Intervista al senior professor in Chimica fisica dell’Università di Siena, rappresentante italiano nel Comitato di programma H2020 Energia, delegato MIUR per il SET PLAN e membro dell’International Advisory Board di GEOENVI
Quali sono i reali impatti ambientali legati all’impiego della geotermia – con le varie tecnologie disponibili – come fonte rinnovabile utile per produrre l’energia di cui tutti abbiamo bisogno?
Per sgombrare il campo dagli equivoci e rispondere con solidi dati scientifici è nato il progetto europeo GEOENVI (Tackling the environmental concerns for deploying geothermal energy in Europe), condotto da 16 partner internazionali e finanziato attraverso il programma UE Horizon2020.
La prima occasione di confronto pubblico sul tema si è tenuta proprio in Italia, – paese che mantiene ancora una leadership di settore e che ha visto nascere le prime tecnologie geotermiche oltre 200 anni -, con un dibattito organizzato a Roma da CNR, CoSviG, CSGI, EGEC, Enel Green Power e Rete Geotermica; per approfondire i contenuti emersi durante il dibattito seguendo i criteri di equità e imparzialità, GeotermiaNews ha posto a tutti i relatori intervenuti a Roma 5 quesiti, incentrati su alcuni dei principali temi volti a individuare la strada migliore per uno sviluppo sostenibile del comparto geotermico, a favore della collettività.
Diamo oggi la parola al prof. Riccardo Basosi, senior professor in Chimica fisica dell’Università di Siena, rappresentante italiano nel Comitato di programma H2020 Energia, delegato MIUR per il SET PLAN e membro dell’International Advisory Board di GEOENVI.
Il progetto Horizon 2020 GEOENVI ha tra i principali obiettivi lo sviluppo di una metodologia per la valutazione degli impatti ambientali, considerando tutte le fasi di vita di un impianto geotermico.
Quali aspetti crede debbano essere approfonditi, al fine di poter effettuare una efficace comparazione tra gli impatti generati dalle differenti tecnologie utilizzabili per la produzione di energia?
«La tecnologia geotermica ha caratteristiche particolari all’interno dello scenario delle tecnologie rinnovabili, perché ha aspetti che richiamano le fonti fossili e altri tipici delle rinnovabili. Infatti, così come per le fonti fossili, la costruzione della centrale passa attraverso la perforazione di pozzi molto simili a quelli utilizzati per il petrolio, ed inoltre la produzione elettrica è spesso connessa ad emissioni atmosferiche di gas climalteranti. La conseguenza è che, da un lato, la geotermia può contare su un enorme know-how proveniente dal settore petrolifero, cosa che contribuisce a rendere efficienti ed a basso impatto le fasi di perforazione dei pozzi, dall’altro è necessario non trascurare gli impatti che derivano dalle emissioni atmosferiche e le trasformazioni dell’ambiente, anche a lungo termine, che l’utilizzo della risorsa potrebbe indurre.
Questo si traduce nella necessità di individuare le informazioni essenziali per descrivere un sistema geotermico ed elaborare un metodo di calcolo che possa includere, al meglio dello stato dell’arte, tutti gli impatti potenziali con una metodologia rigorosa di Life Cycle Assessment (LCA). L’obiettivo principale del progetto GEOENVI dovrà avere come risultato la produzione di linee guida a disposizione del mondo scientifico, che consentano la realizzazione di analisi utilizzabili per paragonare diverse tecnologie di produzione elettrica, dal punto di vista dell’impatto ambientale, in particolare sistemi a flash e sistemi a ciclo binario con reiniezione dei fluidi; ma non solo, poiché oggi lo scenario tecnologico a disposizione si è ampliato anche ai sistemi EGS (Enhanced Geothermal System), che riproducono una risorsa geotermica anche dove non sarebbe naturalmente disponibile.
Quindi, la rigorosa definizione di un metodo di valutazione è ormai indispensabile per consentire di prendere le decisioni migliori».
Uno dei principali elementi di criticità, attorno al quale si sta sviluppando un intenso dibattito, riguarda le emissioni di CO2: le centrali geotermoelettriche tradizionali rilasciano anidride carbonica in atmosfera, benché di origine naturale, ma la lotta contro i cambiamenti climatici impone sin da subito una revisione delle priorità in agenda per determinare la decarbonizzazione dell’economia.
Quali pensa siano le migliori soluzioni disponibili per affrontare il problema?
«Ancora non conosciamo con certezza gli equilibri connessi all’emissione di CO2“geotermica”. La geo-specificità della risorsa rende molto difficili questi studi, soprattutto in Italia: a Larderello, la vita ultracentenaria della geotermia ha profondamente modificato il paesaggio, tanto che, in un certo qual modo, quello di oggi rappresenta lo scenario naturale. Mancano, perciò, misure precise delle emissioni spontanee di anidride carbonica al di fuori degli impianti, ed anche nei casi in cui queste sono disponibili, stimarne il reale impatto non è banale. Inoltre, la specificità geografica rende anche impossibile generalizzare i risultati, cioè, una valutazione vera in Germania potrebbe non esserlo in Italia. Tanto che anche in Italia si riscontrano situazioni di fondo molto diverse, ad esempio tra i campi di Larderello e quelli dell’Amiata.
Dunque, la soluzione del problema è ottenere il meglio dalla risorsa attraverso l’impiego delle migliori tecnologie possibili che permettano la reiniezione dei fluidi in un ciclo chiuso per cercare di rispondere alle principali criticità. La tecnologia da adottare per mitigare gli impatti ambientali è quella che meglio si adatta alla situazione particolare, perché campi diversi potrebbero necessitare di soluzioni diverse. Infatti, secondo me, la CO2, pur meritevole di attenzione per i motivi impliciti nella domanda, non è il principale problema da risolvere per le emissioni in atmosfera. Nell’ultimo lavoro del mio gruppo, uscito online in questi giorni e che è in fase di pubblicazione sul Journal of Cleaner Production (di cui diamo conto in un altro articolo presente in questa newsletter, ndr), si mette in evidenza la permanente criticità legata al mercurio, nonostante l’AMIS abbia migliorato notevolmente la situazione sull’Amiata, e soprattutto all’ammoniaca che, malgrado l’azione di abbattimento, nelle torri evaporative entra in contato con l’atmosfera. L’ammoniaca è un precursore delle polveri fini, che sono ben più preoccupanti per la salute umana della CO2 “geotermica”. Un impegno di ricerca in questa direzione è necessario e di questo la Commissione Europea è ben consapevole.
Infatti GEOENVI non è il solo progetto con queste caratteristiche ed obiettivi in ambito geotermico. Dal punto di vista delle soluzioni tecniche, le tecnologie a ciclo binario con reiniezione dei fluidi e dei gas sembrerebbero promettere le performance migliori per quanto riguarda la minimizzazione delle emissioni in atmosfera, ma nel bilancio andrà valutato il reale beneficio, tenendo conto che esse hanno necessità di maggiore spazio e i rendimenti termodinamici sono minori rispetto ai sistemi a flash. La soluzione migliore in prospettiva, pur con costi economici elevati, potrebbe essere mettere in sinergia le eccellenti esperienze degli AMIS di ENEL con sistemi di torri a secco tipici della tecnologia binaria. Dubito però che l’operatore privato si indirizzi su questa costosa strada senza un adeguato incentivo economico. Questo potrebbe essere il tema del futuro Decreto FER 2 per una geotermia pulita e sostenibile».
Quali sono in Italia e in Toscana, regione leader a livello europeo per quanto riguarda l’utilizzo della geotermia, i principali strumenti politici per promuovere l’adozione delle migliori tecnologie disponibili, nonché di buone pratiche, che consentano una minimizzazione degli impatti?
Ritiene possano essere integrati da ulteriori misure?
«Una importante misura preliminare è senza dubbio il monitoraggio ambientale che va potenziato e reso più sistematico e frequente: una scrupolosa e ben programmata agenda di campionamenti è l’unico mezzo reale che consente di affrontare in modo adeguato il problema, sia perché consente di capirne l’entità sia perché è il modo corretto per pianificarne la risoluzione. Questo è forse l’aspetto che, oltre alle fondamentali politiche di incentivazione della innovazione tecnologica, può in maggior misura fare la differenza nelle scelte future. Per quanto riguarda le politiche di incentivazione, potrebbe essere spinta l’adozione delle migliori tecnologie disponibili trovando una modalità tecnica di remunerazione del KWh prodotto da impianti più puliti che risultano penalizzati nel rendimento. Inoltre, potrebbero essere incentivate al massimo tutte le attività cogenerative e la individuazione progettuale di utilizzo termico».
Quale politica di incentivazione a livello nazionale potrebbe favorire un impiego più sostenibile dell’energia geotermica, anche alla luce della recente normativa elaborata in materia dalla Regione Toscana?
«Come già accennato l’aspetto da non sottovalutare è la possibilità di produrre calore, oltre che elettricità, attraverso vari tipi di impianto. L’energia geotermica ad alta entalpia è, termodinamicamente, una fonte energetica di alta qualità che andrebbe sempre sfruttata al meglio. Il non farlo corrisponde ad uno spreco. Il fluido geotermico è l’unica fonte rinnovabile che consente di avere naturalmente una produzione combinata di elettricità e calore, quindi l’impiego del calore corrisponderebbe non solo ad una forma più sostenibile di geotermia, ma anche al fatto che si tratta in realtà di emissioni evitate dai combustibili fossili. Va anche notato che l’utilizzo del calore, per sua natura, avviene in prossimità delle centrali e quindi la ricchezza della risorsa rimane nel territorio, a differenza dell’energia elettrica che è un vettore di alta qualità, ma spostabile, con perdite limitate, anche a notevole distanza dal luogo di produzione.
Per riuscire nell’obiettivo, però, non bastano investimenti tecnologici, ma servono soprattutto misure per consentire la creazione di un ambiente adatto a questo tipo di sviluppo, all’interno dell’attuale tessuto socioeconomico delle aree geotermiche».
Uno dei principali ostacoli alla diffusione della geotermia nel mercato energetico sta oggi nella percezione negativa maturata verso questa fonte rinnovabile da parte di alcuni media, di alcuni decisori politici e di una parte della popolazione locale.
Quale ruolo può giocare una maggiore comunicazione ambientale sui reali vantaggi e svantaggi legati all’impiego delle tecnologie geotermiche?
«Bisogna ricordarsi che l’energia pulita non esiste. L’unica energia pulita è quella che non usiamo, cioè quella risparmiata. Qualunque forma di energia ha un impatto. Le rinnovabili hanno di norma impatti ben minori rispetto ai fossili e al nucleare. Le scelte sulle forme di energia dovrebbero sempre essere fatte in base ad una valutazione costi/benefici che dà risultati diversi in contesti storico/geografici diversi.
Oggi non solo la geotermia è sotto attacco, ma anche l’eolico e perfino il solare. Sicuramente molto dipende da una maggiore e diffusa sensibilità ambientale, ma parecchio dipende anche da informazione non corretta.
Una corretta informazione e comunicazione è sicuramente ciò che consentirà di attenuare, se non di superare, queste difficoltà. Infatti, è stata proprio la mancanza di una comunicazione adeguata a favorire lo svilupparsi di queste correnti di pensiero, che in ogni caso non vanno mai ignorate perché le soluzioni non possono essere solo tecnologiche, ma anche sociali.
Questi temi sono al centro del progetto GEOENVI che si propone di sviluppare sia la metodologia del Life Cycle Assesment che la promozione di iniziative di coinvolgimento delle popolazioni interessate. Non sarà quindi solo uno strumento al servizio della ricerca, ma anche un potente strumento comunicativo in grado di tradurre una notevole mole di dati in qualcosa di significativo, a tutti i livelli, sia per l’esperto in materia ambientale che per il comune cittadino giustamente preoccupato per la propria salute.
Se l’informazione è rigorosa e avvalorata dal metodo scientifico, comprendere la reale importanza che la geotermia può rivestire per lo sviluppo sostenibile del territorio potrebbe diventare un processo spontaneo e naturale».