifico commissionato da AIRU ai Politecnici di Milano e Torino sul potenziale di sviluppo del teleriscaldamento efficiente in Italia e sui benefici ambientali ed energetici per il nostro Paese.
Come spiegano dall’Associazione, a fronte di una domanda nazionale di calore di circa 330 TWh, attualmente le oltre 300 reti di teleriscaldamento esistenti nel nostro Paese distribuiscono all’utenza finale circa 9,3 TWh termici, con 1,7 milioni di tonnellate di CO2 di emissioni evitate ogni anno: ebbene, lo studio stima che a livello nazionale siano presenti oltre 100 TWh di calore di scarto pronti per essere veicolati tramite il teleriscaldamento efficiente, con un potenziale pari a 37,6 TWh, ossia oltre 4 volte la dimensione dei sistemi di teleriscaldamento oggi presenti.
«Il PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima, ndr) e le più recenti normative europee individuano nello sviluppo del teleriscaldamento efficiente uno degli strumenti principali per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al 2030, in particolare – sottolineano dall’AIRU – se ottenuto attraverso il recupero del calore di scarto da attività produttive, dal settore terziario e da impianti di produzione di energia, oltre che da fonti rinnovabili come la geotermia e il solare termico».
È dunque utile interrogarsi su quali possano essere le leve da mettere in moto per favorire lo sviluppo delle reti di teleriscaldamento nel Paese.
A tale proposito il sottosegretario al ministero per lo Sviluppo Economico, Alessia Morani, ha rinnovato l’impegno del Governo per aggiornare gli strumenti di sostegno allo sviluppo del teleriscaldamento efficiente e completare il quadro normativo di riferimento per gli operatori del settore.
Tra i temi all’attenzione, l’auspicata correzione del Superbonus recentemente introdotto dal decreto-legge Rilancio che, come noto, limita ai soli Comuni montani l’accesso al 110% in caso di allacciamento al teleriscaldamento efficiente.
Sulla stessa linea il deputato Luca Squeri, che, nel proprio intervento, si è soffermato sull’opportunità che il teleriscaldamento rientri a pieno titolo e senza restrizioni per tutto il territorio nazionale tra gli interventi ammessi al 110%: «La limitazione ai soli Comuni montani – commenta Squeri – è un controsenso perché il teleriscaldamento efficiente è più efficace proprio nei contesti urbani laddove il problema degli inquinanti locali è più sentito».