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Fotovoltaico a rischio “Far east”?

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Silvestrini (Kyoto Club): «Situazione difficile, ma l’Italia può puntare su innovazione e creatività»

Fonte: greenreport.it

Autore: Alessandro Farulli

«La situazione è questa, ma l’analisi è sballata». Lo sostiene Gianni Silvestrini commentando con greenreport.it le notizie apparso oggi sul Sole24Ore circa il rischio "far east" del fotovoltaico.  Per il quotidiano di Confindustria «il mercato non produce più commesse sufficienti a coprire gli investimenti fatti negli ultimi tre anni, alcune linee di produzione sono ferme e numerosi lavoratori sono in cassa integrazione. Da Bolzano a Latina».
E i motivi sarebbero tre: «la normativa relativa al Conto energia e alle modalità di erogazione degli incentivi non è chiara e cambia troppo rapidamente, non costituendo sufficiente garanzia per le banche, che, di conseguenza, non se la sentono di garantire credito alle imprese del settore; la materia prima – i wafer in silicio utilizzati nei pannelli solari – è totalmente nelle mani di grandi company, soprattutto cinesi, che dettano le regole del mercato e possono permettersi di produrre enormi quantità di prodotto a bassissimo costo; il mercato interno ha rallentato, molte aziende hanno attivato la cassa integrazione e alcune multinazionali ritengono non più vantaggioso produrre in Italia».
«Sul conto energia – spiega il direttore del Kyoto Club –  è nota la cattiva gestione del precedente esecutivo che non ha governato la riduzione degli incentivi in modo graduale come avvenuto in Germania, però non si può dire che sia la causa della situazione oggettivamente difficile in cui versa il fotovoltaico, altrimenti non si spiegherebbe il record di megawatt installati; c’è, è vero, il problema bancario, sono molti gli impianti bloccati perché le banche non danno soldi. E’ un problema generale, non solo per il fotovoltaico. Ma in realtà il problema serio è la concorrenza cinese».
Ma non è la questione silicio sollevata anche nell’articolo del Sole. «La materia prima, il silicio appunto, – spiega sempre Silvestrini – è internazionale non si trova solo in Cina e in questa fase ha costi bassi, se qualcuno paga il fatto di avere contratti a lunga scadenza a prezzi alti può sempre ricontrattarli. Complessivamente il problema è che la competizione è molto ardua sulle celle e i moduli. Una situazione che pesa anche in Germania e negli Stati Uniti. Il problema è la drammatica riduzione di prezzi nel mondo di celle e moduli guidati questi sì dalla Cina. Un problema con due facce: da un lato la conseguente riduzione degli incentivi tanto che ormai è in competizione – come costo al kilowatt – con le altre rinnovabili come l’eolico offshore che sta addirittura spiazzando il solare termodinamico, tanto che in Usa cambianti diversi progetti previsti con questa tecnologia sono stati convertiti con quella del fotovoltaico».
E l’altra? «Dimostra che serve innovazione e creatività. Servono soluzioni totalmente innovative, soluzioni che magari già ci sono ma nei cassetti delle aziende europee che potrebbero tirarle fuori nei prossimi 3-4 anni. Oppure soluzioni totalmente nuove sul piano del design, dove gli italiani potrebbero avere un ruolo molto importante.
Abbattuti i costi il fotovoltaico è una commodity per la quale cominciando a diventare importanti le soluzioni apprezzabili dal punto di vista estetico per le nuove e le vecchia costruzioni, pannelli non più parallelepipedi ma belli ed eleganti con altre forme, sono soluzioni interessanti anche da esportazione. Serve fantasia perché su moduli e celle è effettivamente dura la concorrenza con la Cina. Se estendiamo poi l’analisi più in generale alle altre rinnovabili, vediamo che anche nell’eolico orami si è accumulato un ritardo storico, ma si può giocare ruolo importante nella componentistica e nel settore della manutenzione: sono stati installati 12 mila megawatt per un totale di 330mila impianti».
Questa dunque la strada che deve prendere l’Europa per reggere la concorrenza ma per intraprenderla nel modo giusto «serve una riflessione seria – conclude Silvestrini – su quale nicchia o filone si può ricavare spazio per competere e come ridurre i costi, ad esempio con l’automatizzazione spinta, ma serve un salto di qualità».