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Geoenvi, come rispondere alle preoccupazioni ambientali sulla geotermia? La parola a Enel

Intervista a Luigi Parisi, responsabile Operations & Maintenance Geotermia e Biomasse di Enel Green Power

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Intervista a Luigi Parisi, responsabile Operations & Maintenance Geotermia e Biomasse di Enel Green Power


Quali sono i reali impatti ambientali legati all’impiego della geotermia – con le varie tecnologie disponibili – come fonte rinnovabile utile per produrre l’energia di cui tutti abbiamo bisogno?

Per sgombrare il campo dagli equivoci e rispondere con solidi dati scientifici è nato il progetto europeo GEOENVI (Tackling the environmental concerns for deploying geothermal energy in Europe), condotto da 16 partner internazionali e finanziato attraverso il programma UE Horizon2020.

La prima occasione di confronto pubblico sul tema si è tenuta proprio in Italia – Paese che mantiene ancora una leadership di settore e che ha visto nascere le prime tecnologie geotermiche oltre 200 anni –, con un dibattito organizzato a Roma da CNR, CoSviG, CSGI, EGEC, Enel Green Power e Rete Geotermica; per approfondire i contenuti emersi durante il dibattito seguendo i criteri di equità e imparzialità, GeotermiaNews ha posto a tutti i relatori intervenuti a Roma 5 quesiti, incentrati su alcuni dei principali temi volti a individuare la strada migliore per uno sviluppo sostenibile del comparto geotermico, a favore della collettività.

Diamo oggi la parola a Luigi Parisi, responsabile Operations & Maintenance Geotermia e Biomasse di Enel Green Power

Il progetto Horizon 2020 GEOENVI ha tra i principali obiettivi lo sviluppo di una metodologia per la valutazione degli impatti ambientali, considerando tutte le fasi di vita di un impianto geotermico. Quali aspetti crede debbano essere approfonditi, al fine di poter effettuare una efficace comparazione tra gli impatti generati dalle differenti tecnologie utilizzabili per la produzione di energia?

«Al fine di avere una comparazione più indicativa possibile sugli impatti delle diverse tecnologie il tema principale e sicuramente più attuale da approfondire è quello legato alla CO2 di origine geotermica. I campi geotermici italiani sono infatti caratterizzati da emissioni naturali di CO2 dal suolo derivanti dal profondo a causa della decomposizione di rocce carbonatiche (fenomeno prevalente nella zona tradizionale Larderello-Lago-Radicondoli) o di origine magmatica (fenomeno prevalente nell’area Amiata). Con riferimento all’area geotermica del monte Amiata, come dimostrato nei recenti studi condotti da Alessandro Sbrana, professore ordinario di Geochimica e Vulcanologia all’Università di Pisa, le emissioni di CO2 dal suolo sono sensibilmente maggiori (ordini di grandezza) rispetto a quelle emesse dalle centrali geotermoelettriche installate in quell’area. Le emissioni di CO2 dalle centrali geotermoelettriche generano inoltre, come dimostrato in vari studi, una riduzione delle emissioni diffuse dal suolo.

La CO2 emessa dalle centrali geotermoelettriche italiane è quindi, come stabilisce anche l’IPCC, di origine naturale in quanto contenuta nel fluido estratto e non è prodotta da processi di combustione ed è quindi sostitutiva di tali processi. Pertanto per una valutazione comparativa tra diverse tecnologie di generazione è importante distinguere la CO2 effettivamente generata da quella passante attraverso le centrali geotermoelettriche, e quindi non prodotta da attività antropiche. Quindi, per una valutazione comparativa tra diverse tecnologie di generazione secondo la metodologia di Life Cycle Assessment che sarà sviluppata nell’ambito del progetto GEOENVI, non dovrebbero essere considerate le emissioni di gas serra durante le fasi di esercizio per gli impianti geotermici, perché sostitutive di emissioni di origine naturale».

Uno dei principali elementi di criticità, attorno al quale si sta sviluppando un intenso dibattito, riguarda le emissioni di CO2: le centrali geotermoelettriche tradizionali rilasciano anidride carbonica in atmosfera, benché di origine naturale, ma la lotta contro i cambiamenti climatici impone sin da subito una revisione delle priorità in agenda per determinare la decarbonizzazione dell’economia. Quali pensa siano le migliori soluzioni disponibili per affrontare il problema?

«La geotermia è fortemente sito specifica, quindi il tipo ottimale di centrale da installare su un sito dipende da una serie di fattori quali le caratteristiche chimico/fisiche della risorsa geotermica, la geologia, la morfologia dell’area, gli aspetti normativi ecc. Pertanto non è corretto parlare di centrali geotermoelettriche tradizionali, che emettono CO2, e centrali non tradizionali che non emettono CO2. Piuttosto bisogna parlare di campi geotermici in cui la reiniezione del gas in serbatoio è fattibile e campi geotermici in cui ciò non è fattibile.

Relativamente alla possibilità di reiniettare completamente il fluido estratto comprensivo della frazione gassosa è possibile affermare che l’elemento che incide in modo determinante sulla fattibilità del processo è costituito dalla quantità di gas presente. Ad oggi infatti nel mondo non esistono impianti geotermici a reiniezione totale alimentati da un fluido con un contenuto di gas superiore allo 0,5% w/w.

Nei nostri campi geotermici americani di Stillwater, Salt wells e Cove Fort in USA, tutto il fluido prodotto dai pozzi con % gas < 0,5% peso, viene reiniettato nello stesso serbatoio geotermico, dopo aver prodotto energia elettrica nelle centrali a ciclo binario.

Un altro aspetto che limita fortemente la riproducibilità di tale tecnologia è la necessità disporre di un serbatoio di reiniezione di composizione idonea (rocce basaltiche o similari), per favorire la rapida mineralizzazione dei gas reiniettati e per evitare quindi problematiche di arricchimento di gas nel serbatoio di produzione o emissioni di gas incontrollate dal suolo.

I fluidi attualmente disponibili per la produzione geotermoelettrica in Italia sono caratterizzati da un elevato contenuto di gas (pari a 2-10%) e i serbatoi presenti nell’area geotermica toscana sono prettamente carbonatici e quindi non consentono la rapida mineralizzazione del gas reiniettato.

Per tali motivazioni ad oggi la tecnologia di reiniezione del gas è da considerarsi ancora non completamente sfruttabile su scala commerciale risultando vincolata alle caratteristiche dei serbatoi e dei fluidi geotermici presenti.

Sulla base delle suddette considerazioni la migliore soluzione ad oggi disponibile per affrontare a livello locale una tematica globale come la decarbonizzazione è quella di individuare possibili utilizzi, anche se parziali,della CO2 emessa dalle centrali geotermiche. A tal riguardo Enel Green Power ha avviato diverse iniziative per il riutilizzo della CO2 geotermica di cui si riportano due esempi:

  1. Produzione di micro-alghe (spirulina), attraverso l’utilizzo di CO2 e calore di origine geotermica. A tal riguardo è in fase di progettazione il primo impianto di produzione di spirulina full-scale realizzato da Giovina Srl che sarà alimentato dalla CO2 e dal calore provenienti dalla centrale geotermoelettrica Monteverdi 2 di Enel Green Power.
  2. Impiego della CO2 geotermica nel settore food&drink. A tal riguardo Enel Green Power ha firmato un accordo volto alla cessione di CO2 geotermica ad una società per la produzione di acqua o altre bevande gassate».

Quali sono in Italia e in Toscana, regione leader a livello europeo per quanto riguarda l’utilizzo della geotermia, i principali strumenti politici per promuovere l’adozione delle migliori tecnologie disponibili, nonché di buone pratiche, che consentano una minimizzazione degli impatti? Ritiene possano essere integrati da ulteriori misure?

«Ad oggi la geotermia italiana è un esempio e un riferimento per quanto riguarda la sostenibilità e l’attenzione all’ambiente. Infatti, l’impianto di abbattimento AMIS è installato sul 100% delle centrali geotermoelettriche italiane e garantisce un elevato abbattimento dei principali inquinanti presenti nei gas di origine geotermica. La tecnologia AMIS è stata sviluppata e brevettata direttamente da Enel Green Power e permette di garantire efficienze di abbattimento dell’H2S e di mercurio anche superiori al 99%, e al contempo di rispettare i limiti emissivi previsti dalla recente normativa della Regione Toscana. Se prendiamo a riferimento le centrali geotermoelettriche presenti nel mondo, escludendo gli impianti a bassa entalpia che solitamente hanno contenuti di gas e di inquinanti associati trascurabili, si evince che solo il 25% ha un sistema di abbattimento dell’H2S e solamente il 5% degli impianti è dotato di un sistema di abbattimento sia per l’H2S sia per il mercurio. Pertanto è evidente che la geotermia italiana già adotta le migliori tecnologie disponibili per minimizzare gli impatti emissivi, ed è leader non a livello europeo ma a livello mondiale nell’utilizzo sostenibile della risorsa geotermica per produzione elettrica. Inoltre, è importante sottolineare che le emissioni naturali di CO2 dal suolo sono spesso anche associate alla presenza di inquinanti come H2S e Hg, mentre la CO2 passante attraverso le centrali geotermoelettriche viene purificata dai suddetti inquinanti prima di essere emessa.

La qualità dell’aria delle aree geotermoelettriche è inoltre monitorata H24 da Enel Green Power grazie ad un’estesa rete costituita da 18 stazioni di monitoraggio della qualità dell’aria che evidenziano come le centrali geotermiche italiane garantiscano elevatissimi standard ambientali.

Stiamo comunque studiando la possibilità di modificare il nostro modello di centrale a flash per ridurre ulteriormente gli impatti ambientali anche con l’introduzione delle torri a secco in sostituzione delle torri a umido.

Ad oggi si può affermare che, in condizione di normale esercizio, le torri di raffreddamento a secco consentirebbero di reiniettare la totalità della condensa del vapore in ingresso alla centrale e al contempo di eliminare le emissioni delle torri a umido. Per contro l’impiego di torri a secco comporta maggiori impatti sonori e visivi, dovuti al significativo aumento di dimensioni e del numero di ventilatori. L’aumento di dimensioni comporta inoltre un maggior impatto sul territorio in termini di consumo di suolo, scavi e movimento terre. Infine per una completa analisi, occorre un periodo adeguato di sperimentazione per valutare le performance di questo tipo di torri, nei nostri campi geotermici».

Quale politica di incentivazione a livello nazionale potrebbe favorire un impiego più sostenibile dell’energia geotermica, anche alla luce della recente normativa elaborata in materia dalla Regione Toscana?

«La geotermia è una risorsa rinnovabile che può contribuire a ridurre gli impatti dei cambiamenti climatici attraverso la produzione di energia elettrica e gli usi diretti del calore. La recente normativa elaborata in materia dalla Regione Toscana, oltre a porre dei limiti ancora più stringenti sul funzionamento delle centrali e degli impianti AMIS, punta a garantire la massima utilizzazione possibile dell’energia estratta dai pozzi geotermici, imponendo l’obbligo di sfruttare almeno il 50% della potenza termica del fluido in uscita dalla centrale per la filiera del calore, nonché il 10% della CO2 presente nel fluido estratto dai pozzi. Pertanto sarebbe opportuno che la politica nazionale, attraverso l’incentivazione degli impianti geotermici, cercasse di attrarre nelle aree geotermiche filiere che richiedano l’impiego di calore e CO2 nel loro ciclo produttivo secondo un modello di circular economy nell’ottica di utilizzare in maniera sempre più efficiente le risorse geotermiche disponibili.

In questo modo si garantirebbe da una parte la realizzazione di nuove centrali geotermoelettriche e dall’altra lo sviluppo di nuove filiere nelle aree geotermiche che rendano più sostenibile lo sfruttamento di questa risorsa rinnovabile e al contempo garantiscano dei ritorni anche dal punto di vista socioeconomico ed occupazionale verso la popolazione locale.

Siamo comunque disponibili a fornire tutte le informazioni utili alle istituzioni per stabilire il corretto modello di incentivazione in funzione dei costi complessivi (di investimento e correnti) per rendere economicamente sostenibile questa tecnologia, nel rispetto delle regole di mercato».

Uno dei principali ostacoli alla diffusione della geotermia nel mercato energetico sta oggi nella percezione negativa maturata verso questa fonte rinnovabile da parte di alcuni media, di alcuni decisori politici e di una parte della popolazione locale. Quale ruolo può giocare una maggiore comunicazione ambientale sui reali vantaggi e svantaggi legati all’impiego delle tecnologie geotermiche?

«Per poter superare l’attuale dibattito sulla geotermia è necessario avere una condivisa valutazione scientifica ed autorevole sui reali vantaggi e svantaggi sull’uso della geotermia e sulle tecnologie da utilizzare, in funzione del sito geotermico.

La costituzione di un comitato scientifico “super partes” che possa dialogare con le istituzioni, i territori e gli operatori industriali, potrebbe sicuramente aiutare a migliorare la percezione verso questa risorsa naturale.

Le metodologie sviluppate all’interno del progetto GEOENVI permetteranno sicuramente di avere strumenti a disposizione per garantire un’analisi più efficace sugli impatti delle centrali geotermiche e di informare in maniera più semplice ed univoca i cittadini sui suddetti impatti».