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Geotermia: GEOENVI apre agli stakeholder per valutare in modo obiettivo gli impatti ambientali

Nel seminario organizzato da CoSviG insieme ai partner italiani del progetto europeo, la prima occasione per condividere il lavoro svolto sinora e affinare gli strumenti di analisi LCA

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Nel seminario organizzato da CoSviG insieme ai partner italiani del progetto europeo, la prima occasione per condividere il lavoro svolto sinora e affinare gli strumenti di analisi LCA


È arrivato a un punto di svolta il progetto di ricerca europeo GEOENVI, che nasce per rispondere alle preoccupazioni ambientali legate all’impiego della geotermia profonda offrendo agli stakeholder – in primis operatori economici, decisori pubblici e strutture autorizzative – nuove e più rigorose metodologie per l’analisi dell’intero ciclo di vita (LCA) degli impianti geotermici.

Il progetto è iniziato nel novembre 2018 e si chiuderà alla fine dell’aprile 2021: il webinar organizzato il 5 novembre da CoSviG in collaborazione con gli altri partner italiani del progetto ha permesso di condividere i risultati finora raccolti, e ha rappresentato la prima occasione di ampio confronto con gli stakeholder per migliorarli ulteriormente.

La dott.ssa Loredana Torsello e il dott. Dario Bonciani, di CoSviG

Nel corso del webinar, dopo i saluti d’apertura affidati a Loredana Torsello – responsabile CoSviG per i Progetti Internazionali, che ha tenuto le fila dell’evento – sono intervenuti Giampaolo Manfrida, professore al dipartimento di Ingegneria industriale dell’Università di Firenze; Maria Laura Parisi, ricercatrice al dipartimento di Biotecnologie, chimica e farmacia dell’Università di Siena; Lorenzo Tosti e Nicola Ferrara, ricercatori post-doc al Consorzio Interuniversitario per lo Sviluppo dei Sistemi a Grande Interfase (CSGI); Dario Bonciani, che si occupa di Progetti internazionali e geotermia per CoSviG.

«In alcuni Paesi esiste una percezione negativa della geotermia – ha spiegato Manfrida in avvio del webinar – che frena la possibilità di valorizzare questa risorsa rinnovabile», frutto di un dibattito mediatico che tende ad evidenziare le criticità associate alle performance ambientali degli impianti a scapito dei benefici, che sfocia in resistenze da parte delle popolazioni locali ed alcuni decisori politici assimilabili a sindromi Nimby e Nimto (Nimby: Not In My Back Yard, non nel mio cortile; Nimto, not in my terms of office, non nel mio mandato elettorale; ndr). Per superare queste difficoltà non serve minimizzare gli impatti ambientali associati alla coltivazione della geotermia, semmai l’opposto: «Occorre valutarli in modo oggettivo».

È il percorso scelto da GEOENVI attraverso un approccio LCA (Life Cycle Assessment) – riconosciuto dalla Commissione UE come lo strumento migliore per valutare la performance ambientale di un impianto lungo tutto il suo ciclo di vita – attraverso l’elaborazione di tre pilastri: linee guida LCA specifiche per il settore della geotermia profonda, che GEOENVI sta applicando a sei casi studio in tutta Europa (Bagnore, Rittershoffen, Hellisheidi, Balmatt, Tura, Dora II); modelli semplificati LCA per stimare gli impatti ambientali di quattro diverse categorie di impianti geotermici (Bagnore, Rittershoffen, Hellisheidi e Balmatt); un protocollo che consenta di generare modelli semplificati per un più vasto insieme di impianti geotermici, oltre ai quattro già esaminati.

In questo contesto i modelli semplificati, come ampiamente argomentato nel corso del webinar, rappresentano delle valutazioni LCA vere e proprie, in grado di soppesare gli impatti sulla salute umana, l’ambiente naturale o le risorse naturali attraverso l’impiego di alcuni parametri chiave in un processo standard che non richiede necessariamente alte competenze specifiche in fatto di LCA da parte degli stakeholder: l’ambito di validità dei modelli semplificati è però circoscritto all’analisi di sistemi geotermici che rispettano di volta in volta specifiche condizioni.

«Come ogni fonte energetica – osserva Parisi – anche la geotermia ha degli impatti sito-specifici, legati alle caratteristiche della fonte alle quali è necessario adattare le scelte tecnologiche per trovare la più efficiente. GEOENVI intende proporre e validare un approccio LCA standardizzato per valutare in modo rigoroso gli impatti ambientali della geotermia e supportarne uno sviluppo sostenibile».

Come già accennato ad oggi il progetto ha già elaborato una prima versione delle linee guida LCA, che successivamente permetteranno anche un confronto della geotermia con altre fonti rinnovabili come eolico e fotovoltaico (un primo studio nel merito è già stato pubblicato da ricercatori affiliati alle Università di Siena e Firenze, al CSGI e ad Enel Green Power); ha inoltre condotto un’analisi delle migliori tecnologie disponibili (Bat) e stabilito un protocollo per la generazione di modelli LCA semplificati.

In questo contesto, i criteri di valutazione adottati dal gruppo di lavoro GEOENVI sono particolarmente stringenti.

Ad esempio, la CO2 proveniente dalle centrali geotermiche analizzate è stata considerata come se fosse di natura antropogenica, e non il prodotto di un processo naturale avvenuto nel sottosuolo (e dunque destinato ad impattare sul clima indipendentemente dall’azione umana).

Una scelta di tipo metodologico e non di merito, come è stato comunque sottolineato nel corso del webinar.

«Sono già stati condotti studi in merito al rapporto tra le emissioni di CO2 in uscita dai camini delle centrali e il degassamento naturale del suolo (questo è il più recente, ndr), ma occorre un metodo standardizzato per avere un bilancio e questo ancora non c’è – ha sottolineato Manfrida nel merito rispondendo a una domanda del pubblico – Si tratta di una problematica che va oltre prospettiva di GEOENVI, ma si tratta di un argomento che va affrontato. La mia impressione è che le emissioni provenienti dalle centrali presenti ad esempio a Larderello o sull’Amiata, dove è già stata dimostrata l’esistenza di camini naturali, rappresentino solo qualche punto percentuale rispetto al degassamento naturale. In questo caso, avremmo emissioni di CO2 in uscita dalle centrali comunque minori rispetto a quelle provenienti da altri contesti industriali, nonché emissioni di inquinanti più contenute rispetto a quelle naturali, perché quelle in uscita dagli impianti geotermici sono prima trattate (come nel caso degli abbattitori AMIS, ndr)».

Al di là di questo aspetto specifico, come spiegato durante il webinar, l’intero approccio LCA adottato nell’ambito di GEOENVI si basa sull’ultima versione dell’Environemental Footprint (EF V3.0), la più avanzata secondo i criteri stabiliti dal Centro comune di ricerca (JRC) dell’UE, e mira ad abbracciare l’intero ciclo di vita – individuato in 30 anni – degli impianti geotermici per rispondere a una domanda fondamentale: quali sono gli impatti ambientali collegati mettendoli in relazione all’energia prodotta durante la vita dell’impianto?

Gli impatti ambientali, infatti, non sono mai zero per nessuna fonte energetica, ma è indispensabile metterli in relazione ai benefici – la nostra intera struttura socio-economica è infatti basata sull’impiego e la trasformazione dell’energia, di cui non possiamo fare a meno – per poter arrivare a un giudizio più equilibrato basato sull’efficienza delle tecnologie analizzate.

Un bilanciamento sviluppato ad esempio nel caso di Bagnore 3 e 4, analizzato nel corso del webinar – sia per quanto riguarda l’applicazione delle linee guida LCA, sia per il modello semplificato – da Tosti e Ferrara attraverso 23 parametri chiave, spaziando dalle ore annuali di funzionamento dell’impianto o la potenza elettrica installata, all’efficienza di abbattimento dei gas incondensabili (costituiti al 93% da CO2) alla frazione relativa di questi gas nel geofluido.

Su un piatto della bilancia dunque i kWh di elettricità netta prodotta durante l’intero ciclo di vita dell’impianto, dall’altra i relativi impatti ambientali.

Com’è evidente il percorso avviato nell’ambito di GEOENVI è giunto già ad una fase avanzata, e da qui la fase di confronto con gli stakeholder è stata aperta proprio per poter testare e dunque affinare gli strumenti a disposizione.

Come ricordato da Bonciani in chiusura dell’evento ai partecipanti è stato inviato un primo sondaggio valutativo, e in questi giorni alcuni stakeholder saranno selezionati e dunque formati sull’impiego degli strumenti LCA prodotti nell’ambito di GEOENVI per poterli toccare con mano e testare sul campo, approdando infine alla loro versione definitiva entro aprile 2021.


La registrazione dell’intero webinar, insieme alle slide di presentazione argomentate nel corso dei vari interventi, sono integralmente e liberamente fruibili qui: https://www.GEOENVI.eu/events/italian-national-workshop-new-methodologies-for-LCA-for-deep-geothermal-projects/.