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Fotovoltaico, rischio Far east

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Fonti rinnovabili. Le compagnie asiatiche monopolizzano il settore del silicio – Fermo il mercato interno
Le Pmi venete: «La normativa del Conto energia è penalizzante»

Fonte: Il Sole24ore

Autore: Katy Mandurino

C’è chi ha visto il proprio fatturato lievitare da alcune migliaia di euro a centinaia di milioni; chi ha convertito le proprie produzioni meccaniche investendo tutto sul business del futuro. Ma anche chi ha visto tutto questo svanire in soli tre anni.
Quello del fotovoltaico è, sì, un mercato in espansione, ma in Italia sta mostrando delle crepe preoccupanti. Non si può dire che sia una bolla in procinto di scoppiare, ma, nonostante nel 2011 siano quasi raddoppiate le installazioni di pannelli solari, le aziende del settore, ovvero chi produce pannelli, componenti, valvole, pali d’acciaio, assieme a numerose imprese artigiane di installatori, trasportisti, idraulici specializzati, denuncia una situazione allarmante: il mercato non produce più commesse sufficienti a coprire gli investimenti fatti negli ultimi tre anni, alcune linee di produzione sono ferme e numerosi lavoratori sono in cassa integrazione. Da Bolzano a Latina. I motivi sono sostanzialmente tre: la normativa relativa al Conto energia e alle modalità di erogazione degli incentivi non è chiara e cambia troppo rapidamente, non costituendo sufficiente garanzia per le banche, che, di conseguenza, non se la sentono di garantire credito alle imprese del settore; la materia prima – i wafer in silicio utilizzati nei pannelli solari – è totalmente nelle mani di grandi company, soprattutto cinesi, che dettano le regole del mercato e possono permettersi di produrre enormi quantità di prodotto a bassissimo costo; il mercato interno ha rallentato, molte aziende hanno attivato la cassa integrazione e alcune multinazionali ritengono non più vantaggioso produrre in Italia.
Il grido d’allarme parte dal Veneto, dove si concentra il 35% della produzione nazionale di pannelli e componenti per il fotovoltaico. In regione sono in Cig dallo scorso novembre 1.250 addetti, ma sono a rischio circa 5mila, la metà dei 10mila totali, mentre è in forse un business da due miliardi di euro. A Padova, provincia che, con 216 aziende, rappresenta il 50% del totale delle imprese regionali del settore – l’altro 50% si divide tra Vicenza e Treviso –, si sono verificati i casi di crisi più eclatanti: alla X-Group di San Pietro Viminario sono stati liquidati 52 interinali, in cassa integrazione si trovano in 80, nel maggio scorso si producevano 150 megawatt e oggi zero, dai 97 milioni di ricavi del 2010 si è passati a un passivo di 18 milioni. L’azienda ha investito in macchinari circa 30 milioni, ma ora, senza commesse, le macchine specializzate rischiano di diventare inservibili. La scorsa settimana per tutti i dipendenti è stata firmata in Provincia a Padova la cassa integrazione a zero ore.
La Solon di Carmignano di Brenta, unità produttiva italiana della multinazionale tedesca (fatturava nel 2010 85 milioni), è destinata alla chiusura: la casa madre ha deciso di concentrare la produzione in patria; sono in Cig 80 operai, mentre i 110 impiegati che restano faranno i commerciali per pannelli fotovoltaici prodotti ad Abu Dabi dall’indiana Microsol, intenzionata ad acquisire l’intera Solon, sede tedesca e filiale italiana, insolvente e quindi commissariata.
Alla Ecoware di Padova la produzione è ferma dallo scorso luglio e gli ammortizzatori coinvolgono 120 persone, mentre alla Helios Technology di Carmignano la cassa è per 180 lavoratori; ma per le due aziende, entrambe del gruppo Kerself, il 2 gennaio è arrivata la notizia della ricapitalizzazione promessa dalle banche, anche se mancano ancora dettagli importanti dal colosso cinese intenzionato a rilevare l’azienda (la Zhong-Jing) e nel frattempo è tutto fermo. E poi ci sono i casi di Ambra Sol, Ecoprogetti, Espe, per citare solo le grosse aziende.
«Il settore è stato duramente colpito dal maggio scorso, con l’approvazione dell’ultimo Conto energia – dice Andrea Bonato della Fim-Cisl –. La normativa è fumosa, cambia troppo velocemente. In questo contesto le banche non si fidano di erogare credito e gli stranieri non investono». «La legge prevede tetti incentivanti ma poi lascia alle Regioni le declinazioni operative – precisa Stefano Pozzi, direttore di Confindustria Padova –. Come associazione spingiamo perché la Regione vari al più presto il piano-stralcio per le fonti rinnovabili. Dovrebbe prevedere agevolazioni finanziarie». «Bisogna fare chiarezza anche sul ruolo di Enel – conclude Bonato –. È dannoso che l’ente sia contemporaneamente certificatore dell’allacciamento alla rete e esso stesso produttore di energia alternativa». Oggi i sindacati veneti saranno a Roma, al ministero del Lavoro, per sottoporre al ministro il caso Solon ma anche quello delle altre aziende venete.