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Geotermia a Napoli: la scienza ci crede, la politica tentenna

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Dal 17 al 19 maggio si riunirà nella città partenopea il Gotha mondiale dell’energia della Terra. Intanto è ancora fermo il progetto dei Campi Flegrei

Fonte: Il Denaro.it

Autore: Cristian Fuschetto

Si riunirà a Napoli il gotha mondiale della geotermia. Dal 17 al 19 maggio i più importanti scienziati al mondo specializzati nello sfruttamento energetico del calore naturale della Terra, saranno nella città partenopea per tracciare lo stato dell’arte della regina delle rinnovabili. Molto più pura rispetto al fotovoltaico e all’eolico, l’energia geotermica è infatti anche la più conveniente. L’Italia ne è ricca, in Europa è seconda solo all’Islanda quanto a potenziale di giacimenti geotermici; e in particolare ne è ricco il Mezzogiorno, che di questo tesoro sembra però non sapere cosa farsene. Gli unici stabilimenti presenti nel Belpaese sono infatti i 32 impianti della Toscana, qui al Sud non se ne conta nemmeno uno. Eppure non solo a detta della comunità scientifica (si sa, gli scienziati a volte si affezionano troppo alle proprie idee), ma anche dei più importanti osservatori economici si tratterebbe di uno dei più importanti volani di sviluppo del territorio. Lo sottolinea di continuo, solo per citare un esempio particolarmente significativo, Adriano Giannola, presidente della Svimez (Associazione per lo Sviluppo Industriale per il Mezzogiorno), che in occasione del Rapporto annuale dell’associazione sullo stato dell’economia meridionale non ha mancato di evidenziare che “sono le le rinnovabili, a partire dalla geotermia, a rappresentare la strada da battere per rilanciare il Mezzogiorno”; lo ha ripetuto anche in una più recente nota sulla “Ripresa economica e il ruolo del Mezzogiorno”, in cui viene richiamata l’attenzione sulla convenienza del settore. “I tempi di ritorno dell’investimento – si legge nella nota – sono generalmente minori di 5 anni. Per consentire il decollo dell’energia geotermica sarebbero però necessari interventi di co-finanziamento di grandi progetti di esplorazione e di impianti pilota a favore delle piccole e delle medie imprese”. Secondo recenti stime del Ministero dello Sviluppo Economico e del Dipartimento Terra e Ambiente del Cnr il potenziale italiano del geotermico è circa 3 volte più grande del solare e 10 volte più dell’eolico. Inoltre, a differenza di queste ultime, il geotermico consente una produzione continua e costante, non è cioè condizionato dal ciclo giorno-notte e non è soggetto alla variabilità delle condizioni meteorologiche. Non è un caso se negli Stati Uniti gli investimenti nel settore stanno crescendo giorno dopo giorno, sia da parte pubblica (l’amministrazione Obama ha recentemente stanziato 38 milioni di dollari a favore di 32 progetti geotermici innovativi in 14 Stati), sia da parte privata (Google ha finanziato con 10 milioni di dollari una ricerca sulle potenzialità geotermiche della Virginia Occidentale).
Da queste parti, invece, chi ha la responsabilità di intervenire sembra fare orecchie da mercante. Questa è la denuncia neanche troppo velata di Giuseppe De Natale, dirigente di ricerca dell’Ingv-Osservatorio Vesuviano e principale animatore del convegno internazionale del prossimo maggio (che avrà come titolo “Sustainable geothermal exploitation in urbanised environments: The Southern and Central Italy volcanic areas). “Oltre che per effettuare una ricognizione prettamente scientifica e tecnologica circa le prospettive di questo settore, abbiamo deciso di organizzare questo evento anche per dare un segnale agli amministratori”. Il messaggio è semplice. “Qui al Sud, e in particolare in Campania, abbiamo a disposizione una risorsa energetica che altrove possono soltanto sognare, esistono le tecnologie adatte per sfruttarla in tutta sicurezza, ma a tutt’oggi siamo ancora fermi. Come mai? Cosa ce lo impedisce?”.
Una prima risposta potrebbe essere scovata nella disinformazione che prolifera soprattutto quando si parla di argomenti scientifici. Le ricerche portate avanti dagli studiosi dell’Osservatorio Vesuviano hanno rivalutato fortemente l’utilizzo dell’energia geotermica in Campania. Dopo la Toscana, sì è provato anche qui a solcare un nuovo sentiero nella direzione di uno sviluppo sostenibile. Un sentiero, però, fino a oggi irto di ostacoli. Le ricerche che dovevano proseguire nell’ambito di un grande progetto internazionale, Campi Flegrei Deep Drilling Project (Cfddp), sono state infatti temporaneamente interrotte dopo una serie di polemiche sui rischi legati alla perforazione prevista nell’ex area industriale di Bagnoli, innescate da una minoranza della comunità scientifica partenopea. Polemiche nate e sopite. Ma intanto il progetto è fermo. L’obiettivo di Cfddp è duplice: comprendere meglio i fenomeni vulcanici di quet’area e valutare il potenziale geotermico in termini di energia rinnovabile. “Nell’ultimo anno e mezzo – chiarisce il ricercatore – sono stati numerosi gli incontri promossi con i cittadini della zona flegrea, nei quali abbiamo ribadito l’importanza di questo progetto sia dal punto di vista scientifico sia per lo sviluppo del territorio, e abbiamo rimarcato l’assenza di qualunque rischio, anche minimo, per la popolazione. Al contrario, il principale scopo del progetto è proprio quello di comprendere meglio i fenomeni vulcanici per mitigarne i rischi”.
E’ interessante notare che il team del Ingv aveva in pugno tutte le autorizzazioni necessarie per cominciare i lavori e quindi procedere con la trivellazione pilota. “Ma abbiamo preferito comunque evitare di procedere – ricorda ancora De Natale, che del progetto Cfddp è il responsabile scientifico – anche per una questione di correttezza istituzionale”. Fatto sta che alla vigilia dei lavori, il progetto fu bloccato dal Comune di Napoli per volere dell’allora sindaco uscente, Rosa Russo Iervolino, che preferì passare la palla al suo successore. Ebbene, cosa ha deciso di fare Luigi de Magistris? “Non ho avuto contatti diretti con il sindaco – dice De Natale – ma dai colloqui avuti con la nuova amministrazione ho trovato una grande attenzione e disponibilità, quindi ho fiducia che presto tutto potrà essere sbloccato”. Il che sarebbe un buon segnale non solo per il progetto in sé e per gli sviluppi che ne potrebbero nascere, ma anche per la credibilità delle istituzioni (scientifiche e politiche). Visto che si tratta di un progetto guidato da uno dei principali enti di ricerca italiani, l’Ingv, peraltro in collaborazione con istituzioni scientifiche internazionali di grande prestigio come la tedesca Gfz, lo University College London e lo U.S. Geological Survey, a quale titolo si decide di bloccarlo? “Speriamo che gli studiosi internazionali che relazioneranno nel corso del prossimo convegno di maggio sapranno essere più convincenti di noi. Sa – scherza, ma fino a un certo punto De Natale – quando parlano gli americani o i tedeschi, ispirano maggiore credibilità alle nostre Istituzioni”.