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Festa dell’eolico?

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Il 15 giugno in tutta Europa si è festeggiato il ‘Wind day’, la Giornata del vento promossa dall’EWEA (European Wind Energy Association-Associazione Europea dell’Energia Eolica) e dal GWEC (Global Wind Energy Council-Consiglio Global dell’Energia Eolica). In Italia l’ANEV (Associazione Nazionale Energia del Vento) ha organizzato attività ed eventi per celebrare la ricorrenza, ma c’è ben poco da festeggiare.

Fonte: Rinnovabili&Territorio

Autore: Redazione

Il tema caratterizzante il Wind Day di quest’anno è stato “l’energia eolica e le sue potenzialità per combattere la crisi climatica e contribuire a raggiungere gli obiettivi europei di produzione di energia da fonti rinnovabili decisi per il 2020”.
Ma se in Europa la potenza installata per produrre energia dal vento è  raddoppiata, passando da 50mila MW installati nel 2007 a oltre 100mila MW nel 2012, altrettanto non può dirsi per quanto riguarda il nostro paese, che, dopo un periodo fervido di sviluppo sconta adesso uno stallo, dovuto in parte ad un quadro normativo non sempre omogeneo, in parte ad una diffusa opposizione alle nuove installazioni.
Dai dati presentati recentemente dal Nimby Forum gli impianti eolici assieme a quelli a biomasse e idroelettrici rappresentano, infatti, le opere più oggetto di controversia nei territori.
L’Italia, nello sviluppo di questa forma di energia, è comunque al quarto posto nella classifica europea, preceduta da Germania (31.308 MW installati), Spagna (22.796 MW) e Regno Unito (8.445 MW) ed è seguito dalla Francia, con 7.564 MW installati.
Gli 8.383 MW installati nel nostro paese, nel 2012 hanno consentito di soddisfare i fabbisogni di oltre 5,2 milioni di famiglie, con 13,2 TWh prodotti.
Dall’inizio del 2013 con il vento sono stati prodotti 7,8 TWh di energia elettrica, con un incremento del 31,1% rispetto allo stesso periodo del 2012. A maggio di quest’anno, in base ai dati di TERNA, l’eolico ha garantito il 5,9% della produzione elettrica italiana, facendo registrare un incremento di oltre il 44% rispetto allo stesso mese del 2012. Sia nel 2012 che nel 2013 il picco di produzione nazionale rispetto ai fabbisogni ha superato il 20%; secondo una stima di Legambiente, in uno scenario ”realmente sostenibile”, l’eolico potrebbe arrivare a garantire il 10% dei fabbisogni elettrici italiani complessivi.
La mappa dell’energia eolica in Italia vede in testa la Puglia con 2.095,6 MW, in seconda posizione la Sicilia con 1.746,6 MW, al terzo posto la Campania con 1.224,9 MW.
A seguire troviamo la Calabria (1.026,9 MW), la Sardegna (1.025,6 MW); la Basilicata (391,2 MW); il Molise (370,3 MW); l’Abruzzo (239,4 MW); la Toscana (111,5 MW ); il Lazio (51,1MW); la Liguria (47,3 MW); l’Emilia-Romagna (21,2 MW); il Piemonte (12,8 MW); il Veneto (9,6 MW); il Trentino Alto Adige (2,7 MW); l’Umbria (1,5 MW); la Lombardia (1,4 MW); le Marche (0,5 MW).
Tutte installazioni realizzate prima del 2012. Qual è dunque il problema dello stallo attuale dell’eolico nel nostro Paese?
Per il presidente di ANEV, Simone Togni, «il punto fondamentale da cui il settore dell’energia deve ripartire è l’ottimizzazione e la razionalizzazione degli incentivi, privilegiando le fonti più virtuose».
Per Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente «i fattori principali sono essenzialmente rintracciabili nella burocrazia e in un incredibile caos normativo», oltre che nella mancanza di «linee guida sugli impianti in mare e nella pressione delle lobby delle fonti fossili».
Gli 11 progetti presentati per l’eolico off-shore lungo le coste italiane sono bloccati da un incredibile caos normativo- spiega Legambiente in una nota.
Un’incertezza –continua la nota dell’associazione ambientalista- che sta generando conflitti tra Governo e Regioni, proteste dei Comuni, allarmi per rischi che potrebbero essere scongiurati semplicemente fissando regole simili a quelle già adottate da altri Paesi, ossia escludendo le aree incompatibili e fissando criteri per la selezione delle proposte. In mare non valgono, infatti, le linee guida introdotte nel 2010 per gli impianti a terra. Ma anche per i parchi eolici e gli impianti di piccola taglia a terra la situazione delle autorizzazioni è di grande incertezza.
Gli ultimi provvedimenti normativi varati dal Governo Monti hanno introdotto limiti annui alle installazioni e barriere burocratiche, quali le aste, che potrebbero mettere a rischio lo sviluppo del settore, che potenzialmente sarebbe, invece, capace di portare notevoli benefici sia di carattere ambientale, sia economico che occupazionale.
In base a dati ANEV, i benefici ambientali ed energetici dell’eolico stimabili per i prossimi anni, fino al 2020, sono paragonabili al risparmio di  quasi 30 milioni di barili di petrolio e le emissioni di CO2 evitate in atmosfera potrebbero sfiorare i 15 milioni   di tonnellate.
Sul fronte dell’occupazione il settore eolico crea una occupazione pari a circa 40.000 addetti, con una crescita media di 5.000 posti l’anno. Ma il numero degli occupati nel settore potrebbe arrivare a 66.000 con il raggiungimento di 16.200 MW di potenza installata al 2020, che porterebbe a coprire il fabbisogno elettrico di 12 milioni di famiglie.
«Lo sviluppo dell’eolico nel territorio italiano è la migliore garanzia per un futuro energetico realmente sicuro e pulito –secondo il vice presidente di Legambiente Edoardo Zanchini- Per continuare nella crescita delle installazioni si deve intervenire con politiche attente ai territori, come la sostituzione e il repowering degli impianti esistenti, la realizzazione di nuovi progetti di piccola e grande taglia integrati nel paesaggio e poi attraverso impianti off-shore, che nel nostro Paese sono ancora fermi per colpa di procedure che non danno alcuna certezza agli investimenti».