È A2A la società elettrica più verde battendo sul filo di lana Enel. La maglia nera spetta, invece, a Eni e Acea. Il 39% della energia prodotto dall’utility milanese viene, infatti, da fonti alternative. Enel si ferma al 38%. Tutte e due le società battono nettamente la media italiana: le rinnovabili hanno coperto nel 2010 il 22,8% della domanda e nel 2011, in base ai dati preliminari del Gestore servizi energetici, il 24,8%. «Per giudicare quant’è verde un produttore, l’unico parametro serio è analizzare con quali fonti alimenta le sue centrali, che siano gas, petrolio, commenta Davide Tabarelli, di NomismaEnergia, che ha costruito la graduatoria sui dati dell’Autorità per l’Energia. Distorsioni Non sempre, però, il merito di produrre energia pulita risulta evidente. A partire dalla prossima bolletta, grazie a una delibera deU’Authority, il consumatore che compera energia verde dovrà ricevere l’indicazione del mix di fonti utilizzato per la sua fornitura, oltre all’informazione sul mix tecnologico complessivo dell’energia venduta, già obbligatoria per tutti i clienti. Il nuovo provvedimento fa parte di un insieme di regole a favore della trasparenza, promulgate dall’Autority. Ma il dato inserito in bolletta è facilmente manipolabile, perché non rispecchia la produzione effettiva delle singole aziende, che possono gonfiarlo comprando quote di energia verde sul mercato. «La certificazione dell’ energia immessa in rete come rinnovabile è un dato teorico, perché gli elettroni sono tutti uguali», spiega Gerardo Montanino, direttore operativo del Gestore servizi energetici. Non rispecchia la produzione effettiva delle singole aziende, ma solo il modo in cui si approvvigionano. Secondo il Gse «la composizione del mbc medio nazionale utilizzato per la produzione dell’energia elettrica immessa nel sistema nel 2010» comprende un 35,2% di fonti rinnovabili. Da cosa dipende la discrepanza fra le due quote (35,2% e 22,8%}’ Soprattutto dalle importazioni dall’estero. Importazioni che, pur provenendo da Paesi dove la fonte dominante è il nucleare (75% in Francia, 40% in Svizzera), sono misteriosamente certificate dai rispettivi operatori all’80% da fonti rinnovabili. Il che aggiunge di colpo alla produzione nazionale di energia verde, arrivata nel 2010 a 76 terawattora, altri 35 terawattora importati: quasi il 50% in più. «La qualifica di quell’energia come rinnovabile è discutibile e rappresenta una grave distorsione del mercato», commenta Tabarelli. Shopping In più, le aziende elettriche possono arricchire le loro credenziali verdi acquistando quote di produzione dagli operatori dell’eolico o del fotovoltaico. Così il mix di energia venduta sul mercato libero dall’Enel, ad esempio, si fregia di un 72,5% proveniente da fonti rinnovabili, quando la produzione verde effettiva del gruppo in Italia si aggira sul 38%. Percentuale comunque molto alta, ma lontana da quel 72% certificato in bolletta. «Le quote che acquistiamo dagli altri produttori non sono altro che una testimonianza in più della nostra politica di attenzione alle fonti verdi», spiega Gìanfìlippo Mancini, capo dell’energy management del gruppo. Non è solo greenwashing? «No, così contribuiamo alla crescita delle fonti pulite nel sistema» fa notare Mancini. «Nella graduatoria delle società più virtuose, non prendiamo in considerazione gli scambi di tipo commerciale certificati dal Gse — precisa Tabarelli —. Resta da chieder* si che senso ha imporre l’obbligo di pubblicare in bolletta il mix energetico del fornitore, se poi le informazioni rischiano di essere fuorvianti per il consumatore medio». « Sarebbe quasi meglio non dire nulla», commenta Alessandro Marangoni di Althesys (suo l’indice di Borsa delle rinnovabili» L’intento dell’Authority non era certamente quello di confondere le idee ai clienti, ma semmai di chiarirle.