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Geotermia: dove sta andando l’Europa? Il punto nel nuovo market report di EGEC

Nel corso dell’ultimo anno questa fonte rinnovabile ha guadagnato terreno in molti Stati membri, ma rimangono problemi nei mercati più maturi (come quello italiano)

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Il 2018 ha rappresentato un anno importante per la geotermia in Europa, sotto molti punti di vista.

Grazie a 127 centrali attive la capacità installata per la produzione di energia elettrica ha sfondato per la prima volta il muro dei 3 GWe, mettendo così a segno un raddoppio del settore in appena sei anni; anche guardando ai sistemi di teleriscaldamento la progressione è evidente, dato che ad oggi sono oltre 300 quelli in funzione rispetto ai 187 del 2010; a completare il quadro il comparto della geotermia superficiale – che abbraccia sia le pompe di calore geotermiche (Ground Source Heat Pumps – GSHP) sia lo stoccaggio di calore nel sottosuolo (Underground Thermal Energy Storage – UTES) –, che può trovare applicazione praticamente ovunque in Europa e conta già oggi 2 milioni di unità installate.

Ma insieme alle opportunità non mancano i problemi, in primis «nei mercati più maturi (Italia, Turchia e Islanda), dove il settore dell’energia geotermica sta affrontando l’incertezza relativa agli sviluppi a breve termine, a seguito delle imminenti modifiche ai sistemi di incentivi che minacciano la sostenibilità degli investimenti futuri».

Nell’introduzione al nuovo Geothermal Market Report pubblicato dal Consiglio Europeo per l’Energia Geotermica (EGEC) se il richiamo al contesto italiano con la cancellazione degli incentivi dallo schema di decreto FER1 (e la perdurante incertezza sul FER2) è chiaro, l’inquadramento all’interno di un contesto più ampio – quello europeo, appunto – appare ancor più rilevante.

L’Italia mantiene il primato della potenza geotermoelettrica installata nell’UE; a superarla è la Turchia, mentre il terzo posto va all’Islanda (che è invece in cima al podio per capacità installata nei sistemi di teleriscaldamento); a dominare la classifica delle pompe geotermiche è invece la Germania.

Più in generale la pubblicazione del report – che ormai dal 2011 rappresenta la sintesi più autorevole del mercato geotermico europeo – mostra come nel Vecchio Continente la fonte rinnovabile che arriva dal calore della terra sia impiegata in un numero sempre maggiore di Paesi: nel 2017 è arrivata la prima centrale in Ungheria, nel 2018 è stata la volta della Croazia e tra il 2019 e 2020 toccherà a Belgio e Regno Unito. La Grecia, dove recentemente sono stati lanciati programmi di esplorazione, dovrebbe essere la prossima. Nel nostro Paese, che detiene un know how di settore invidiato nel mondo, al momento, tuttavia, non si registrano invece progressi su questo fronte.

Eppure «l’innovazione tecnologica – spiegano da EGEC – consente applicazioni sempre più diversificate dell’energia geotermica, permettendo a nuovi mercati di impiegare questa risorsa rinnovabile. Nel frattempo, l’adozione delle tecnologie geotermiche mature contribuisce alla decarbonizzazione dell’economia europea».

Sta di fatto che «l’impiego dell’energia geotermica rimane comunque molto al di sotto del potenziale delle risorse europee».

L’occasione di rilancio potrà arrivare dall’Unione Europea, che nelle scorse settimane ha completato la riforma del proprio quadro per la politica energetica adottando tutti gli atti del pacchetto “Energia pulita per tutti gli europei” al 2030, un contesto all’interno del quale la geotermia può mettere in campo un mix di caratteristiche che le rendono unica tra le varie fonti rinnovabili: «I paesi europei – concludono infatti in EGEC – dovrebbero puntare sulle migliori pratiche per impiegare questa fonte di rinnovabile, che può fornire energia di baseload e flessibile per l’elettricità, il riscaldamento e il raffreddamento».