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Geotermia, da ARPAT tre indicazioni per ridurre ulteriormente gli impatti ambientali

Oltre vent’anni di monitoraggi puntuali sul territorio mostrano un progressivo miglioramento del quadro emissivo, ma ci sono margini per progredire ancora

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Oltre vent’anni di monitoraggi puntuali sul territorio mostrano un progressivo miglioramento del quadro emissivo, ma ci sono margini per progredire ancora


La più importante fonte rinnovabile presente in Toscana è la geotermia, che già oggi soddisfa il 35% del fabbisogno elettrico regionale, ma la sua coltivazione – come ogni altra attività umana – presenta impatti ambientali, che da oltre vent’anni vengono monitorati in dettaglio.

Nel 2000 l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale (ARPAT) ha attrezzato il primo laboratorio mobile per la misurazione in continuo dell’acido solfidrico (Geo1) – particolarmente importante in quanto l’H2S è il principale tracciante dell’esposizione alle emissioni delle centrali geotermiche –,e da circa 15 annil’Agenzia Regionale di Sanità (ARS)ha il compito di portare avanti un programma di sorveglianza epidemiologica della salute delle popolazioni residenti nelle aree geotermiche.

Il punto di svolta nell’indagine coordinata dall’ARS è arrivata con la pubblicazione, avvenuta nel corso di quest’anno, degli esiti dell’indagine InVetta, sintetizzabili affermando che «non vi sono impatti significativi sulla salute derivanti dall’attività geotermoelettrica».

Ma ciò non significa che gli impatti ambientali non possano essere ulteriormente ridotti: nel merito, l’ARPAT suggerisce tre priorità.

La prima sta nella riduzione dei periodi di blocco e fermo dei filtri AMIS, in modo da «raggiungere un’ulteriore riduzione del disturbo olfattivo causato dall’idrogeno solforato».

Il secondo – strettamente collegato al primo – è replicare quanto già fatto sull’Amiata con le centrali Bagnore 3 e 4: interconnettere le due centrali e i relativi filtri AMIS ha infatti permesso ridurre le emissioni anche in caso di blocchi o manutenzioni delle varie componenti impiantistiche presenti.

Il terzo riguarda infine «l’opportunità di ridurre, tramite i nuovi separatori di gocce (demister), il “drift” (gocce di condensazione del vapore) emesso in atmosfera dalle torri di raffreddamento, con ricadute nelle immediate vicinanze degli impianti di produzione».