Obiettivo 30 aprile: in mezzo alla bufera sul fotovoltaico, è questa la data che tutti gli addetti ai lavori hanno evidenziato in giallo sul calendario, perché segna il termine entro il quale devono essere definiti i nuovi incentivi. Termine non vincolante, ma decisivo per sbloccare un settore paralizzato dall’incertezza sui bonus destinati agli impianti solari che entreranno in funzione dal 1° giugno. «Sfido qualsiasi investitore a procedere con un progetto autorizzato e finanziato senza avere visibilità sui ritorni», dice Francesca Marchini, segretario generale di Assosolare.
Il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, promette decisioni in tempi rapidi, dopo un confronto con le imprese e le banche. Di fatto, già da questa settimana i tecnici dello Sviluppo (e quelli dell’Ambiente, con cui il Dm va concertato) dovranno mettersi al lavoro, mentre nei giorni scorsi gli esperti delle sigle di categoria hanno iniziato a studiare possibili correttivi (e ricorsi) contro il decreto legislativo varato dal Governo per recepire la direttiva europea 2009/28/CE sulle rinnovabili.
In base al decreto, i premi del terzo conto energia – inizialmente destinati a durare dal 2011 al 2013 – si applicheranno solo agli impianti allacciati alla rete elettrica entro il prossimo 31 maggio. Poi scatteranno i nuovi bonus, che saranno sicuramente più bassi e allineati a quelli europei. Anche se alcuni operatori temono che un ritardo nella stesura del Dm possa lasciare, più o meno a lungo, il settore senza certezze.
Il primo intento del Governo è stato quello di limitare il peso degli incentivi, che vengono pagati dalle bollette elettriche di tutti: in questo, ha contato anche l’allarme lanciato dall’Autorità per l’energia, secondo cui il costo totale per l’incentivazione delle rinnovabili è stato di 3,4 miliardi nel 2010, di cui 800 milioni per il fotovoltaico, destinati a diventare 3 miliardi quest’anno.
Le associazioni di categoria, però, non ci stanno. Marchini di Assosolare ribatte: «Gli 800 milioni del 2010 corrispondono ad appena 60 centesimi al mese, per un utente-tipo che spende 450 euro all’anno di elettricità. Mentre con una potenza installata di 8mila megaWatt il costo salirebbe a 1,60 euro al mese, e con 15mila megaWatt sarebbe di 3 euro, riducibili a 2,50 con il taglio dei bonus già programmato».
Inoltre, bisogna ricordare che, insieme alle rinnovabili vere e proprie, gli utenti pagano in bolletta anche i bonus alle fonti «assimilate», che premiano tra l’altro gli scarti delle raffinerie. Senza dimenticare i vantaggi per le casse pubbliche: in base all’ultimo Solar energy report del Politecnico di Milano, nel 2009 l’erario, a fronte di incentivi per 450 milioni, ha incassato 300 milioni tra Ires, Irap e Ici.
Nella "mossa" del Governo c’è poi la volontà di frenare le installazioni in zona agricola: le nuove regole impongono non più del 10% del terreno occupato dagli impianti, e non più di un megaWatt di potenza per impianto. Probabilmente, infine, hanno inciso anche le inchieste su truffe e infiltrazioni mafiose, le polemiche sulle installazioni in zone ambientali delicate e la volontà di puntare su altre fonti, anche se il ministro Romani assicura che nucleare e rinnovabili procederanno in parallelo.
Polemiche sui costi a parte, resta un dato di fatto: gli incentivi concessi agli impianti entrati in funzione nel 2010 sono tra i più generosi al mondo e hanno innescato una crescita impressionante: se tutti gli impianti "dichiarati" grazie alla norma salva-Alcoa entreranno in funzione, l’Italia supererà entro giugno i 7mila megaWatt di potenza installata. Per rendersi conto del boom, basta confrontare il fenomeno italiano con quello tedesco. Ora, però, il rischio è di finire come la Spagna, dove il mercato si è fermato dopo la bolla del 2008.
Oggi, infatti, gli operatori si trovano davanti a un calendario problematico (si veda la scheda a sinistra). L’orizzonte temporale per l’allacciamento di un piccolo impianto è di 70 giorni lavorativi, che salgono a 150 per una struttura più importante, come un impianto da 1 MW sul tetto di un capannone. Per chi ha progetti autorizzati, finanziati o in corso (o anche appena finiti), rientrare nella scadenza di fine maggio è un giro di roulette: ecco perché alcune sigle parlano di taglio «retroattivo» e «incostituzionale».
Inoltre, i nuovi incentivi avranno un tetto massimo di potenza agevolabile ogni anno. «Ma il cap rischia di essere più dannoso del taglio. Se si introduce un tetto, non deve essere assoluto, altrimenti si blocca qualsiasi programmazione», osserva Valerio Natalizia, a capo del Gifi, il gruppo imprese fotovoltaiche di Confindustria Anie.
Il nodo è anche industriale: i capitali possono muoversi alla ricerca di occasioni migliori, come dimostra la fuga dalla Spagna. Le imprese, invece, pagherebbero un prezzo. Ed è vero che quasi tutti i moduli vengono dall’estero, ma in Italia si producono altre componenti. Secondo le stime delle categorie, la filiera conta mille aziende, 20mila posti diretti e più di 100mila indiretti.
L’esempio
01|LE REGOLE ATTUALI
Un impianto a terra da 600 kW, se entra in funzione entro il 30 aprile, riceve un premio di 31,4 cent per chilowattora di energia prodotta, per 20 anni, con un tempo di recupero dell’investimento da 12 a 16 anni (a seconda della zona, del prestito e dei materiali). Se entra in funzione tra il 1° e il 31 maggio, invece, il premio scende a 30,3 cent.
02|LE TARIFFE 2010
Se lo stesso impianto fosse entrato in funzione entro il 31 dicembre 2010 avrebbe ricevuto per 20 anni 34,6 cent (il 14% in più).
03|I NUOVI BONUS
Dal 1° giugno varranno i nuovi incentivi, ancora da definire. Per lo stesso impianto, il terzo conto energia (ora abrogato) assegnava 25 cent alle strutture entrate in funzione nel 2012 e 23,5 nel 2013.