Bonciani (CoSviG): «Grazie alla sua modulabilità e programmabilità nella fornitura di energia, la geotermia è una fonte rinnovabile strategica»
La geotermia vanta da sempre una caratteristica più unica che rara tra le fonti rinnovabili: la continuità di produzione, che la rende particolarmente preziosa per coprire la cosiddetta richiesta di baseload – il livello minimo o basale di elettricità richiesto dal mercato – senza emissioni di gas climalteranti, ma anche senza dipendere dalle bizze meteorologiche di sole e vento.
Le sfide poste dalla decarbonizzazione stanno chiedendo di più però dal calore della Terra, ed è necessario capire come unire la flessibilità alla già preziosa stabilità. Una rivoluzione concettuale guidata dal progetto GeoSmart, cui il Consorzio per lo Sviluppo delle Aree Geotermiche (CoSviG) partecipa insieme ad altri 18 partner sparsi in Europa e coordinati dalla britannica TWI Ltd.
«I ruoli di CoSviG all’interno del partenariato – spiega Dario Bonciani per il Consorzio – prevedono la disseminazione dei risultati di progetto a livello nazionale, mentre nella seconda parte del progetto ci dedicheremo anche alla formulazione di proposte di business plan delle soluzioni tecnologiche individuate dal progetto, in modo da garantirne l’applicazione da parte di investitori ed operatori del settore».
Finanziato dal Programma UE per la Ricerca e l’Innovazione Horizon 2020, GeoSmart parte da un presupposto semplice: rispondere alle esigenze del mercato europeo dell’energia elettrica – che può essere ormai considerato un unicum, nonostante alcune differenze ancora presenti tra i mercati dei vari Paesi – individuate a partire dal regolamento sulla governance dell’Unione dell’energia del 2018.
«Dal 2018 in poi assistiamo all’emergere di un mercato elettrico che dà molto più valore alla flessibilità e all’approvvigionamento rinnovabile nell’attribuire un prezzo all’elettricità prodotta, due caratteristiche che le centrali geotermiche possono proporre», evidenziano da GeoSmart in nuovo documento informativo.
Del resto è la direzione stessa della transizione energetica a indicare la rotta: gli impianti solari ed eolici – in grado di catturare energie molto più diffuse sul territorio europeo di quella necessaria ad alimentare le centrali geotermoelettriche – saranno protagonisti assoluti ma capricciosi, e la loro diffusione sta già aumentando significativamente il valore di una generazione elettrica «flessibile e dispacciabile».
In altre parole, il mercato UE ha fame di equilibrio.
Di impianti in grado di mettere a disposizione la propria capacità ed essere utilizzati per produrre energia su richiesta dei gestori della rete elettrica, in base alla domanda di mercato.
Il problema è che finora a soddisfare queste caratteristiche sono stati soprattutto gli impianti turbogas, o peggio le centrali a carbone.
Come le altre rinnovabili, anche la geotermia si è mostrata invece deficitaria su questo fronte, limitata proprio dalla sua eccezionale continuità produttiva; non è facile infatti modulare il flusso di fluido geotermico in uscita da un pozzo a seconda delle richieste di mercato. L’intuizione di GeoSmart sta proprio nel trasformare questa fragilità in un punto di forza, lavorando a metodi per immagazzinare energia termica quando la domanda è bassa, in modo che – all’aumentare della richiesta – ve ne sia una quantità sufficiente da liberare per produrre elettricità o calore.
Per raggiungere il risultato non sono però sufficienti gli sviluppi tecnologici. Servono anche un mercato e modelli di business in grado di favorire questo sviluppo, che potrebbe rappresentare una chance particolarmente ghiotta per lasciarsi alle spalle il gas – e con esso anche la volatilità di mercato e gli incrementi in bolletta che stiamo vivendo in questi mesi -, per guardare oltre all’impatto sul clima.
Non a caso l’ultimo documento elaborato da GeoSmart si sofferma proprio su questi elementi di contesto ma centrali, indicando due priorità.
La prima sottolinea la necessità di dare precedenza, ad esempio tramite adeguati Meccanismi di Remunerazione della Capacità (CRM), alla flessibilità garantita dalle fonti rinnovabili rispetto alle fossili; una svolta rispetto a cosa mostrano anche i primi risultati del capacity market italiano, ancora dominato dal gas.
La seconda invece auspica la nascita di nuovi modelli di business, con adeguati quadri normativi a supporto: «La capacità di baseload e la flessibilità riducono la necessità di ridondanza o creazione di infrastrutture, tuttavia, finora le centrali geotermiche non sono sempre state in grado di commercializzare questo vantaggio».
Più nel dettaglio, quali modelli di business o interventi normativi?
«Da un lato – aggiunge Bonciani – le politiche energetiche dovrebbero promuovere sì la flessibilità delle reti elettriche, ma dall’altro dovrebbero essere sviluppati dei meccanismi per incentivare e dare priorità a soluzioni basate sulle rinnovabili, in modo da decarbonizzare definitivamente il settore elettrico europeo. La geotermia, grazie alla sua modulabilità e programmabilità nella fornitura di energia, è una fonte rinnovabile strategica, che può contribuire a prevenire ciò che in questi giorni sta accadendo in diversi Stati membri, costretti a riaccendere gli impianti a carbone o a olio combustibile per fronteggiare l’attuale crisi del mercato del gas naturale e la sospensione della produzione da parte degli impianti nucleari».
Contemporaneamente si dovrebbe lavorare anche per aumentare la competitività della geotermia, notoriamente contraddistinta da investimenti iniziali elevati e bassi costi di produzione: «Una soluzione in questo senso potrebbe essere rappresentata dalla promozione di politiche e schemi finanziari volti a mitigare il rischio minerario. Oltre a produrre elettricità per contribuire al baseload delle reti, gli operatori geotermici in futuro – conclude Bonciani – dovranno adattarsi alle nuove esigenze del mercato, valorizzando la programmabilità di questa fonte rinnovabile strategica per bilanciare la variabilità nella produzione di energia da parte di solare ed eolico».